La formula magica di Pecchia: tanti gol ma difesa attenta
Hellas a gonfie vele tra spettacolo e equilibrio
C’è un nuovo paese da collocare sulla carta topografica gialloblù: si chiama Pecchialandia, frazione di Verona. Dopo la partita con lo Spezia non si è presentato in sala stampa, l’allenatore dell’Hellas. A fermarlo, complice l’acqua che ha bersagliato la gara del Picco, un abbassamento di voce che l’ha portato all’afonia.
Il silenzio (nel suo caso, forzato) avvicina ancora di più Fabio Pecchia a Zdenek Zeman, uno dei tecnici – con Gigi Simoni, Marcello Lippi, Luciano Spalletti e, naturalmente, Rafa Benitez – da cui ha tratto insegnamenti e lezioni registrate a memoria. Il Boemo poco ha sempre concesso ai taccuini, ma la sua scarsa propensione alle pubbliche relazioni non ne ha ridotto la grandezza. Anzi, ne ha alimentato il mito. Quello di Zemanlandia, luna park del pallone costruito attorno i precetti di un 4-3-3 in cui la marcia ingranata è quella della trazione anteriore.
L’ultimo capolavoro del Maestro è stato il Pescara 20112012. Unica squadra che abbia segnato di più del Verona, in Serie B, dopo tredici giornate: 31 le reti dell’Hellas, 32 quelle della formazione di Zeman. Un Pescara che ci si ricorda per la caratura degli interpreti: tridente composto dai «tarantolati» Ciro Immobile e Lorenzo Insigne con il completamento di una punta d’esperienza, Marco Sansovini. A centrocampo, un giovane mago della pelota, Marco Verratti. Fu, quella, una stagione cadetta esaltante: il Pescara arrivò primo, seguito dal Torino di Giampiero Ventura. E meraviglioso fu il campionato del Verona, neopromosso in B e condotto con accortezza da Andrea Mandorlini fino a un calo nell’ultimo mese che non gli permise di centrare il salto in Serie A, poi sfumato nella controversa semifinale-playoff persa con il Varese.
Del Pescara di Zeman, dunque, l’Hellas di Pecchia ha i medesimi tratti in fase offensiva. Propone una cifra di gioco imponente, è velocissimo quanto ribalta l’azione, crea occasioni da gol e tanti, di gol, ne segna. C’è, tuttavia, nell’analogia, una sostanziale variante. Che è, peraltro, a vantaggio del Verona. I gialloblù, infatti, subiscono meno reti. E largamente.
Il difetto riconosciuto delle squadre zemaniane, dal leggendario Foggia del trio d’attacco Rambaudi-Baiano-Signori, per passare alle scintillanti Lazio e Roma a cavallo delle metà degli anni ’90, è sempre stata la fragilità difensiva. Si diceva del Pescara trionfante nel 2011-2012: anche in un gruppo di quel valore, a fronte di dati realizzativi dilaganti (furono 90 i gol totali, alla fine), fu perforato in abbondanza (55 reti al passivo). Il Verona di Pecchialandia, pur segnando in misura impetuosa, pare, numeri alla mano, aver registrato la difesa. Meno spazi concessi agli avversari, attenzione in copertura certificata all’unico gol preso nelle ultime quattro giornate, ossia il rigore trasformato da Granoche, sabato con lo Spezia. A questo punto del campionato, il Pescara di Zeman ne aveva già incassati 19. L’Hellas di oggi è a 10, con un più 21, quanto a differenza reti, che dice che Pecchialandia non è una fantasia, ma una splendida realtà.