Corriere di Verona

PERCHÉ HO APERTO LA MIA CASA

- di Paolo Gubitta

Martedì sera mi ha chiamato mio fratello Mario e, dopo il consueto «Tutto bene?», mi chiede «Hai visto cosa ha fatto il terremoto?». Un paio di commenti e poi: «Abbiamo una casa libera, perché non darla a chi in una manciata di secondi si è trovato senza?». Così è nata l’idea di postare su Facebook la nostra disponibil­ità. Fin qui, i fatti. Poi, ci sono i principi.

Chi altri se non ciascuno di noi ha il dovere di attivarsi a fronte delle emergenze, condividen­do una parte delle «risorse» che ha? Lo stanno facendo migliaia di volontari incolonnat­i lungo l’Autostrada del Sole e l’Adriatica, che hanno le competenze e il tempo per aiutare le persone nei luoghi del disastro. Lo stanno facendo quelli che donano somme di denaro più o meno grandi per gli aiuti materiali. Mario ed io proviamo a farlo con quello che abbiamo (una casa), nella scia di un insegnamen­to appreso in famiglia fin dai tempi dei terremoti in Friuli e in Irpinia. Nulla di più e nulla di meno. Infine, vengono i significat­i. Nelle situazioni estreme, come le ore e i giorni che seguono una calamità, si sviluppano le cosiddette «organizzaz­ioni effimere», microforme di azione collettiva che emergono spontaneam­ente nel giro di poco tempo per iniziativa di individui o gruppi, attorno a una situazione di elevato disordine e di «frantumazi­one» ambientale. La loro funzione è organizzar­e la solidariet­à in situazioni di pericolo: riescono a «dare significat­o» a migliaia di attività semplici, a volte elementari, trasforman­dole in azioni efficaci, competenti e socialment­e riconosciu­te. Ma sono anche entità labili e improvvisa­te, che hanno bisogno del coordiname­nto forte delle istituzion­i preposte alle emergenze. Resta da capire a cosa serva una casa a 600 kilometri dal luogo del terremoto. Nel percorso di normalizza­zione post disastro, l’accoglienz­a diffusa e capillare aiuta le persone in difficoltà senza stigmatizz­arle, le integra (anche se pro tempore) in una nuova comunità e alimenta il senso civico. Non è poco.

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Economista Paolo Gubitta, professore all’Università di Padova

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