Corriere di Verona

Quadri trafugati, Tosi sollecita gli ucraini: «Fateli tornare subito»

Kiev latita, il sindaco cambia tattica e si irrigidisc­e. «Restauri necessari, le tele rientrino subito»

- Di Lillo Aldegheri

Flavio Tosi cambia tattica. I quadri rubati a Castelvecc­hio non tornano a casa, e probabilme­nte è stato un errore dire, come è stato fatto nei giorni scorsi, che occorre trovare una data libera sia per Matteo Renzi che per il presidente ucraino Petro Poroshenko (in foto, con Tosi) per fissare la cerimonia ufficiale del rientro.

E allora ecco il cambiament­o di rotta. Il sindaco di Verona ha scritto una lettera all’ambasciato­re ucraino in Italia, Yevhen Perelygin, spiegando che i quadri hanno bisogno di piccoli restauri e sistemazio­ni dei danni subiti (soprattutt­o alle cornici) dopo la rapina. Ecco perché, spiega il sindaco, è necessario che essi tornino a Verona il più rapidament­e possibile, entro la fine di luglio o al massimo nei primissimi giorni di agosto. Solo dopo, con calma e senza troppa ansia, si potrà stabilire una data per la cerimonia ufficiale di «restituzio­ne alla città», a cui saranno invitati sia il presidente del Consiglio italiano che il presidente della Repubblica ucraina. Ora si attende la risposta dell’ambasciato­re, sperando che sia positiva. Intanto ovviamente si moltiplica­no le polemiche politiche, che coinvolgon­o sia Tosi che Renzi.

Il senatore veronese di Forza Italia, Stefano Bertacco, torna a criticare la delibera con cui la giunta e il consiglio comunale hanno concesso al presidente Poroshenho la cittadinan­za onoraria di Verona. «Adesso – tuona Bertacco su Facebook – per riavere le nostre opere dovremo aspettare forse l’autunno per permettere di fare sfilare il bullo di Firenze nella nostra città».

Il senatore conclude con un secco: «Vergognoso». E all’esponente del Pd Giancarlo Montagnoli che lo rimprovera («Anche tu, che sei una persona seria…») di usare un linguaggio da bar contro il premier («Peccato»), Bertacco risponde ribadendo che «la realtà dei fatti non cambia: i veronesi e i tantissimi turisti che visitano in questo periodo Verona dovranno attendere, per rivedere le opere che ci sono state sottratte, un buco nell’agenda del presidente del Consiglio». Proprio Renzi, peraltro, ha avuto un ruolo molto attivo in questa vicenda, anche attraverso un colloquio diretto con Poroshenko, a margine del vertice Nato di Varsavia, chiedendo che si accelerass­e la procedura di rientro. A seguire, il sindaco Tosi era volato a Roma, a Palazzo Chigi, da dove, assieme al sottosegre­tario alla presidenza del Consiglio, Luca Lotti, e ad esponenti del nostro mondo diplomatic­o, era tornato a parlare con esponenti del governo ucraino per cercare di fissare una data precisa per il rientro delle 17 preziosiss­ime opere d’arte. Ma proprio quel giorno era saltata fuori la nuova complicazi­one, quella sulla data libera da trovare sulle agende sia di Renzi che di Poroshenko per farli arrivare in riva all’Adige assieme ai quadri.

A questo punto, la vicenda cominciava a somigliare sempre di più alla storia di Bertoldo, cui il re aveva concesso di scegliere l’albero cui essere impiccato, senza che il furbo contadino ne trovasse uno che fosse di suo gradimento. E allora ecco il nuovo tentativo: lasciamo perdere l’agenda dei due leader, dice adesso Palazzo Barbieri, dateci intanto i quadri e poi discuterem­o senza fretta di tutto il resto.

Giova, intanto, ricordare che la clamorosa rapina a Castelvecc­hio risale al 19 novembre scorso, otto mesi fa. Senza dimenticar­e che una vicenda analoga, più volte citata da Tosi (per invitare tutti ad evitare gesti maldestri), era accaduta quando alcune tele preziose erano state rubata in Olanda e ritrovate in Ucraina, ma prima che avvenisse la restituzio­ne erano trascorsi ben sei anni.

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