Vernizzi: «Pressioni della cricca? Ho reagito per il bene dell’opera»
Pedemontana e il sistema Mose. Il commissario: «Lunedì vertice sul closing»
VENEZIA Dieci anni dopo, la storia ritorna. Era il 2006 quando veniva bandita la gara per la realizzazione della Pedemontana, un project financing proposto da una cordata guidata da Impregilo (e di cui faceva parte anche Mantovani), che dopo un intreccio di ricorsi e controricorsi si vide però soffiare l’aggiudicazione dal consorzio italospagnolo Sis. A distanza di due lustri, gli atti dell’inchiesta sullo scandalo Mose riportano alla ribalta l’infrastruttura, ancora alle prese con la complicata definizione del closing finanziario. Un tema che fra il 2011 e il 2012 interessava infatti molto alla «cricca», determinata com’era a rientrare in pista contando proprio sulle difficoltà dei concorrenti. «Allora erano solo supposizioni, adesso la pubblicazione delle intercettazioni e dei brogliacci ci fa capire tante cose», dice Silvano Vernizzi, tuttora commissario delegato per l’opera e allora nemico giurato di Piergiorgio Baita e Claudia Minutillo, almeno a leggere le carte da cui emergono i condizionamenti esercitati inutilmente dai due. Vernizzi, come andò? «Una cosa dev’essere chiara: non ho mai ricevuto pressioni da nessuno, tantomeno dall’ex governatore Giancarlo Galan e dall’ex assessore Renato Chisso. Detto questo conoscevo l’ambiente, per cui quello che ho letto sul Corriere del Veneto è corretto. Avevo intuito da dove potevano arrivare certe arie, sollecitazioni, pressioni, quindi ho reagito di conseguenza».
Rifiutandosi di spedire a Sis la lettera sui ritardi del closing chiesta da Chisso?
«Che io ricordi, Renato non mi domandò mai nulla del genere. Ci conosciamo da così tanti anni, che non avrebbe mai provato a farmi pressioni. Anche perché tra noi c’erano una tale confidenza e una tale stima, che peraltro confermo anche oggi, che se avesse provato ad impormi qualcosa del genere l’avrei mandato in quel posto. No, intendo dire che io avevo il compito di fare l’opera e ho cercato solo di fare l’opera, punto».
Già cinque anni fa, però, Baita e Minutillo dicevano che il piano di Sis era «irrealistico».
«Questo è molto strano, perché era stata proprio la loro cordata a presentare il progetto, poi finito in gara europea. Probabilmente parlavano così per un po’ di antagonismo tra le parti. Il fatto che gli spagnoli non fossero in grado di finanziare l’opera erano illazioni loro, all’epoca non c’era alcun motivo di affermare questo. Lo riconosco, oggi ci sono delle difficoltà, ma stiamo lavorando per risolverle perché l’importante è che la Pedemontana venga completata».
È vero che si infuriò con Chisso, intuendo che dietro di lui potevano esserci i due imprenditori?
«Vuole la verità? Non è che io non volessi Baita e Minutillo, io ho cercato solo di fare il mio mestiere, nell’interesse dell’opera. L’importante era che venisse fatta, non mi fregava da chi. Alla fine aveva vinto Sis, per cui avanti con Sis».
Per questo però nelle telefonate intercettate i due dicevano che il suo comportamento era «vergognoso» e «ridicolo»…
«Queste sono affermazioni di Minutillo e Baita, di cui si assumono la responsabilità. Dal loro punto di vista potevano essere valutazioni legittime, ma penso di non aver mai agito in maniera vergognosa o ridicola. In ogni caso, visto com’è andata, quelle loro opinioni
mi fanno pure piacere: dopo averle lette, mi aspetto come minimo una medaglia d’oro al valore… (ride, ndr.)».
Che effetto le fa vedere quelle trascrizioni, a distanza di tanto tempo?
«Mi fa sorridere. Quegli scambi di battute mi fanno ricordare i tempi passati, ma mi fanno anche capire determinate cose. Leggendo oggi queste conversazioni, si comprende tutto quel movimentismo, tutta quella voglia di mettere le mani dappertutto, che all’epoca si potevano solo supporre». Veniamo al presente: a che punto è il closing?
«Lunedì avrò un incontro con il concessionario. Ha elaborato un nuovo piano finanziario, basato sulla riduzione delle tariffe e dunque sull’aumento del traffico. Lo discuteremo e poi vedrò se convocare una nuova riunione con Cassa Depositi e Prestiti e ministero delle Infrastrutture».
Se questa soluzione non dovesse funzionare, la cordata Impregilo-Mantovani potrebbe tornare in gioco?
«Se il closing non andasse a buon fine, non parleremmo più di Pedemontana per i prossimi dieci anni: non solo bisognerebbe rifare la gara, ma si aprirebbe anche un contenzioso infinito. Per questo punto decisamente alla chiusura del finanziamento».
La lettera agli spagnoli Se Chisso mi avesse chiesto di scriverla per il closing in ritardo, l’avrei mandato in quel posto