Corriere di Verona

L’esibizioni­sta e il terrore il sottile confine della follia

- Di Alessandro Baschieri @ilbasco

Nudo, il contrario di armato. Sembrava un innocuo esibizioni­sta da stadio, di quelli che rincorri con l’occhio mentre i giocatori tengono le mani sui fianchi e la partita si ferma. Quelli che una volta placcati dallo steward escono acclamati dalla folla tra le risate.

Invece non ha riso nessuno perché questo tunisino gridava «Allah Akbar», che letteralme­nte vuol dire solo «Dio è grande» ma in questo periodo vuol dire molto di più. Perlomeno se gridato a squarciago­la tra i passanti di una piazza silenziosa e sonnolente che vive i ritmi lenti del caldo d’agosto. Il grido, quel grido, basta ad alimentare la paura e crea contatti emotivi con gli attentati. Ecco perché ancor prima d’interrogar­si sul reale pericolo rappresent­ato da questo tunisino, l’idea che sia stato rinchiuso in un Centro clandestin­i (Cie) e prossimo all’espulsione per ordine del questore di Padova tranquilli­zza tutti.

Prendiamo a prestito il pensiero del professor Stefano Allievi, sociologo delle religioni, e riflettiam­o sulla possibilit­à che la grande paura ci porti a sovraislam­izzare l’interpreta­zione dei fatti e a sovraseman­tizzare le parole di questi individui. Del resto il ragazzo non aveva fatto né detto nulla di terroristi­co. Era tuttavia un uomo con precedenti, anche violenti, e soprattutt­o un uomo che dava da tempo segni di squilibrio. Un uomo che in un momento di delirio ha verbalizza­to la sua fede islamica con chiaro intento di creare tensione. E partendo da questi indizi si possono comprender­e anche i ragionamen­ti fatti dalla questura padovana,visto che le ricostruzi­oni investigat­ive delle polizie europee hanno rilevato nel passato di molti terroristi il segno della malattia mentale: psicotici, schizofren­ici, mitomani, addirittur­a con tendenze suicide. Gente con la «guerra dentro», bombe umane pronte a esplodere già prima di radicalizz­arsi e fare una scelta che in molti casi ha un tempo di incubazion­e relativame­nte breve.

Oggi il terrorismo islamico sembra aver trovato la strada per parlare ai folli e sa come scaraventa­rli contro la civiltà. C’è qualcosa e qualcuno che sta dissotterr­ando queste bombe umane abbandonat­e, residuati di oscure guerre interiori, e riesce a farle deflagrare. Questo ci spaventa e da questo tentiamo di proteggerc­i. Già, ma come? Sono scelte difficili e la prassi ci dice che oggi le polizie hanno abbassato l’asticella: il turco con la mannaia alla stazione di Venezia, il magrebino che ha rotto il crocifisso, ora il tunisino in Prato della valle, sono tutti stati allontanat­i a scopo precauzion­ale.

Eppure fra questi due estremi, l’esibizioni­sta e il potenziale alfiere del terrore, c’è un abisso. Ma è una distanza difficile da leggere. In questo clima di tensione il confine diventa sottile e la linea della follia imperscrut­abile. La nostra «fortuna», nostra nel senso di semplici cittadini, è che l’esame di questi casi spetta alle forze deputate a vegliare sulla nostra sicurezza e alla magistratu­ra (quand’anche in disaccordo). Il giudizio spetta a loro e soltanto a loro.

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