È «politicamente scorretto» E Facebook oscura (di nuovo) il sindaco leghista di Rovigo
E due. Dopo il suo profilo personale («Massimo Bergamin»), da un paio di giorni Facebook ha oscurato pure la pagina istituzionale («Massimo Bergamin Sindaco») del primo cittadino di Rovigo che ora si ritrova afono, silenziato e oscurato dal potentissimo Grande Fratello di Menlo Park. Una bacchettata, quella menata dalla California e piovuta in Polesine, che a memoria non ha precedenti a queste latitudini, almeno non nei confronti di un rappresentante delle istituzioni, uno che per di più frequentava parecchio il social network. Con toni rudi, certo, forse un tantino esagerati, come no, ma di sicuro non più beceri o violenti di quelli che ciascuno di noi incontra suo malgrado ogni volta che scrolla la timeline.E così c’è chi si chiede: al tempo di #JesuisCharlie e delle (sacrosante) battaglie in difesa della libertà, è giusto censurare il pensiero di un politico? Dev’essere Facebook a decidere quel che si può dire oppure no? C’è chi sostiene di sì, perché se stai lì devi accettare quelle regole del gioco. E c’è chi dice di no, perché su Facebook (specie se fai politica) non puoi non esserci e il rischio è che si diffonda il pensiero unico Zuckerberghiano.
«Non mi hanno dato alcuna spiegazione - racconta Bergamin - e sia chiaro, non ne faccio un dramma e non voglio passare per vittima. Non avendo scritto alcunché di tremendo negli ultimi giorni immagino che questo secondo oscuramento sia la semplice conseguenza del primo, nato come si sa a seguito delle polemiche scatenate dalla mia intervista sulle unioni gay». Quella in cui lei si lanciava in arditi paralleli con i cavalli: «Ma no!, assolutamente no. Io non ho mai paragonato un omosessuale ad un cavallo. Ho semplicemente detto, ragionando per paradossi, che nel nome della libertà portata alle sue estreme conseguenze dovremmo allora celebrare anche un matrimonio tra un uomo e il suo adorato cane, com’è accaduto in Australia, o tra una donna e il suo inseparabile telefonino, com’è accaduto a Las Vegas». Vabbé, non esattamente una sottile analisi sociologica. «L’intervista incriminata ovviamente era molto più lunga ma come al solito è stata semplificata e decontestualizzata. Comunque io sono leghista e quelli sono i miei ideali. Io non celebro matrimoni gay ma rispetto la legge e, se servirà, delegherò qualcun altro».
L’intervista in questione, pubblicata da Bergamin sul suo profilo, gli è costata per l’appunto il primo oscuramento. «Eppure non avevo offeso nessuno mentre sa quanti insulti ho ricevuto io nei commenti dai gay? Un pandemonio, cose irripetibili perché Facebook, se usato male, davvero genera mostri, altro che Bergamin. Ma loro mica sono stati oscurati. E io, adesso, comincio a querelare, se non altro per difendere l’istituzione». Raccontano a Rovigo che il sindaco sia come dottor Jekyll e mister Hyde, feroce nel virtuale, assai più ammodo nel reale. «Ma no - ride io sono io. Chiaro, poi sui social si calca un po’ la mano: una visita diventa “un blitz”, un giro in macchina “una ronda” ma insomma, è pure un po’ il gioco delle parti». E vaglielo a spiegare in California. «Quelli si muovono su segnalazione, basta un mail bombing del Pd o di un comitato e sei finito». Senza appello e avvocato d’ufficio.
Ma Bergamin riapparirà su Facebook? «Devo fare una procedura di identificazione, ci vuole tempo e adesso proprio non ne ho. Comunque se torno mica cambio toni. Sgarbi ha letto cosa scrive? E poi il problema sarei io?». Insomma, a sentirlo, pare che non ci sarà un due senza tre...
Regole giuste o pensiero unico? C’è chi mi copre d’insulti e non viene oscurato, a volte Facebook genera mostri