Di Dio: «Non ho fatto la guerra ad Amt per mia moglie»
Pace in Amt, nessun provvedimento contro il dg Voi, lo sconfitto è Vittorio Di Dio, consigliere tosiano e grande accusatore. «Ma non l’ho fatto per mia moglie».
«Hanno cercato di dipingermi come quello che attacca l’azienda per motivi personali, familiari. Non è così: chiedevo solo trasparenza. Ora si è scelto di chiudere la vicenda in questo modo, ma non si dica che in Amt è tornata l’armonia e che va tutto bene». Il grande accusatore di ieri è il grande sconfitto di oggi: per mesi Vittorio Di Dio, vicecapogruppo della lista Tosi in consiglio comunale, ha bombardato quasi quotidianamente Amt e il presidente Stefano Ederle, che lui stesso aveva suggerito a Flavio Tosi di nominare. Tra Di Dio e Ederle i rapporti sono precipitati quando il presidente, dopo aver aperto un procedimento disciplinare contro il direttore generale Carlo Alberto Voi, ne ha escluso il licenziamento, fino all’epilogo «soft» dell’ultimo consiglio di amministrazione. Ma perché tanto ardore da parte di Di Dio? C’è chi ha ricordato che la moglie del consigliere lavora proprio in Amt, dove ha un contenzioso aperto con il direttore Voi per una questione di livelli.
Di Dio, sgombriamo subito il campo: qual è il vero motivo dei suoi attacchi ad Amt?
«Mia moglie non c’entra nulla. Lavora in Amt da 9 anni, la sua posizione è stata più volte vagliata dalla procura, che non ha ravvisato nulla di irregolare. Col direttore niente di personale, lei semplicemente ritiene di aver svolto mansioni superiori al suo livello per alcuni anni e vuole le sia riconosciuto. Io stesso le ho suggerito di far causa e di attenersi alle decisioni dei giudici».
Non ritiene di avere comunque un conflitto d’interesse con l’azienda?
«Io avrei avuto tutto l’interesse a starmene zitto, a glissare su tutto e su tutti, pur di non muovere le acque. Ma mi ritengo una persona libera. E se mi occupo così tanto di Amt, di cui sono stato anche consigliere di amministrazione per qualche mese, non è certo per cercare
chissà quale vendetta per conto di mia moglie, ma perché sta portando avanti il progetto più importante che Verona ha avuto negli ultimi trent’anni, ovvero il filobus».
Sulla questione del procedimento disciplinare contro il direttore, la sua è parsa una battaglia personale.
«Non voglio passare come quello che voleva per forza la testa di qualcuno perché mi stava antipatico. La mia è stata un’azione politica di verifica e controllo di una società pubblica. Tutti i miei interventi sono sempre stati improntati a sollecitare la chiusura rapida di questa vicenda. Non voglio e non sono mai voluto entrare nel merito di decisioni che non mi spettano».
Ha fatto però dichiarazioni molto dure in merito, li ha definiti «voltagabbana»...
«Non mi rimangio nulla: posso aver usato toni aspri ed esplosivi, ma solo come arma politica per dare più forza alla mia denuncia. Chiedevo chiarezza e non sono stato il solo: ci sono lettere del sindaco e relazioni della giunta che dicono le stesse cose».
Lei aveva indicato Ederle alla presidenza: deluso?
«Era partito con il piede giusto in un’azienda dove la trasparenza era al lumicino. È andato alla Corte dei conti, in procura, ha aperto la contestazione al direttore. Poi, improvvisamente, ha cambiato atteggiamento senza spiegazioni».
Si sarà reso conto che non c’erano gli estremi per licenziare il direttore, o no?
«Ma non è così. Era una delle strade possibili, come avevano confermato i legali. L’altra era concordare una buonuscita, la terza non far nulla. Si sono lasciati passare inutilmente sei mesi e nell’ultimo cda si è scelto di non scegliere, ne prendo atto. Se poi la tesi è: non si può toccare perché ci va di mezzo il filobus, io non sono d’accordo».
Come giudica, politicamente, quanto avvenuto in Amt?
«Quando vedo Ederle difeso da Lega, Battiti, Forza Italia, dal Pd, insomma da tutti tranne che da noi che siamo maggioranza, mi viene anche il dubbio che si sia messo d’accordo con qualcuno. Mi pare un dubbio legittimo».
La moglie Se avessi pensato a lei, avrei avuto l’interesse a star zitto Sul dg Niente di personale, la mia è stata un’azione politica