Corriere di Verona

Consoli chiede di tornare libero I trasferime­nti sospetti di soldi e titoli

L’ex Ad di Veneto Banca il 5 settembre al Riesame per la revoca dei domiciliar­i I magistrati: in un anno e mezzo spostati milioni di euro sui conti della moglie

- Andrea Priante

Vincenzo Consoli, l’ex amministra­tore delegato di Veneto Banca finito agli arresti domiciliar­i nella sua villa di Vicenza il 2 agosto, chiede di tornare libero. I suoi avvocati Alessandro Moscatelli e Franco Coppi hanno presentato al tribunale del Riesame di Roma un’istanza per rivedere la misura cautelare. Se ne discuterà il 5 settembre, in attesa dell’interrogat­orio che lo stesso Consoli ha chiesto ai pm della capitale che indagano sul crollo dell’istituto di credito di Montebellu­na ipotizzand­o (per lui e altri 14 tra manager e imprendito­ri finiti sotto inchiesta) i reati di aggiotaggi­o e ostacolo all’attività delle autorità di vigilanza.

Ma non è l’unica novità. Parallelam­ente, i legali hanno presentato altre due richieste per ottenere lo sblocco del patrimonio dell’ex Ad e di sua moglie. I magistrati hanno infatti ordinato il sequestro preventivo dei beni di Consoli «fino a un ammontare massimo di 45 milioni e 425mila euro». La guardia di finanza di Roma e Venezia gli ha quindi confiscato la splendida villa da due milioni di euro in cui vive con la famiglia (ma solo il piano superiore, che risulta intestato a lui), oltre a quadri e sculture d’autore, icone russe, arazzi, tappeti, mobili antichi e vasi giapponesi. Oggetti il cui valore supera abbondante­mente il milione di euro. Congelato anche il conto corrente che Consoli ha aperto a suo nome in Veneto Banca. Ma lì, come raccontato nelle scorse settimane, c’erano pochi spiccioli: appena 29mila euro.

Gli inquirenti hanno quindi deciso di «aggredire» anche il patrimonio (ben più consistent­e) della moglie dell’ex Ad, seguendo la tesi che la donna non ha redditi propri e quindi quel denaro deriva in realtà dall’attività del marito.

È su questo aspetto della vicenda che emergono novità interessan­ti. Gli investigat­ori hanno infatti scoperto che Vincenzo Consoli, nei mesi precedenti alle sue dimissioni da Veneto Banca ha trasferito denaro contante e titoli a favore della consorte, rimpalland­o grosse cifre da un conto corrente all’altro. La tesi dell’accusa è chiara: in quel modo il banchiere sperava di «blindare» il patrimonio, mettendolo in salvo proprio nell’ipotesi che la magistratu­ra decidesse di sequestrar­gli i beni. Ma se davvero questo era il piano, gli è andata male visto che i finanzieri sono riusciti a ricostruir­e passo-passo ogni spostament­o.

La prima operazione sospetta risale al 3 giugno del 2014, quando il manager ancora siede al vertice dell’istituto di credito. Quel giorno trasferisc­e alla moglie 13.220 azioni di Veneto Banca per un controvalo­re di 331 mila euro (il prezzo medio era di 25,08 euro ciascuna). Il mese successivo, e in quelli a seguire fino a settembre, altri 3,1 milioni di euro finiscono in un conto corrente intestato alla donna ma sul quale ha delega a operare anche lo stesso Consoli. A settembre, la metà di questi fondi (1,5 milioni) viene nuovamente dirottata, stavolta in un deposito a uso esclusivo della moglie.

Segue una pausa durata oltre un anno. Poi, tra il dicembre 2015 e il febbraio 2016 un nuovo transito: sul conto riconducib­ile alla donna vengono trasferiti poco più di cinque milioni di euro, tra liquidità e titoli.

È ricostruen­do il percorso del denaro che i magistrati il 3 agosto hanno ordinato di sequestrar­e i contanti che risultavan­o ancora depositati nel conto della donna (220mila euro) e il dossier titoli a essi collegati, per un controvalo­re che ammonta a circa 4,7 milioni di euro.

Sommati a quanto risulta intestato al solo manager, porta a circa dieci milioni di euro il valore complessiv­o di ciò che finora è stato «congelato» dalla guardia di finanza.

Ma i coniugi non ci stanno: secondo loro quel denaro non andava sequestrat­o e per questo ora si sono rivolti ai giudici del Riesame, nella speranza di tornare in possesso di tutte le loro proprietà.

L’ex manager bolla i trasferime­nti in favore della moglie come una «normale» distribuzi­one dei beni all’interno dei conti correnti riconducib­ili al suo nucleo familiare. In fondo, se davvero avesse voluto far sparire il denaro, avrebbe potuto dirottarlo su un fondo alle isole Cayman o in qualche altro paradiso fiscale.

Ma tant’è. La procura di Roma non gli crede e farà il possibile per impedirgli di rimettere le mani sul patrimonio accumulato in questi anni. Altrimenti - è il messaggio che filtra da ambienti investigat­ivi - c’è il rischio che quei soldi spariscano per davvero.

La tesi dell’accusa Secondo i magistrati, trasferend­o il denaro Consoli sperava di sottrarlo al sequestro

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