Follia e dimenticati, viaggio a Leros
«La prima verità» di Simona Vinci racconta la storia del manicomio-lager in Grecia
Il romanzo di Simona Vinci «La prima verità» (Einaudi) è uno dei cinque finalisti del Premio Campiello 2016. Gli altri sono Elisabetta Rasy con «Le regole del fuoco» (Rizzoli), Alessandro Bertante con «Gli ultimi ragazzi del secolo» (Giunti), Andrea Tarabbia con «Il giardino delle mosche» (Ponte alle Grazie) e Luca Doninelli con «Le cose semplici» (Bompiani). Il vincitore sarà proclamato il 10 settembre nella serata al Teatro La Fenice.
Un romanzo da cui è impossibile staccarsi. La prima verità di Simona Vinci, fa sparire la stanza, trascina nell’abisso degli ultimi, i dimenticati, i reclusi, i matti. Un viaggio che sgomenta, tra cronaca e fantasia, tagliente, ma anche lirico, com’è nello stile della scrittrice. Tra i cinque finalisti del Campiello, il premio letterario di Confindustria Veneto, La prima verità (Einaudi, 397 pagine, 20 euro) affronta il tema della follia attraverso l’incubo del manicomio-lager di Leros in Grecia. Una struttura dell’orrore dove tra il 1958 e il 1981 quattromila persone furono murate vive nei 16 padiglioni (da lì se ne usciva solo morti). Tra loro anche dissidenti politici e poeti invisi al regime dei Colonnelli, ragazzini considerati «difficili» o «scomodi» nelle famiglie d’origine. Dopo decenni di abusi e violazioni dei più elementari diritti umani, il lager fu chiuso per direttiva della Ue negli anni ‘90.
Simona Vinci insegue la follia, il suo significato, ma anche le storie di donne, uomini e bambini che si trovarono appiccicato quel marchio e finirono reclusi a Leros. Da Budrio, «il paese dei matti» dove vive la scrittrice, dalla sua storia personale con quel germe di follia che ha condizionato la vita della madre, fino agli orrori di Leros, Simona Vinci crea un’opera di denuncia, tra incubi e risvegli, pagine fitte, emozionanti, in parte sembra di essere trasportati in un’allucinazione. L’escamotage letterario è la testimonianza di Angela, giovane ricercatrice che sbarca a Leros come volontaria con il sogno di trasformare quel manicomio-lager. Ma Angela finirà risucchiata da segreti e personaggi che segneranno per sempre la sua vita. L’incontro con Lina, un’altra volontaria che con Leros ha un legame speciale, l’amore e la passione che nascerà tra loro e durerà il tempo di un’estate, poi Stefanos, Teresa, Basil, Lina, e il bambino con il sasso in bocca diventeranno ossessioni e ricordi da cui Angela non si libererà più. Oltre a loro, a Budrio incontriamo la donna-Pecora, il Maniaco, Rosso Malpelo. E poi c’è il Kissy Mental Home, ospedale psichiatrico in Sierra Leone, paese di 6 milioni di persone in cui esiste un unico psichiatra. Simona Vinci insegue fantasmi e orrori reali, indaga la vita dei ricoverati.
«Ogni storia è una storia di fantasmi e questa non fa eccezione. C’è sempre una verità, anche quando si inventa una storia da cima a fondo... Molti dei personaggi che compaiono in queste pagine sono state persone in carne e ossa che hanno camminato su questa Terra... meritano che qualcuno ascolti l’eco lasciato dalle loro vite». Ci regala pagine di straordinaria bellezza, descrizioni che prendono vita, come il paesaggio greco che parla e palpita. Quest’anno la Cinquina del Premio Campiello è davvero sorprendente: almeno quattro dei cinque romanzi finalisti sono libri bellissimi, che appassioneranno il lettore. Libri scritti per fare perdere la cognizione dello spazio e del tempo, incantare e trasportare in un’altra dimensione, esattamente quello che la buona letteratura dovrebbe fare. Sempre. Il romanzo di Simona Vinci è uno dei migliori della Cinquina. Ma se la dovrà vedere con altri tre veri gioielli: una scelta davvero difficile quest’anno per la giuria dei trecento anonimi lettori che dovranno votare il vincitore.
Una struttura dove tra il 1958 e il 1981 furono rinchiuse 4 mila persone Incubi e risvegli, pagine emozionanti, sembra di essere in un’allucinazione