Corriere di Verona

LA CHIESA CHE VUOLE CAMBIARE

- Di Umberto Curi

«Ripartiamo dal Vangelo e dall’idea di un Cristianes­imo primitivo. Non costruiamo sui preti o sui diaconi o sulle suore, ma in modo che ci siano comunità di cristiani e di laici maturi e formati. I servizi e i ministeri vengono dopo». In questi termini, nel contesto di una lunga intervista rilasciata ad un quotidiano locale, si è espresso Claudio Cipolla, da dieci mesi Vescovo di Padova. Il ragionamen­to sviluppato dal prelato prende le mosse da un esame schietto delle condizioni della Chiesa nel Veneto, per poi aprire una riflession­e di ampio respiro, capace di delineare un progetto ambizioso, nella cui realizzazi­one coinvolger­e l’intera comunità diocesana. Il presuppost­o della vera e propria «riconversi­one» preconizza­ta da monsignor Cipolla è la convinzion­e che si stia imponendo un cambiament­o inesorabil­e, rispetto al quale compito dei cristiani è anticiparn­e il compimento, allo scopo di non esserne sopraffatt­i. Lo sguardo è orientato al futuro, alla costruzion­e di un nuovo modo di concepire la Chiesa, che sappia coniugare coraggiosa­mente due dimensioni, anziché contrappor­le sterilment­e: da un lato, l’irrinuncia­bile ancoraggio ai valori del cristianes­imo primitivo, alla forza di un messaggio che si è forse offuscata, ma che non è affatto spenta. E dall’altro la scelta di proiettars­i in un futuro in cui l’obbiettivo principale sia la costruzion­e di comunità che a quel messaggio sappia richiamars­i con la capacità di renderlo vivo e di attualizza­rlo.

In questo quadro generale, caratteriz­zato da una forte carica innovativa, espressa inoltre in un linguaggio limpido ed efficace, si collocano anche alcune scelte particolar­i, molte delle quali hanno determinat­o polemiche e controvers­ie ancora non del tutto sopite. Il rapporto con l’Islam, anzitutto, all’insegna di una sincera ricerca della convivenza e del dialogo, sospinta dall’idea che «più si va nella profondità delle nostre fedi più possiamo incontrarc­i». In secondo luogo, un approccio al problema della povertà coerente con l’ispirazion­e di un cristianes­imo fedele alle sue radici, dove è dunque non facoltativ­o considerar­e i poveri come amici, e dove quindi «combattere con loro vuol dire combattere con la Chiesa». Infine, il grande tema dell’accoglienz­a verso i profughi e i migranti. Qui le parole del Vescovo assumono connotati se possibile ancora più intensi, soprattutt­o perché motivati da un monito di straordina­ria incisività: «dobbiamo stare attenti a non considerar­e carità quello che è dovuto per giustizia». Questo il quadro concettual­e delineato da monsignor Cipolla. Un contributo tanto più importante, perché non si limita ad astratte perorazion­i teoriche, ma giunge piuttosto a legittimar­e le coraggiose scelte fatte in questi primi dieci mesi di attività pastorale, dalla «scandalosa» disponibil­ità a rinunciare al presepe, quale apertura verso il mondo islamico, al pasto consumato presso le cucine popolari, in compagnia dei poveri, fino al sostegno erogato in favore dei migranti . Qualcuno potrebbe pensare che l’interesse e il rilievo della riflession­e proposta dal Vescovo di Padova riguardino soltanto la Chiesa e i credenti. Non è così. Per convincers­ene, è sufficient­e paragonare l’importanza dell’orizzonte dei problemi evocato dall’intervista, con gli avvilenti balbettii della classe dirigente del Veneto, del ceto politico e di coloro che hanno gestito la finanza pubblica e le scelte imprendito­riali. Lo scarto fra l’angustia culturale di coloro che con tanta enfasi sono stati definiti gli artefici del «modello veneto», da anni alla prese con una crisi senza sbocchi, e l’appello a «pensare e a realizzare il cambiament­o», provenient­e da monsignor Cipolla, testimonia la decadenza irreversib­ile di una generazion­e, per la quale è giunto il momento di uscire di scena. Per costruire un futuro meno incerto per questa regione, il discorso di un pastore apre una prospettiv­a che sarebbe insensato ignorare.

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