Livia, Stefano e Mario: al Bo i primi «cervelli» presi dall’estero
Saperi S’iniziano a vedere gli esiti dell’operazione «Gain Brain» dell’Università di Padova: reclutati ventidue professori. Un’antropologa, un neuroscienziato e un chimico presentano i loro progetti di ricerca
Due sono tornati in patria, il terzo non dovrà partire. Nel giorno del benvenuto alle matricole con le gag di Ale e Franz in Aula Magna, l’Università di Padova ha presentato tre dei ventidue docenti «fuoriclasse» (tra cui molti cervelli in fuga) reclutati con l’operazione «Gain Brain»: Livia Holden, Stefano Corni e Mario Liotti hanno raccontato col sorriso sulle labbra le motivazioni che li hanno spinti a compiere il percorso inverso, senza nascondere gli ostacoli che in passato li avevano costretti a scegliere altre strade.
I tre studiosi, come altri sette volti nuovi, portano in dote un finanziamento da un paio di milioni a testa per progetti di ricerca approvati dal Consiglio Europeo della Ricerca (Erc): considerando che i ricercatori delle istituzioni italiane ottengono una quindicina di Erc all’anno, la campagna acquisti del rettore Rosario
Rizzuto consente a Padova di primeggiare per numero di progetti.
Livia Holden, antropologa del diritto cinquantunenne, ha trascorso più tempo all’estero che in Italia: «Ho studiato a Napoli e mi sono laureata
a Parigi – racconta -. In realtà dovevo solo partecipare al programma Erasmus, ma ho deciso di tornare in Francia e di concludere gli studi lì perché la burocrazia dell’università italiana rallentava perfino il riconoscimento degli esami».
In seguito Holden ha vissuto in Gran Bretagna, Germania, Australia e Pakistan: “Non ci sono mai state occasioni per tornare in Italia, ormai non ci speravo più. Quando ho ricevuto la chiamata avevo già detto no ad altre università italiane ed ero sul punto di firmare con Parigi, ma ho scelto Padova perché ho capito che questo Ateneo ha le capacità per gestire il mio progetto di ricerca”. Al Bo Holden allestirà un team con cinque ricercatori (tre antropologi, uno statistico, un informatico) e 14 assistenti in altrettanti paesi: «Cercheremo di capire la reale utilità delle consulenze culturali agli stranieri in ambito giuridico, sarà un trampolino di lancio per i giovani».
Mario Liotti, ordinario di neuroscienze, ha sessant’anni e ne ha trascorsi una trentina all’estero: «Dopo il dottorato a Parma – ammette – volevo partecipare a un concorso in Italia, ma mi hanno fatto capire che non c’era posto perché c’era molta gente in attesa e in più il mio docente non faceva parte della commissione. Così ho accettato un’offerta di lavoro in Oregon».
Dopo dieci anni in Texas e una parentesi in Gran Bretagna, Liotti è approdato in Canada: «Ho mantenuto i contatti con l’Italia anche grazie ai congressi e a due anni sabbatici, ma i meccanismi di rientro sono pochi. Non volevo tornare ad ogni costo, ho aspettato l’occasione giusta: per me la chiamata di Padova ha un significato enorme, è come avere chiuso un cerchio». Nel 2003 Liotti ha ricevuto anche il premio per il miglior contributo alla neurobiologia delle emozioni: «Ora utilizzerò i fondi dell’Erc per studiare i processi cognitivi dei bambini con disturbi dell’attenzione e dell’apprendimento».
Stefano Corni, chimico di 41 anni, arriva da Modena e lascia l’Istituto di Nanoscienze del Cnr. Il suo team studierà le nanoparticelle per capire alcuni aspetti fondamentali della biologia come la fotosintesi clorofilliana: «A Padova ho trovato tutte le competenze per andare oltre la mia idea iniziale e allargare il ventaglio della collaborazione dalla teoria alla sperimentazione. Inoltre potrò insegnare, sono convinto che il contatto con gli studenti sarà divertente e appagante». In tutto i docenti reclutati all’estero sono venti: «È un segnale positivo – commenta il rettore Rosario Rizzuto -. Abbiamo dimostrato che la ricerca italiana è ancora molto attrattiva».