«Musulmano a New York ucciso da un cristiano, la Chiesa deve scusarsi»
Marghera, il post su Facebook. E la comunità si divide
VENEZIA «Cari fratelli imam, per caso avete ricevuto qualche messaggio di condoglianze dalla chiesa per la morte dell’imam bengalese ammazzato tre giorni fa a New York da un assassino cristiano? Per caso è arrivato qualcuno dalla chiesa per le condoglianze?». Amareggiato, ieri l’imam di Marghera, Hamad Mahamed, ha chiesto a più riprese in arabo e italiano sul suo profilo Facebook se dalla Chiesa cattolica fossero arrivati segnali di cordoglio per l’omicidio di Maulama Akonjee, imam di 55 anni di origine bengalese, e del suo assistente Thara Uddin, 64 anni. Sono stati uccisi il 13 agosto, all’uscita dalla moschea del Queens, a New York. La polizia statunitense ha arrestato un 35enne di origini ispaniche, lo ha interrogato ma al momento non è ancora chiaro se l’omicidio sia stato provocato da vecchi rancori tra le due comunità o abbia origine nell’odio religioso.
«Io non ho ricevuto condoglianze — dice Tanji Bouchaib, presidente della Federazione regionale islamica del Veneto —. Sono andato a Padova, Annone, Cinto e sto andando a Portogruaro per pregare insieme ai cristiani in memoria del sacerdote ucciso in Francia. Ma perché la chiesa deve presentare le condoglianze? L’Imam di New York l’ha ucciso la Chiesa? Finchè non sarà fatta chiarezza, meglio non creare problemi, chiedendo condoglianze. Non la penso come Hamad, non si possono costringere le persone: a noi nessuno ci ha costretto a portare un messaggio di pace nelle chiese».
Poche ore dopo il post è stato rimosso nella versione in italiano. L’imam di Marghera, persona aperta al dialogo interreligioso e attivissima su questo fronte, vuole evitare strumentalizzazioni. Spiega, attraverso i portavoce del direttivo, di essere solo rammaricato. «È successo questo fattaccio a New York. Non vorremo che fosse classificato come l’assassinio di un pazzo e di un ubriacone. Noi siamo sempre i primi a condannare simili gesti. Perché quando succedono queste cose, bisogna condannare per primi, a prescindere dall’accertamento dei fatti. Per dimostrare fratellanza», è la sostanza di quanto ha detto ieri ai fedeli dentro e fuori la moschea.
La preoccupazione che i fanatismi siano sempre messi nell’angolo del disagio mentale è la medesima che preoccupa i cristiani a proposito degli attacchi di islamisti radicalizzati, isolati e violenti che si sono moltiplicati nelle ultime settimane. Mahamed ha un rapporto franco e amichevole con don Dino Pistolato, il numero due del Patriarca Francesco Moraglia in terraferma. Che è rimasto sorpreso dal post. «Non sapevo nemmeno dell’omicidio dell’imam — premette don Dino —. Non conosco la vicenda, uccidere è sempre sbagliato e mi dispiace se ciò sia avvenuto per motivi religiosi. Se è stato così, esprimo tutto il mio cordoglio. Ma bisogna stare attenti a non scivolare su versanti pericolosi del dialogo interreligioso», scuote la testa. La richiesta di reciprocità nelle manifestazioni di dissociazione e cordoglio va bene. «Ma attenzione a rimarcare la reciprocità, altrimenti si innesca il boomerang: loro vogliono le moschee qui, noi nei Paesi islamici non possiamo costruire le chiese. Un brutto terreno. Se si mettono sempre i puntini sulle “i”, il dialogo interreligioso non parte mai. Comunque, esprimo tutto il mio cordoglio».
Don Pistolato Se si mettono sempre i puntini sulle «i», il dialogo interreligioso non parte mai