Malato per l’uranio impoverito Vince al Tar contro il ministero
Ha contratto un tumore in Albania: battaglia legale di un militare veronese
Sedici anni fa, è stato tra i militari che hanno partecipato alla missione nei Balcani. Rientrato in Italia, ha scoperto di aver contratto una patologia tumorale ed è entrato in «guerra» contro il ministero della Difesa per ottenere quell’indennizzo economico che gli dovrebbe spettare di diritto. E adesso, finalmente, con la sentenza 978 pubblicata due giorni fa, i giudici amministrativi gli hanno dato ragione, accogliendone in toto il ricorso e annullando tutti gli atti con cui da Roma gli era stato negato qualsiasi riconoscimento economico.
Sedici anni fa, è stato tra i militari che hanno partecipato alla missione di pace nei Balcani. Rientrato in Italia, ha scoperto di aver contratto una patologia tumorale ed è entrato in «guerra» contro il ministero della Difesa per ottenere quell’indennizzo economico che gli dovrebbe spettare di diritto. E adesso, finalmente, con la sentenza 978 pubblicata due giorni fa, i giudici amministrativi gli hanno dato ragione, accogliendone in toto il ricorso e annullando tutti gli atti con cui da Roma gli era stato negato qualsiasi riconoscimento economico.
Questa è la storia di un giovane militare di Villafranca, tuttora in servizio per l’esercito, che si trova costretto a combattere non solo contro la forma cancerogena che gli è stata diagnosticata al rientro dall’Albania, ma anche contro quel ministero che finora si ostinava a negargli sia lo status di «vittima del dovere», sia il riconoscimento della «causa di servizio». Con la prima sentenza in Veneto in materia di uranio impoverito, invece, il Tar di Venezia ha ora deciso di dargli ragione su entrambi i fronti. «Siamo di fronte a un verdetto importante», spiega l’avvocato del Foro di Roma Angelo Fiore Tartaglia, che assiste il soldato veronese ed è specializzato in casi di «malattia militare»: si tratta dello stesso legale che tutela la vedova di Giancarlo Danise, il primo maresciallo incursore dell’Aeronautica Militare che aveva ricomposto i corpi dilaniati dei colleghi vittime dell’attentato di Nassiriya del 12 novembre 2003, lavorando a 40 gradi all’ombra per restituire i resti alle famiglia, e che un cancro si è portato via in un ospedale di Verona lo scorso fine dicembre, a soli 43 anni.«In quel caso abbiamo dovuto lottare per la pensione di reversibilità privilegiata a favore della vedova, che adesso sta finalmente percependo, e abbiamo tuttora un contenzioso aperto col ministero davanti al Tribunale civile di Romapuntualizza l’avvocato Tartaglia -. Per quanto concerne quest’ultima pronuncia del Tar del Veneto, invece, parliamo di un militare tuttora in servizio, che ha contratto una patologia tumorale sui Balcani ma a cui finora era stato negato qualsiasi indennizzo».
Tra l’agosto e il novembre del 2000, il militare veronese ha preso parte alla missione internazionale di pace «Albit» in Albania, «dove - si legge nel ricorso - entrava in contatto con materiali tossici e nocivi e con ogni tipo di munizionamento, trovandosi spesso in siti devastati da bombardamenti, a bordo di mezzi sprovvisti di sistemi di filtraggio dell’aria, senza alcun mezzo di protezione individuale (quali tute, mascherine, guanti), in ambienti altamente inquinati da esalazioni e residui tossici derivanti dalla combustione ed ossidazione dei metalli pesanti causate dalle esplosioni delle munizioni utilizzate, tra le quali anche quelle con utilizzo di uranio impoverito».
Nel settembre del 2009 gli è stata riscontrata la malattia ed è iniziata la sua vertenza contro il ministero. Con la sentenza del 24 agosto 2016, il Tar di Venezia gli dà ragione,rilevando «l’erroneità della diagnosi operata dal Comitato di valutazione delle cause di servizio, in quanto la patologia non sarebbe “pregressa”, né vi sarebbe “silenzio clinico”, ma si troverebbe in regime di “follow up”», si legge nelle motivazioni.Inoltre, «il ricorrente ha prodotto “Valutazione di reperto bioptico tramite indagine nanodiagnostica di microscopia elettronica a scansione i microanalisi a raggi X” dalla quale è risultata una notevole quantità di detriti metallici, in maggior parte di acciaio e nano dimensionati, non appartenenti ad inquinamento urbano, che dimostrerebbe la fondatezza di quanto affermato in ordine alla sussistenza del nesso causale». Tanto che il ministero, oltre a dover riconoscere al giovane soldato veronese i diritti che gli spettano per legge, dovrà pagare anche le spese legali. Per intero.
Il legale «Fatti valere i suoi diritti»