Marchi vuole tutto il Catullo nel 2017
Il presidente di Save: «Modello Treviso per Verona». A Venezia nuova darsena e «walkway»
La bella notizia è che chi arriverà in barca all’aeroporto di Venezia non dovrà più trascinare le valigie al freddo e alla pioggia (o sotto il solleone) per mezzo chilometro fino all’aerostazione. La brutta è che per chi arriva in auto non cambierà nulla e non potrà fare la camminata sopraelevata ispirata alla High Line di New York dove recuperando la vecchia linea ferroviaria dismessa, si può avere un punto privilegiato per ammirare il paesaggio. E dire che per anni il presidente di Save Enrico Marchi ha frenato sul collegamento: prima il contratto di programma poi i lavori costringendo i viaggiatori alla passeggiata da aeroporto di terza fascia. Arrivata l’intesa, il portafoglio di Save si è magicamente aperto tanto che dal 2013 ad oggi sono stati investiti quasi 250 milioni di euro e da qui al 2021 ne saranno usati altri 550. Ieri il ministro alle Infrastrutture Graziano Delrio ha inaugurato la nuova darsena —che con i suoi 12 pontili e 24 approdi si sviluppa a pettine sulla laguna raccogliendo i flussi dei passeggeri provenienti via acqua — e quello che viene chiamato il moving walkway che la collega al terminal (ma sono finiti i lavori anche della nuova centrale di trigenerazione, delle nuove caserme della Guardia di Finanza e dei vigili del fuoco e delle infrastrutture di volo). «E’ solo la prima di una lunga serie di inaugurazioni di opere che entro cinque anni cambieranno il volto del nostro aeroporto», ha detto Marchi. Del resto l’appuntamento con Delrio e con il premier Renzi è per maggio 2017 quando sarà pronto l’ampliamento dell’aerostazione. «A fine anno inaugureremo la Salerno ReggioCalabria ma nessuno da Venezia andrà al mare al Sud in auto. Qui contano gli aeroporti — ha detto il ministro — . Per questo bisogna togliere i politici riciclati dalla gestione: il meccanismo di tariffe e investimenti funziona se c’è imprenditorialità manageriale». Il Marco Polo è così a tutti gli effetti uno dei tre scali prioritari italiani su cui governo ed Enac puntano per far accrescere la competitività dell’Italia. «A Venezia, coma a Roma e Milano è finanza privata che sgrava il pubblico che non ha risorse», ha aggiunto il presidente di Enac Vito Riggio. Non a caso Marchi ricordando quello che aveva detto 14 anni fa all’inaugurazione della nuova aerostazione sull’importanza di tenere la ricchezza in Veneto ha sottolineato come «l’aeroporto è stato l’unico a farlo: sulle banche abbiamo visto com’è finita, noi siamo riusciti a tenere in Veneto braccia e cervello».
Invito che suona anche come una chiamata a raccolta intorno a Save. Il pericolo ora è l’ingresso al 21% dell’Atlantia dei Benetton, in parallelo al braccio di ferro che vede opposto Marchi al socio di sempre
Andrea De Vido, che chiede una via d‘uscita per far fronte ai debiti con le banche. Marchi non ne parla. Ma intanto De Vido ha formalizzato le dimissioni dal cda di Finint, che dovrà convocare l’assemblea per nominare il nuovo board. Il dialogo per una soluzione fatica ad andare avanti.
Ben diverso il quadro sul polo del Nordest. Qui Marchi spera di chiudere la partita sul controllo di Verona, salendo dall’attuale quota del 40%: «Spero che l’anno prossimo sia quello giusto». Con un concambio con gli attuali soci? «Dipenderà da loro se preferiranno un pagamento o un concambio: siamo disponibili». L’idea resta di applicare lo schema usato a Treviso: «Ha funzionato: abbiamo fatto vedere di cosa siamo capaci, creato un rapporto di fiducia. Ma ora fare sistema vuol dire mettere tutto insieme. Vorrebbe dire salire all’80-90% in una società che resta autonoma».
Marchi
A differenza delle banche l’aeroporto non ha fallito