Conti sequestrati alla moglie di Consoli
Dopo la villa e le opere d’arte, ieri il nuovo provvedimento. La tesi: Consoli ha dirottato denaro sui conti della donna
Ieri la guardia di finanza ha notificato alla moglie di Vincenzo Consoli un ordine di sequestro preventivo dei suoi conti corrente. La tesi è che quel denaro sia del marito e quindi va confiscato così come la villa di Vicenza in cui vive la coppia.
La notifica è arrivata ieri mattina: la procura di Roma ha ordinato di sequestrare anche i beni intestati a Rita, la moglie di Vincenzo Consoli. E, per ora, si comincia dal denaro. Nella lista, sono quindi finiti i conti corrente della donna che da molti anni è al fianco dell’ex numero uno di Veneto Banca.
I pubblici ministeri titolari dell’inchiesta per aggiotaggio e ostacolo all’attività delle Autorità di controllo, hanno individuato nell’ex amministratore delegato dell’istituto di Montebelluna il dominus degli illeciti. Per questo martedì, il giorno dell’arresto, hanno disposto il sequestro preventivo dei beni di Consoli fino a un ammontare massimo di 45 milioni e 425mila euro. La guardia di finanza di Roma e Venezia gli ha confiscato a Vicenza la splendida villa da due milioni di euro in cui vive con la famiglia, oltre a quadri e sculture d’autore, icone russe, arazzi, tappeti, mobili antichi e vasi giapponesi. Oggetti il cui valore supera abbondantemente il milione di euro. Congelato anche il conto corrente che Consoli ha aperto a suo nome in Veneto Banca.
Ma tutto questo, com’era prevedibile, non è bastato a raggiungere i 45 milioni di euro. E così ieri è scattato il sequestro preventivo ai danni della moglie. La tesi degli inquirenti è chiara: quei beni sarebbero comunque riconducibili al denaro incassato in questi anni da suo marito. Consoli avrebbe dirottato i propri soldi sui conti della consorte. E quindi ora anche lei deve «contribuire» alla confisca disposta dai magistrati.
Ma perché i pm hanno disposto questo maxi-sequestro? Chi pensa che il denaro serva a indennizzare i risparmiatori, si sbaglia. In realtà, si tratta di una misura che viene adottata quando si ritiene ci sia il rischio che la disponibilità di un bene possa protrarre le conseguenze di un reato, o addirittura consentire di commetterne di nuovi. Serve a questo: a impedire a Consoli di continuare a gestire il proprio potere.
Nell’ordine di confisca consegnato martedì, i pm spiegano che la misura non incide «solo il profitto del reato, ma si estende anche ai beni usati per commetterlo (...) Si vuole colpire anche il disvalore connesso alla condotta di coloro che utilizzino beni e risorse di cui abbiano disponibilità per commettere gravi reati».
Anche perché dalle sue condotte illecite Consoli non avrebbe avuto un guadagno immediato ma indiretto. «Nel momento in cui occultava l’effettiva consistenza del patrimonio dell’istituto di credito prosegue il provvedimento di sequestro - conseguiva non solo l’obiettivo di una ulteriore prosecuzione dell’attività di Veneto Banca, ma addirittura la impegnava in operazioni straordinarie che si riveleranno devastanti e che corrispondevano a una logica espansionistica per l’istituto, ma indubbiamente funzionale alla prospettiva di accrescere il già notevole potere d’influenza della persona».
Il ragionamento dei magistrati romani è chiaro: Consoli utilizzava le risorse di Veneto Banca per compiere dei reati e il suo personale guadagno stava tutto nel poter mantenere o addirittura aumentare - il ruolo e il proprio potere. Per questo gli vanno congelati i beni.
Compresi i soldi finiti nei conti di sua moglie.