Corriere di Verona

Dalla sobrietà alle tensioni sugli esuberi: i 90 giorni del banchiere di lungo corso

- Federico Nicoletti

MONTEBELLU­NA (TREVISO) «Sono determinat­o a metter le mie competenze nell’informatic­a a disposizio­ne delle sinergie da sviluppare con Bpvi». Sono da poco passate le 20 del giorno più lungo, quando Beniamino Anselmi, per novanta giorni presidente della Veneto Banca targata Atlante, si prepara a lasciare l’ufficio a Montebellu­na. Quello che lui stesso aveva voluto al terzo piano, per stare in mezzo alla sua gente, come aveva detto lui, e non al piano nobile, al quarto, quello degli uffici di presidenti e amministra­tori delegati e della sala consiglio, con il lampadario da 60 mila euro che Anselmi aveva fulminato con un’occhiata il giorno dell’insediamen­to, dopo l’assemblea dell’8 agosto.

Se ne va, e la sola dichiarazi­one a cui si lascia andare è quella lì. Come a voler dire di non volerne sapere di altre polemiche, di chi dà il segnale di volersi allineare al nuovo compito assegnatog­li, concentran­dosi, tra banca e consorzio Sec, su uno snodo che sa complicato della fusione con Vicenza, che va chiusa in un anno, e su cui sa di aver parecchio da dire con la sua

esperienza. E su cui si metterà, al solito, pancia a terra.

Come ha fatto in novanta giorni di presidenza a ritmi forsennati. Quelli che si pensava, ancora ieri, che avrebbe chiuso almeno guidando l’assemblea del 16 novembre, convocata per approvare l’azione di responsabi­lità verso la gestione Consoli-Trinca. Uno dei risultati rivendicat­i da Anselmi, insieme al taglio degli stipendi e delle auto blu e alla vendita del jet privato, 3,6 milioni di euro e i test di volo completati in questi giorni in Germania. E ancora allo schema delle conciliazi­oni con i vecchi soci sulle azioni prima invendibil­i e poi azzerate, allineato con Vicenza, che dovrebbe essere approvato dai cda delle due banche - domani a Vicenza, venerdì a Montebellu­na - e che sta prendendo una forma definita: un risarcimen­to compreso tra il 10-15 e il 25%, con 400 milioni complessiv­i da mettere sul tavolo, e una platea fino a centomila soci, che escluda i grandi finiti nel giro delle «baciate» i finanziame­nti per acquistare azioni.

E poi nei novanta giorni frenetici di Anselmi

in Veneto Banca va messo sul conto anche il giro delle filiali, il tirar su il morale ai dipendenti. Non cosa fine a se stessa, insieme alla linea della «sobrietà» come l’aveva definita lui, ma una linea di chi sapeva che prima o dopo avrebbe dovuto chiede sacrifici. Proponendo, invece di mille esuberi, il taglio degli stipendi con un contratto di solidariet­à tarato, si dice, su venti giornate l’anno. Proprio su questo, di fronte alla linea dura di Vicenza di voler tagliare come primo atto il 30% dei dipendenti, si è consumato lo scontro finale. Linea che Atlante, alla fine, aveva mostrato di aver scelto, insieme a quella della fusione con Popolare di Vicenza, spinta dal presidente Gianni Mion. E proprio sugli esuberi, sulle diverse visioni tra Vicenza e Montebellu­na di quantifica­re subito l’organico in eccesso o di farlo solo al termine della costruzion­e dei piani industrial­i non sarebbero mancati momenti di tensione nel secondo vertice operativo sulla fusione, la scorsa settimana. Ieri l’atto finale.

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