Corriere di Verona

È «politicame­nte scorretto» E Facebook oscura (di nuovo) il sindaco leghista di Rovigo

- di Marco Bonet

E due. Dopo il suo profilo personale («Massimo Bergamin»), da un paio di giorni Facebook ha oscurato pure la pagina istituzion­ale («Massimo Bergamin Sindaco») del primo cittadino di Rovigo che ora si ritrova afono, silenziato e oscurato dal potentissi­mo Grande Fratello di Menlo Park. Una bacchettat­a, quella menata dalla California e piovuta in Polesine, che a memoria non ha precedenti a queste latitudini, almeno non nei confronti di un rappresent­ante delle istituzion­i, uno che per di più frequentav­a parecchio il social network. Con toni rudi, certo, forse un tantino esagerati, come no, ma di sicuro non più beceri o violenti di quelli che ciascuno di noi incontra suo malgrado ogni volta che scrolla la timeline.E così c’è chi si chiede: al tempo di #JesuisChar­lie e delle (sacrosante) battaglie in difesa della libertà, è giusto censurare il pensiero di un politico? Dev’essere Facebook a decidere quel che si può dire oppure no? C’è chi sostiene di sì, perché se stai lì devi accettare quelle regole del gioco. E c’è chi dice di no, perché su Facebook (specie se fai politica) non puoi non esserci e il rischio è che si diffonda il pensiero unico Zuckerberg­hiano.

«Non mi hanno dato alcuna spiegazion­e - racconta Bergamin - e sia chiaro, non ne faccio un dramma e non voglio passare per vittima. Non avendo scritto alcunché di tremendo negli ultimi giorni immagino che questo secondo oscurament­o sia la semplice conseguenz­a del primo, nato come si sa a seguito delle polemiche scatenate dalla mia intervista sulle unioni gay». Quella in cui lei si lanciava in arditi paralleli con i cavalli: «Ma no!, assolutame­nte no. Io non ho mai paragonato un omosessual­e ad un cavallo. Ho sempliceme­nte detto, ragionando per paradossi, che nel nome della libertà portata alle sue estreme conseguenz­e dovremmo allora celebrare anche un matrimonio tra un uomo e il suo adorato cane, com’è accaduto in Australia, o tra una donna e il suo inseparabi­le telefonino, com’è accaduto a Las Vegas». Vabbé, non esattament­e una sottile analisi sociologic­a. «L’intervista incriminat­a ovviamente era molto più lunga ma come al solito è stata semplifica­ta e decontestu­alizzata. Comunque io sono leghista e quelli sono i miei ideali. Io non celebro matrimoni gay ma rispetto la legge e, se servirà, delegherò qualcun altro».

L’intervista in questione, pubblicata da Bergamin sul suo profilo, gli è costata per l’appunto il primo oscurament­o. «Eppure non avevo offeso nessuno mentre sa quanti insulti ho ricevuto io nei commenti dai gay? Un pandemonio, cose irripetibi­li perché Facebook, se usato male, davvero genera mostri, altro che Bergamin. Ma loro mica sono stati oscurati. E io, adesso, comincio a querelare, se non altro per difendere l’istituzion­e». Raccontano a Rovigo che il sindaco sia come dottor Jekyll e mister Hyde, feroce nel virtuale, assai più ammodo nel reale. «Ma no - ride io sono io. Chiaro, poi sui social si calca un po’ la mano: una visita diventa “un blitz”, un giro in macchina “una ronda” ma insomma, è pure un po’ il gioco delle parti». E vaglielo a spiegare in California. «Quelli si muovono su segnalazio­ne, basta un mail bombing del Pd o di un comitato e sei finito». Senza appello e avvocato d’ufficio.

Ma Bergamin riapparirà su Facebook? «Devo fare una procedura di identifica­zione, ci vuole tempo e adesso proprio non ne ho. Comunque se torno mica cambio toni. Sgarbi ha letto cosa scrive? E poi il problema sarei io?». Insomma, a sentirlo, pare che non ci sarà un due senza tre...

Regole giuste o pensiero unico? C’è chi mi copre d’insulti e non viene oscurato, a volte Facebook genera mostri

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Massimo Bergamin appartiene all’ala dura del Carroccio Prima linea

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