GAY, LEGA SUPERATA DA UNA DONNA
Da mesi era una miccia, pronta a innescare l’ordigno. Ora l’esplosione è avvenuta. La deflagrazione investe la Lega, travolta da uno temi più roventi nell’agenda del segretario Salvini: le Unioni civili. Dopo il caso di Quinto, anche a Oderzo, sinistra Piave, la sindaca del Carroccio Maria Scardellato, eletta a giugno a furor di popolo, ha «sposato» due uomini, Pasquale e Andrea, compagni da 11 anni che hanno ottenuto il riconoscimento della loro famiglia davanti alla legge. Immediate le conseguenze per la sindaca. Il segretario provinciale della Lega Dimitri Coin: «Con questo atto, la Scardellato si pone fuori dal partito». Gianantonio Da Re, segretario regionale: «Un solo sindaco leghista in Veneto è andato contro la linea del partito. Poteva evitarlo». Il 10 maggio scorso il Parlamento ha approvato la legge che regolamenta unioni e rapporti gay. Eravamo ultimi in Europa: il primo disegno di legge risale a 28 anni fa. Risultato: la corsa nei Comuni di coppie gay anche da quarant’anni in attesa di «sanare» unioni di fatto. Due i soggetti che da sempre si oppongono alla legge: la Cei, la Conferenza episcopale italiana e la Lega. Il cardinal Angelo Bagnasco ammonì: «Ora il colpo finale sarà l’utero in affitto». «Sindaci della Lega disobbedite» tuonò il segretario del Carroccio Matteo Salvini. Che ieri ha pesantemente attaccato la trevigiana Scardellato. L’amico e sindaco di Padova, Massimo Bitonci, lo aveva anticipato: «Da sindaco mi riserverò il diritto di obiettare e non celebrerò mai matrimoni fra persone dello stesso sesso». Durissima la replica del premier Matteo Renzi: «Nessuno ha diritto a disapplicare la legge. Di fronte alla legge si ferma il politico e persino il magistrato». Le associazioni gay: «Salvini incarna un nuovo fascismo». La verità è che ancora oggi la Lega sconta sulla pelle teorie e prassi di matrice bossiana e una presunta supremazia delle coppie etero sul resto dell’universo. Tragicomiche (e irriferibili) alcune uscite di quel periodo di Giancarlo Gentilini. La base del Carroccio, dalla stagione del Senatur, è sì transitata agli anni di Salvini ma non si mai affrancata veramente dal richiamo quasi ancestrale alla virilità a tutti i costi applicata alle dottrina politica. Ecco il leghismo non compiuto e la dicotomia fra pancia e pragmatismo. Da un lato il ventre della Lega, un elettorato rigorosamente tradizionalista; dall’altro, il Carroccio del fare, con una potente (e spesso amata) squadra di amministratori locali. Proprio in termini di «bio-politica», vita e politica, la Lega che condanna senza appello la sindaca di Oderzo, si pone automaticamente fuori dalla società. Mentre dentro la società si pone con forza proprio l’amministratrice nel mirino. Ci voleva una donna, nel Carroccio del celodurismo, ad avere il coraggio di porre la questione in tutta la sua contemporaneità. Chi è fuori non è lei, ma il partito che l’ha messa in croce.