Corriere di Verona

Vietate o legali? Tutto si gioca sulle «baciate»

Lo scontro al centro dell’inchiesta

- di Federico Nicoletti

Potrebbe rivelarsi come la classica pietra che, una volta tolta, rischia di far crollare tutto il castello. La pietra d’inciampo sulla costruzion­e dell’inchiesta della Procura di Roma su Veneto Banca, per aggiotaggi­o e ostacolo alla vigilanza, che ha condotto agli arresti domiciliar­i lo storico manager di Montebellu­na Vincenzo Consoli, riguarda ancora una volta le «baciate». In termine tecnico, il capitale finanziato, ovvero i prestiti che la banca ha concesso per comprare, in tutto o in parte, le proprie azioni. Fatto in partenza vietato dal codice civile, secondo la linea della Procura di Roma; che invalida i prestiti e il capitale costituito a quel modo, e regge quindi a cascata i dati gonfiati che costituisc­ono la base dell’aggiotaggi­o e dell’ostacolo alla vigilanza. Fatto tutt’altro che pacifico, secondo invece la tesi del collegio della difesa di Consoli (gli avvocati Franco Coppi, Alessandro Moscatelli e Massimo Malvestio) e che potrebbe, se accolta, ridurre a poco la costruzion­e che regge l’inchiesta.

«Le baciate erano legali», aveva sostenuto Consoli nell’interrogat­orio di un anno fa, rispetto alla contestazi­one dei 157 milioni di euro di finanziame­nti correlati all’acquisto azioni fatto da Bankitalia nell’ispezione 2013, che è la base dell’inchiesta.

Parole che mostrano già in controluce la tesi che la difesa porrà alla base della sua linea. Ovvero che fino all’aprile 2014, data di entrata in vigore delle nuove regole poste dalle direttive europee 575 del 2013 e 241 del 2014, che escludono che il capitale finanziato dalla banca possa esser computato a capitale di vigilanza, il divieto posta dall’articolo 2.358 del codice civile fosse tutt’altro che pacifico

per le banche popolari. Ed anzi che dottrina e giurisprud­enza, con sentenze che arrivano fino in Cassazione, fossero orientate nel ritenere possibile considerar­e il finanziame­nto al socio come considerat­o fisiologic­o e legato al rapporto mutualisti­co tipico delle banche popolari.

Insomma, è la linea, se una popolare concede un prestito

ad un cliente solvibile che serve anche ad acquistare azioni non c’è problema. Perché il senso è di fornire un’ulteriore garanzia in favore della banca. Se non lo si considera una prassi legale non si comprende come il vecchio statuto da cooperativ­a di Veneto Banca potesse parlare, all’articolo 19, delle assunzioni in garanzia delle azioni della banca; al pari di quanto succedeva in Bpvi e negli statuti di altri popolari come Bper, Banco Popolare Credito Valtelline­se. Statuti tutti approvati da Banca d’Italia, tenuta a verificare che non contrastas­sero con i principi della sana e prudente gestione. E non a caso, sul fronte delle norme di vigilanza, in passato, rilevano i difensori, non era stato dettato nulla. È per questo che Consoli, nell’interrogat­orio di un anno fa può girare agli investigat­ori che gli stanno di fronte una domanda retorica: perché Banca d’Italia non ha contestato il capitale finanziato nell’ispezione del 2009?

Certo, la tesi generale ha dei limiti. Pm e finanzieri non a caso nell’interrogat­orio insistono sul merito di credito. Su come si spiegano i finanziame­nti ad aziende «decotte», o casi come quelli del «piacerino» sul finanziame­nto per l’acquisto dei bond subordinat­o a D’Aguì e Giovannone, titoli tenuti in parcheggio per Veneto Banca. Perché se il principio della «baciata» buona è un prestito vero con la garanzia accessoria delle azioni acquistate, decade di fronte al finanziame­nto con acquisto azioni di clienti non solvibili. O a quelli in cui si finanzia l’acquisto azioni a persone che quelle azioni non hanno alcuna intenzione di tenersele e fanno solo da prestanome. Caso, questo, che forse risolve l’altra domanda che viene subito: come si concilia la tesi del capitale finanziato lecito nelle popolari con le prime ordinanze dei giudici civili, che, nel caso di Vicenza, hanno dichiarato nulle le «baciate», secondo quanto previsto dall’articolo 2.358 del codice civile?

E poi resta l’altra questione. Se è l’introduzio­ne della normativa europea nel 2014 a cambiare radicalmen­te le cose, cosa ci sarà da aspettarsi rispetto al capitale finanziato scoperto dall’ispezione Bce nel corso dell’aumento di capitale 2014? Si vedrà. Ma per intanto resta da verificare l’assunto principale dei difensori di Consoli. Se la base sostanzial­e dell’inchiesta resta l’ostacolo alla vigilanza e l’aggiotaggi­o costruiti sul capitale finanziato scoperto nel 2013, e la tesi della legalità del capitale finanziato passa, si transitere­bbe dal discutere di una situazione illegale in partenza ad una che va vagliata caso per caso, a partire dalla solvibilit­à. E oltretutto, per i difensori, consideran­do solo i casi in cui il finanziame­nto costituisc­e nuovo capitale, non la compravend­ita di azioni già esistenti. Ma messa così, se il grosso dei finanziame­nti contestati riguarda clienti solvibili, i rilievi a Consoli, sul piano penale, potrebbero ridursi a poca cosa.

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 ??  ?? La villa L’ex Ad di Veneto Banca fotografat­o con la moglie e, sopra, l’abitazione di Vicenzo Consoli
La villa L’ex Ad di Veneto Banca fotografat­o con la moglie e, sopra, l’abitazione di Vicenzo Consoli

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