Consoli chiede di tornare libero I trasferimenti sospetti di soldi e titoli
L’ex Ad di Veneto Banca il 5 settembre al Riesame per la revoca dei domiciliari I magistrati: in un anno e mezzo spostati milioni di euro sui conti della moglie
Vincenzo Consoli, l’ex amministratore delegato di Veneto Banca finito agli arresti domiciliari nella sua villa di Vicenza il 2 agosto, chiede di tornare libero. I suoi avvocati Alessandro Moscatelli e Franco Coppi hanno presentato al tribunale del Riesame di Roma un’istanza per rivedere la misura cautelare. Se ne discuterà il 5 settembre, in attesa dell’interrogatorio che lo stesso Consoli ha chiesto ai pm della capitale che indagano sul crollo dell’istituto di credito di Montebelluna ipotizzando (per lui e altri 14 tra manager e imprenditori finiti sotto inchiesta) i reati di aggiotaggio e ostacolo all’attività delle autorità di vigilanza.
Ma non è l’unica novità. Parallelamente, i legali hanno presentato altre due richieste per ottenere lo sblocco del patrimonio dell’ex Ad e di sua moglie. I magistrati hanno infatti ordinato il sequestro preventivo dei beni di Consoli «fino a un ammontare massimo di 45 milioni e 425mila euro». La guardia di finanza di Roma e Venezia gli ha quindi confiscato la splendida villa da due milioni di euro in cui vive con la famiglia (ma solo il piano superiore, che risulta intestato a lui), oltre a quadri e sculture d’autore, icone russe, arazzi, tappeti, mobili antichi e vasi giapponesi. Oggetti il cui valore supera abbondantemente il milione di euro. Congelato anche il conto corrente che Consoli ha aperto a suo nome in Veneto Banca. Ma lì, come raccontato nelle scorse settimane, c’erano pochi spiccioli: appena 29mila euro.
Gli inquirenti hanno quindi deciso di «aggredire» anche il patrimonio (ben più consistente) della moglie dell’ex Ad, seguendo la tesi che la donna non ha redditi propri e quindi quel denaro deriva in realtà dall’attività del marito.
È su questo aspetto della vicenda che emergono novità interessanti. Gli investigatori hanno infatti scoperto che Vincenzo Consoli, nei mesi precedenti alle sue dimissioni da Veneto Banca ha trasferito denaro contante e titoli a favore della consorte, rimpallando grosse cifre da un conto corrente all’altro. La tesi dell’accusa è chiara: in quel modo il banchiere sperava di «blindare» il patrimonio, mettendolo in salvo proprio nell’ipotesi che la magistratura decidesse di sequestrargli i beni. Ma se davvero questo era il piano, gli è andata male visto che i finanzieri sono riusciti a ricostruire passo-passo ogni spostamento.
La prima operazione sospetta risale al 3 giugno del 2014, quando il manager ancora siede al vertice dell’istituto di credito. Quel giorno trasferisce alla moglie 13.220 azioni di Veneto Banca per un controvalore di 331 mila euro (il prezzo medio era di 25,08 euro ciascuna). Il mese successivo, e in quelli a seguire fino a settembre, altri 3,1 milioni di euro finiscono in un conto corrente intestato alla donna ma sul quale ha delega a operare anche lo stesso Consoli. A settembre, la metà di questi fondi (1,5 milioni) viene nuovamente dirottata, stavolta in un deposito a uso esclusivo della moglie.
Segue una pausa durata oltre un anno. Poi, tra il dicembre 2015 e il febbraio 2016 un nuovo transito: sul conto riconducibile alla donna vengono trasferiti poco più di cinque milioni di euro, tra liquidità e titoli.
È ricostruendo il percorso del denaro che i magistrati il 3 agosto hanno ordinato di sequestrare i contanti che risultavano ancora depositati nel conto della donna (220mila euro) e il dossier titoli a essi collegati, per un controvalore che ammonta a circa 4,7 milioni di euro.
Sommati a quanto risulta intestato al solo manager, porta a circa dieci milioni di euro il valore complessivo di ciò che finora è stato «congelato» dalla guardia di finanza.
Ma i coniugi non ci stanno: secondo loro quel denaro non andava sequestrato e per questo ora si sono rivolti ai giudici del Riesame, nella speranza di tornare in possesso di tutte le loro proprietà.
L’ex manager bolla i trasferimenti in favore della moglie come una «normale» distribuzione dei beni all’interno dei conti correnti riconducibili al suo nucleo familiare. In fondo, se davvero avesse voluto far sparire il denaro, avrebbe potuto dirottarlo su un fondo alle isole Cayman o in qualche altro paradiso fiscale.
Ma tant’è. La procura di Roma non gli crede e farà il possibile per impedirgli di rimettere le mani sul patrimonio accumulato in questi anni. Altrimenti - è il messaggio che filtra da ambienti investigativi - c’è il rischio che quei soldi spariscano per davvero.
La tesi dell’accusa Secondo i magistrati, trasferendo il denaro Consoli sperava di sottrarlo al sequestro