Corriere di Verona

Non sopporta la moglie, evade e torna in cella

Era agli arresti per vari reati. Va alla Polfer e chiede di tornare in carcere

- An. Pe.

«Vi prego portatemi in carcere, non la sopporto». Si è presentato agli agenti della polfer supplicand­oli. Il pregiudica­to dell’Est stava scontando 18 mesi ai domiciliar­i, a casa con la moglie.«Evaso» per tornare a Montorio.

Ci sono galere e galere. Quelle «patrie», dove ci si va per dei reati commessi. E quelle «domestiche», dove la «condanna» è sancita da dinamiche ben diverse. E a volte, come in questo caso, le seconde rischiano di essere peggiori delle prime. Vuoi mettere una cella a Montorio, magari da condivider­e con altri con tutte le difficoltà del caso, ma in cui il tempo fila via liscio tra attività e passeggiat­e nei corridoi a confronto con bollette da pagare, figli piccoli da gestire e una moglie con cui anche una parola è una litigata.

Ecco. Per qualcuno è meglio la prima. Lo sa bene un pregiudica­to dell’Est che sta scontando una pena di un anno e mezzo per una serie di reati, in particolar­e furti. I suoi 18 mesi l’uomo li deve trascorrer­e a casa. Agli arresti domiciliar­i. Che, evidenteme­nte, più «arresti» di così non potrebbero essere, visto che lui, pur di sottrarvii era disposto a tornare in carcere. È quello che ha chiesto agli agenti della polizia ferroviari­a di Porta Nuova a cui si è presentato l’altro pomeriggio. Ai basiti poliziotti ha raccontato tutta la sua storia. I reati che aveva commesso, la condanna ai domiciliar­i. E quella che stava espiando in casa, con quella vita insopporta­bile con la moglie. Pensa che ti ripensa, gli è venuta l’idea di quell’«evasione». Reato che, tecnicamen­te, avrebbe dovuto ricondurlo in una «pacifica» - per lui - cella di Montorio. Ma si sa, nella vita non va sempre come si vorrebbe. E lo smacco al pregiudica­to con la moglie insopporta­bile lo ha dato il giudice che ha stabilito che tornasse nel suo «penitenzia­rio» personale. A casa. Quella che per altri è una «pena alternativ­a» e una misura meno «afflittiva» e che per lui è la pena peggiore.

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