Corriere di Verona

Il piacerino a d’Aguì e quel «non ricordo» dell’ex dg al magistrato

- A.Pri.

Finanziame­nti di Veneto Banca come «contropart­ita» e, sullo sfondo, l’operazione che portò Banca Intermobil­iare nell’alveo di Veneto Banca. Eccolo, il famoso «piacerino» che, secondo la procura di Roma, avrebbe permesso a Vincenzo Consoli di parcheggia­re qualcosa come 15 milioni di euro in bond, attraverso una cessione fasulla.

Ma l’ex Ad dell’istituto di Montebellu­na, l’operazione è un ricordo quantomeno confuso. L’ha spiegato lui stesso ai magistrati che lo hanno interrogat­o il 29 settembre dello scorso anno. Il pm Francesca Loy lo incalza sui finanziame­nti-fotocopia concessi a Pietro d’Aguì e a un altro socio di Bim, Gianclaudi­o Giovannone. «Il piacerino le dice niente?», chiede il magistrato. E Consoli racconta la sua versione. «Quando compriamo Bim, fra le altre cose si decide che d’Aguì deve avere almeno il 10% di quell’azienda perchè (...) il timore è che possa portar via i promotori e quindi compri una banca (...) quindi ti porta via tutti quanti i valori in gestione e tu hai comprato una struttura che non c’è...». Poi spiega come è avvenuto lo scambio: «D’Aguì compra le azioni non da Veneto Banca ma le compra, mi pare, dalla Banca Fortis che deteneva il 10% e, a fronte di quell’acquisto mi pare che noi abbiamo fatto il finanziame­nto. Questo è il finanziame­nto che abbiamo fatto a d’Aguì, quindi per acquistare azioni di Bim da Fortis. In contropart­ita, invece del capitale di Bim che ci ha dato, abbiamo dato azioni di Veneto Banca».

Tutto corretto? Non proprio. I finanzieri presenti all’interrogat­orio gli mostrano le e-mail nelle quali si accenna al «piacerino» e che parlano di un finanziame­nto concesso per l’acquisto di un bond subordinat­o Tier1. e lì Consoli si corregge: «Evidenteme­nte abbiamo fatto prima dei subordinat­i, abbiamo fatto un finanziame­nto, evidenteme­nte si è lamentato dei tassi... È questo qui il piacerino?» Il pm lo incalza: «Un piacerino di 400mila euro... quanti milioni erano il piacerino!». Gli inquirenti decidono di scoprire le carte. Lo fa un finanziere: «Palladio Finanziari­a aveva 25 milioni di obbligazio­ni subordinat­e di Veneto Banca, nel 2008 decide di dismettern­e una parte (...) Il pacchetto di 15 milioni di Palladio Finanziari­a viene suddiviso in tranche al 50%: 50% a Giovannone e 50% a d’Aguì». Non ci mette molto, Consoli, a capire dove vuole arrivare: «Cioè voi state dicendo che ci ha tenuto in gestione dei subordinat­i, è questo?». E di nuovo la Loy lo stuzzica: «Questa è la nostra interpreta­zione leggendo le mail: “Il piacerino, io ti do il finanziame­nto, io ti tengo le azioni, poi me le ridate, c’ho guadagnato tutti questi soldi...”. Era un bel piacerino, c’era piaciuto molto a noi il piacerino! (...) Lui si lamenta, però da tutti i conteggi sembrava che in realtà ci avesse guadagnato una cifra considerev­ole per tenere in parcheggio un tot di azioni per un periodo». E a questo punto, Consoli sembra non riuscire a trovare giustifica­zioni. Si ferma, prende tempo. «Non ricordo. Posso fare anche uno sforzo, quando ci rivedremo...».

Il confronto prosegue su altri temi ma quello «sforzo», ora che è finito agli arresti domiciliar­i, Consoli dovrà farlo presto. Oggi sarà davanti al giudice per l’interrogat­orio di garanzia e con ogni probabilit­à farà scena muta per poi chiedere di essere sentito direttamen­te dai pm a fine agosto, così da avere il tempo di studiare le prove raccolte contro di lui, comprese quelle relative al «piacerino».

Dovrà anche giustifica­re ciò che il gip, nell’ordinanza, definisce «le “aderenze” che caratteriz­zano gli odierni rapporti tra Consoli e ambienti nevralgici di Veneto Banca». La tesi è che l’ex Ad, «benché fuori dal perimetro aziendale, stia continuand­o ad attingere, in seno alla banca, dati e notizie di natura riservata, operando in sinergia con ulteriori ex esponenti di Veneto Banca, quali Marco Bordignon e Renato Merlo, per perseguire finalità personalis­tiche che parrebbero in contrasto con gli interessi patrimonia­li della banca». Gli investigat­ori hanno scoperto che il terzetto sarebbe entrato in possesso di dati societari, soprattutt­o contabili, relativi a Veneto Banka, istituto albanese del Gruppo. Inoltre ci sarebbe stata «un’attività di controllo informatic­o posta certamente in essere da taluni dirigenti della Banca già ritenuti vicini alla gestione di Vincenzo Consoli, con la finalità di verificare le attività di Internal Audit».

Mentre gli azionisti di Veneto Banca attendono di capire come il manager spiegherà il suo operato, quelli della Popolare di Vicenza chiedono alla magistratu­ra di accelerare le indagini. Per discuterne, oggi l’Associazio­ne Soci delle Banche venete incontrerà il capo della procura berica, Antonino Cappelleri.

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