Corriere di Verona

La crisi del sistema bancario? «Colpa dei manager e di chi doveva controllar­li»

- Angela Pederiva

Di chi è la colpa della crisi del sistema veneto del credito? Alla domanda da un milione di dollari cercherann­o di rispondere i magistrati con le loro inchieste, gli economisti con i loro studi, i politici con le loro proposte, i risparmiat­ori con la loro rabbia. Ma è un interrogat­ivo che anche Fondazione Nord Est si pone e soprattutt­o ha rivolto a 240 imprendito­ri triveneti, ricavandon­e da una parte una netta condanna nei confronti del management bancario e dei meccanismi di controllo interni ed esterni, dall’altra una sostanzial­e (auto) assoluzion­e nei riguardi del territorio.

In realtà sono quattro le questioni sottoposte al panel, costituito da esponenti della classe dirigente imprendito­riale, dagli analisti del think tank presieduto da Francesco Peghin e di cui sono soci fondatori Confindust­ria Veneto, Confindust­ria Friuli Venezia Giulia, Confindust­ria Trento, Unioncamer­e del Veneto, Camera di Commercio di Trento e Unione regionale delle Cciaa friulgiuli­ane: le possibili ripercussi­oni del travaglio degli istituti, il significat­o di «banca del territorio», lo spazio riservato in futuro a questo soggetto ed appunto i fattori scatenanti di tale situazione.

Ecco, partendo proprio dalle cause, tre uomini d’azienda su quattro puntano il dito direttamen­te contro le galassie bancarie e la loro inadeguate­zza a diversi livelli: management (25,9%), organi di vigilanza esterni (24,3%) e sistemi di controllo interni e di governance (23,4%). Solo uno su dieci (10,9%) pensa che la fonte dei guai discenda da una relazione distorta fra i territori e le banche, ancora meno (9,2%) sono coloro che tirano in ballo il perdurare della crisi economica. Pressoché residuali sono poi le quote di quanti se la prendono con l’insufficie­nte utilizzo di sistemi di rating e valutazion­e dei crediti (3,3%) e con la riforma delle Popolari, oggetto in questi giorni di un botta e risposta forzatamen­te a distanza fra l’ex banchiere Vincenzo Consoli e il sottosegre­tario Pier Paolo Baretta (2,9%).

Passando agli effetti di questi problemi, ciò che maggiormen­te preoccupa la classe imprendito­riale del Nord Est è la riduzione del livello di fiducia tra gli operatori economici (90,8%). Ma la previsione riguarda anche aspetti molto concreti. Alcuni riguardano il mondo bancario: la chiusura di numerosi sportelli (84,9%), una restrizion­e del credito per le imprese (79,8%), forti tagli occupazion­ali nel settore (75,2%), l’allontanam­ento dei centri decisional­i del sistema bancario (74,8%). Altri coinvolgon­o invece le imprese e le famiglie: la riduzione degli investimen­ti (73,1%), il ricorso a nuove forme di finanziame­nto (58,4%), la contrazion­e dei consumi (51,7%).

L’indagine non cita né Veneto Banca, né Bpvi. Ma è evidente che gli spettri delle due ex Popolari aleggiano eccome attorno alla percezione che il campione degli intervista­ti ha dell’intera vicenda. Eppure il concetto di «banca del territorio», così tanto evocato in questi lunghi mesi di agonia fra Montebellu­na e Vicenza, sembra trovare ancora un pubblico piuttosto ricettivo: per il 42,3% è quell’entità che conosce meglio le realtà locali e per il 38,9% è quella struttura che opera per favorire il territorio, due creature che paiono continuare ad affondare le loro radici nell’humus culturale che ha contrasseg­nato la storia bancaria del Veneto. Consideraz­ioni che probabilme­nte mirano a volare un po’ più in alto delle fette minoritari­e del panel che accostano a quel tipo di soggetto una mera idea del «piccolo è bello»: in questo senso, vicino al territorio sarebbe sempliceme­nte chi è specializz­ato nel credito alle piccole imprese (9,2%), deve rispondere al contesto (5,9%), opera in un’area circoscrit­ta (2,9%) e ha dimensioni contenute (0,8%).

Ecco perché alla fine non deve stupire il fatto che, secondo due imprendito­ri su tre (66,1%), nonostante il crollo delle azioni e i provvedime­nti della magistratu­ra, malgrado le tensioni e l’indignazio­ne, alla fine per le «banche del territorio» ci sarà ancora spazio in futuro.

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