Il tribunale concede 4 mesi a Stefanel per il concordato Trattative con un investitore
Stefanel ha quattro mesi di tempo per chiudere la partita con i creditori, ma una soluzione dovrebbe arrivare entro Natale. Ieri la società di Ponte di Piave ha incassato dal tribunale di Treviso, al quale il 2 novembre era stata fatta istanza di concordato preventivo, la concessione di un termine che scade il 6 marzo 2017 per avanzare un piano. Ossia un accomodamento dei propri dissesti finanziari attraverso l’ingresso nel capitale di un investitore, scelto fra una rosa di pretendenti internazionali e con il quale è in corso una trattativa. Se l’esito sarà positivo, Stefanel cederà al nuovo socio, il quale probabilmente non avrà la natura di partner industriale, una quota del gruppo che potrebbe essere facilmente maggioritaria. In caso contrario non rimarrà che sottoporre
ai creditori, in primis le banche Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare, Popolare Vicenza, Veneto Banca, Bnl e Mediocredito del Friuli Venezia Giulia, una proposta tale da scongiurare il fallimento. Fino allo scadere dei 120 giorni, ad ogni modo, il patrimonio è protetto e l’azienda, si legge in una nota, «potrà proseguire in piena continuità nella propria attività commerciale».
A portare l’insegna del casual all’attuale situazione è stato un progressivo peggiorare del quadro debitorio che, alla fine di settembre, aveva toccato gli 87,4 milioni contro gli 85,5 di giugno e gli 82,9 di inizio anno. Cifre che rispecchiano il mancato adempimento della società degli accordi sottoscritti con le banche alle
quali, la scorsa estate, era stato sottoposto un nuovo piano industriale 2016-2021, riscuotendo dalle stesse una nuova apertura di fiducia per la continuità delle linee di credito.
La scorsa settimana, dunque, è maturata la scelta di Stefanel di consegnare la propria contabilità al tribunale con la conseguente preoccupazione dei dipendenti. Ansia che però è stata raffreddata l’indomani in un incontro fra le organizzazioni sindacali e l’amministratore delegato Achille Mucci, il quale ha escluso la necessità di ricorrere ad ammortizzatori sociali sia per i 130 dipendenti di Ponte di Piave sia per gli oltre 400 addetti nella rete dei negozi italiani.