L’ex Ad in aula: «Troppo scosso per sostenere l’interrogatorio»
«Non sono mentalmente sereno, quanto è accaduto mi ha scosso. Per questo decido di avvalermi della facoltà di non rispondere».
Sono le 13.15 di ieri, quando Vincenzo Consoli si rivolge così al giudice per le indagini preliminari di Vicenza, Roberto Venditti. Com’era prevedibile, l’interrogatorio di garanzia è durato pochi minuti. Il confronto tra l’ex amministratore delegato di Veneto Banca, da martedì agli arresti domiciliari nella sua villa, e i magistrati che lo accusato di aggiotaggio e di ostacolo all’attività dell’Autorità di vigilanza, è rinviato. Consoli, assistito dall’avvocato Alessandro Moscatelli, ha chiesto di essere sentito direttamente dai pm romani non appena avrà avuto il tempo di studiare le prove raccolte contro di lui. L’interrogatorio potrebbe quindi avvenire già a fine mese.
Cravatta azzurra, abito grigio. Il viso teso. È uscito dalla sua villa alle porte del centro storico della città senza aprire bocca. Una breve passeggiata a piedi prima di salire sull’auto dell’avvocato. Cinque minuti dopo era in tribunale. Solo un sorriso stupito quando, al suo arrivo con una buona mezzora d’anticipo - si è trovato di fronte la schiera di fotografi e giornalisti che lo aspettava. È subito entrato nell’aula al piano interrato del tribunale, dove lo aspettava anche Stefano Pesci, uno dei sostituti procuratori romani che indagano su di lui.
Finito l’interrogatorio di garanzia è toccato all’avvocato Moscatelli ribadire che la decisione di non rispondere alle domande del giudice «non è assolutamente un modo per sfuggire, per sottrarsi. Ci siamo presi del tempo per leggere l’ordinanza da cui emergerebbero diverse prove».
Ci sono infatti 160 pagine da studiare con attenzione. E altri documenti dovrebbero presto essere messi a disposizione dagli inquirenti. Lo stesso legale ha poi ricordato come l’ex Ad di Veneto Banca sia stato già sottoposto a interrogatorio il 29 settembre scorso. «È pronto a sostenerne un secondo», ha assicurato.
«Il mio cliente è molto provato, per lui l’arresto è stato un fulmine a ciel sereno, un’ingiustizia», spiegava Moscatelli mentre Consoli dribblava i giornalisti mantenendo il silenzio, anche una volta varcata la soglia del palazzo di giustizia.
«Ritiene che la sua posizione sia esattamente quella che ha cercato di chiarire a settembre, non è cambiato nulla in tal senso ma intende difendersi su tutta la linea alle contestazioni mosse dalla procura romana».
Chi in questi giorni l’ha incontrato, lo descrive come «agguerrito, deciso a dimostrare di aver sempre agito correttamente e per il bene di Veneto Banca».
I pm la vedono in modo diametralmente opposto: per anni Consoli e buona parte degli altri indagati, avrebbero fatto di tutto per nascondere a Bankitalia e Consob il reale stato in cui versava l’istituto di credito. In particolare vengono contestate una serie di operazioni «baciate» grazie alle quali era la stessa banca a finanziare clienti importanti purché questi acquistassero azioni dello stesso istituto di credito. In alcuni casi questo sarebbe avvenuto, in base agli accertamenti degli investigatori, anche attraverso l’«arruolamento» di investitori compiacenti, disponibili a intestarsi temporaneamente ingenti quote di obbligazioni subordinate, sollevando la banca dall’onere di detrarne il controvalore dal patrimonio di vigilanza.