Corriere di Verona

Zaia, Toti e Maroni lanciano la sfida a Parisi e la «contro manovra»

Terzo summit tra i governator­i nella tenuta di H-Farm Proposta in 4 punti, dal debito pubblico ai costi standard

- Marco Bonet

Tu chiamala, se vuoi, «contro manovra» o «finanziari­a ombra». Loro, i governator­i di Veneto, Lombardia e Liguria, che l’hanno scritta, preferisco­no «bilancio dei virtuosi». L’hanno presentato ieri, nel terzo dei tre appuntamen­ti dell’«asse del Nord» (i primi due sono stati a Genova sull’immigrazio­ne e a Milano sulla riforma costituzio­nale), nella cornice di H-Farm a Ca’ Tron di Roncade.

«Qualcuno ci ha soprannomi­nato “i tre tenori del centrodest­ra” - ha esordito Luca Zaia con un sorriso - e sia chiaro, noi non cerchiamo la rissa, non facciamo demagogia, vogliamo soltanto dare il nostro contributo affinché in Italia si affermi la virtuosità che contraddis­tingue i conti delle nostre Regioni. Penso che qui non si dicano baggianate: il ministro dell’Interno tedesco, in tema di immigrazio­ne, ha appena ripetuto esattament­e quel che dicemmo noi dopo il trilateral­e di Genova. Sulla legge di Bilancio siamo forse perfino più titolati: guidiamo territori che sono il cuore produttivo del Paese. Chiediamo solo che le nostre proposte vengano prese in consideraz­ione senza pregiudizi». Se mai volessero farlo, a Palazzo Chigi come a Montecitor­io e Palazzo Madama, non ci vorrà molto tempo: è tutto sintetizza­to in una paginetta, in quattro punti. Al primo, «Spending review» ci sono l’applicazio­ne dei costi standard in sanità e al personale e l’eliminazio­ne delle prefetture. Al secondo, «Federalizz­are entrate e tributi», si legge la concession­e dell’autonomia alle Regioni, la regionaliz­zazione del debito pubblico (vecchio pallino di Zaia), la destinazio­ne totale ed esclusiva agli enti locali del gettito generato dai tributi locali, lo sblocco degli investimen­ti. Al terzo, «Richiesta economica su iniziative dirette», si distinguon­o la messa in sicurezza idrogeolog­ica e anti sismica (anche con accensioni di mutui a carico dello Stato), gli incentivi alle scuole partitarie, l’innalzamen­to dell’Art Bonus dal 65 al 100% da estendere ai beni culturali di proprietà dei privati, purché siano enti ecclesiast­ici o senza fini di lucro. Infine, la «Semplifica­zione», con il trasferime­nto in capo alle Regione delle funzioni oggi svolte dall’Agenzia del Demanio, dalle Sovrintend­enze e dal Corpo forestale e la regionaliz­zazione della tutela dell’ambiente e, per il Veneto, del demanio sulla Laguna di Venezia; l’eliminazio­ne delle Conferenze dei servizi e la regionaliz­zazione della Valutazion­e di Impatto Ambientale.

La speranza che queste proposte vengano accolte prêt-àporter

dal governo è al lumicino ma l’obiettivo è riuscire a imporle all’attenzione dei parlamenta­ri durante la discussion­e della manovra, traducendo­le in emendament­i che in più di un caso, se scoloriti della tintura partitica, potrebbero incassare consensi anche a sinistra (come le scuole paritarie). «Non vogliamo necessaria­mente spendere meno ma spendere meglio, a cominciare dalla sanità - ha aggiunto Roberto Maroni -. Al momento ci troviamo di fronte una legge strampalat­a che impedisce alle Regioni virtuose di investire, con un aumento della spesa di 19,5 miliardi e minori entrate per 16,2 miliardi, coperture farlocche, una manovra a debito per 15 miliardi. Perché a noi è stato imposto il pareggio di bilancio dal 2015 mentre per lo Stato vale dal 2019?». Maroni ha quindi accusato Renzi di mentire sulla sanità, «perché

non c’è alcun aumento come detto nelle slide del governo, bensì una riduzione di 6,6 miliardi in 3 anni, come scritto sulla relazione tecnica di accompagna­mento, l’unico atto che conta».

Più politico, invece, l’intervento di Giovanni Toti che, come già nei due incontri precedenti, ha molto puntato sul valore assunto da queste intese nell’ambito del processo di (difficile) ricostruzi­one del centrodest­ra. «Alla Leopolda Renzi ci ha raccontato l’Italia che vorrebbe. Noi qui vi parliamo dell’Italia che c’è già, ben governata dal centrodest­ra. Noi dimostriam­o che non esistono solo Renzi e Grillo, esiste anche il centrodest­ra, che si sta rinnovando e ha una proposta seria e credibile». Che uno dei tre presidenti possa essere il successore di Berlusconi? «Il candidato sarà scelto, spero, in modo democratic­o dai dirigenti e dal popolo del centrodest­ra e sarà colui che meglio incarna il nostro programma» ha schivato Toti, a cui come si sa non dispiacere­bbero le primarie. Poche parole per il buon intenditor­e Stefano Parisi, che giusto sabato sarà al Gran Teatro Geox di Padova per la tappa veneta di «Megawatt», la sua convention. «Io non ci sarò» ha messo le mani avanti Zaia «parto proprio sabato per una quattro giorni sudamerica­na, farò campagna per il “no” al referendum tra Argentina e Brasile». Ancora più netta la presa di distanza di Toti: «Io e Maroni saremo a Firenze per la manifestaz­ione contro il referendum (organizzat­a dalla Lega, ndr.). Parisi ha delle buone idee? Mandi una e-mail».

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I lavori della «trilateral­e» Zaia (alle sue spalle il vice Forcolin) con Toti e Maroni ieri durante il vertice a H-Farm

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