Auto centra un’ambulanza nel baule c’era metadone
Privati pronti da mesi. E per l’unico che funziona il tempo d’attesa è di 20 giorni
È un’estate d’attesa per gli ospedali di comunità. Quelli che dovrebbero servire Verona, tre strutture private accreditate che faranno, però, a tutti gli effetti un «servizio pubblico», aspettano da gennaio un segnale qualsiasi dalla Regione per il via libera, ma con tutta probabilità dovrà arrivare almeno settembre.
È una battaglia che ha assunto connotati politici: più di una volta il sindaco Flavio Tosi ha accusato di inefficienza la gestione «leghista» della sanità veneta, che vede al vertice l’ex sodale Luca Coletto. Ieri, il primo cittadino è passato alle vie di fatto, segnalando il caso di queste strutture «ferme» alla Corte dei Conti, come aveva minacciato in passato.
C’è malessere anche tra quanti lavorano nei centri in questione: «Le Betulle» (attiva principalmente come casa di riposo a Borgo Venezia), «Casa Loro» dell’Istituto assistenza anziani, al Saval e e la «Pia Opera Ciccarelli di San Giovanni Lupatoto». La ragione? Tutte le strutture sono pronte da inizio anno, con tutti gli investimenti del caso e con l’indicazione, già a fine dicembre 2015, che il servizio sarebbe stato attivato a giorni. Tutti hanno scelto la linea del silenzio, ma c’è chi fa notare come, accanto alla «seccatura» di essersi attrezzati per un lavoro che non può essere svolto, c’è anche un problema ben più grave, che riguarda i disservizi nei confronti dei pazienti. Gli ospedali di comunità non ci sono (almeno nel territorio della città e dell’hinterland) ma i posti letto negli ospedali «veri», quelli per acuti, sono stati tagliati e di conseguenza i pazienti vengono dimessi prima. C’è chi assicura che la richiesta nelle strutture di mediodegenza già attive sia molto alta. Una prova, in tal senso, arriva da Tregnago, dove è già attivo l’unico ospedale di comunità dell’Usl 20.
Qui nel corso dell’anno sono stati accolti 207 pazienti: i posti letto non sono mai stati inutilizzati. La degenza media è di 26,7 giorni, ma per entrarci occorre aspettare mediamente 19 giorni. Un controsenso, visto che si sta parlando di una tipologia di ricovero pensata per quanti escono dall’ospedale ed hanno necessità di essere seguiti per un periodo di qualche settimana immediatamente dopo le dimissioni.
Nei casi più gravi sono gli ospedali a tenere i pazienti qualche giorno in più, con tutte le spese che ne conseguono. Ecco la «ratio» che ha indotto Tosi a fare l’esposto.
«Il Piano Socio sanitario del Veneto - scrive Tosi alla procura regionale - ha come obiettivo strategico lo sviluppo dell’assistenza extraospedaliera con particolare riferimento a quella intermedia da attuarsi mediante l’Ospedale di Comunità e l’Unità Riabilitativa Territoriale». Su questa base sono stati previsti gli accreditamenti e le schede di dotazione territoriale, che prevedono, per l’appunto un centinaio di posti.
«A tutt’oggi - nota però Tosi - nonostante siano trascorsi più mesi da quando le strutture sono state approntate, la Regione del Veneto non ha ancora accreditato i posti letto per Ospedali di Comunità, nonostante alcune realtà veronesi abbiano investito a tale scopo cospicue risorse umane e finanziarie e possano far fronte alle esigenze degli utenti. In assenza, i pazienti sono costretti a rimanere ricoverati nei reparti ospedalieri, con spese inevitabilmente più elevate: un posto letto in medicina interna costa giornalmente al sistema sanitario circa 265 euro in più rispetto all’ospedale di comunità».
Per il sindaco, dunque, il ritardo di Venezia nell’autorizzare l’entrata dei pazienti nelle tre strutture verrebbe a costare 25.705 euro al giorno, 770mila euro al mese. «Una situazione - conclude - che oltre essere grave a livello economico, frustra le legittime aspettative dei pazienti, in particolare quelli anziani».
La struttura Accoglie i pazienti già dimessi La degenza media è di circa un mese