Bataclan, i sopravvissuti un anno dopo
Il fidanzato di Valeria, la coppia veronese: le loro vite cambiate
Apochi giorni dall’anniversario della strage al Bataclan, gli amici che quella notte erano nel teatro con Valeria Solesin (nella foto), ma anche i familiari della ricercatrice rimasta uccisa, fanno i conti con il ricordo di quanto accaduto. Intanto la procura di Venezia invia le carte a Parigi Ritorno in campo Aristide Barraud, del Mogliano rugby
Bataclan, un anno dopo. Domenica sarà il primo anniversario dalla maledetta notte del 13 novembre 2015, quando tre terroristi vestiti di nero (Ismaël Omar Mostefaï, Samy Amimour e Foued Mohamed-Aggad) fecero irruzione nello storico teatro parigino armati di mitra, fucili a pompa e bombe a mano, e aprirono il fuoco sulle 1.500 persone che assistevano al concerto degli Eagles of Death Metal. Fu una carneficina, costata la vita a 93 innocenti.
Sul pavimento del Bataclan restò anche il corpo della ricercatrice veneziana Valeria Solesin, 28 anni, che dopo la laurea si era trasferita in Francia e aveva cominciato a collaborare con l’Ined, il centro di ricerca demografica.
Fu un dramma nazionale: forse, almeno dal punto di vista emotivo, la ferita più profonda inflitta all’Italia dal terrorismo islamico. Quella notte, al suo fianco, c’era il fidanzato Andrea Ravagnani. E con loro la sorella di lui, Chiara, e il suo ragazzo, il veronese Stefano Peretti. Quando tornarono in Italia furono sentiti dal procuratore capo dell’antiterrorismo di Venezia, Adelchi d’Ippolito.
«Sparavano ad altezza d’uomo - disse il fidanzato di Valeria nel primo di due interrogatori - sentivo i terroristi che continuavano a sparare e ci siamo stesi a terra, ero abbracciato a Valeria…». Un racconto terribile, che ha ripercorso quella notte di follia fino al momento della liberazione. «Siamo rimasti a terra, distesi. Fino a che è arrivata una testa di cuoio che mi ha battuto una mano sul corpo. Mi ha detto: “È tutto finito, alzati”».
A distanza di un anno l’inchiesta veneziana, che ipotizzava il reato di omicidio volontario aggravato dalle finalità terroristiche, si è conclusa per lasciare spazio alle autorità francesi. E lo stesso vale per l’indagine che era stata avviata dalla procura di Roma. Così è stato deciso al termine di un vertice al quale ha partecipato lo stesso d’Ippolito. Tutto il materiale raccolto, compreso quanto emerso dall’esame del corpo di Valeria e dai rilievi balistici, è già a Parigi: spetterà soltanto agli investigatori d’Oltralpe fare giustizia.
Intanto i ragazzi sopravvissuti hanno dovuto trovare la forza di ripartire. Le loro sono vite sospese, alla continua ricerca di un equilibrio tra quei ricordi drammatici e la quotidianità fatta di studi universitari, prime esperienze lavorative e uscite con gli amici. Andrea Ravagnani, ad esempio, dopo la strage è rimasto a Parigi, dove lavora, anche se torna spesso dalla sua famiglia a Dro, in Trentino. «È difficile dire come stia vivendo - spiega il padre, Corrado - mio figlio non sta bene, ma prova ad andare avanti».
Chiara, la sorella di Andrea, si è laureata alcuni mesi fa. La sua storia d’amore con Stefano Peretti ha resistito alla furia dei terroristi: vivono insieme, nella loro casa a Verona. Lei ha trovato lavoro come ricercatrice, lui è un impiegato tecnico. In questi dodici mesi si sono fatti coraggio a vicenda e chi li conosce assicura che oggi forse grazie anche all’aiuto psicologico fornito dall’Unità di crisi - sembrano finalmente sereni. Nessuno di loro, però, ha più messo piede all’XI arrondissement, dove sorge il Bataclan.
C’è poi la famiglia Solesin, anch’essa in qualche modo costretta a sopravvivere all’attentato. «Più si avvicina il 13 novembre - racconta Dario, il fratello di Valeria - e più si rivive tutto. E ogni anno sarà così, per sempre: la sua assenza ci accompagna in ogni giorno nella nostra vita». Questo ragazzo di 26 anni ha dimostrato una forza che forse neppure lui sapeva di possedere. Dopo il primo periodo, in cui aveva rallentato le attività, dal calcio al lavoro, è tornato in campo e in ufficio: «Non mi sono mai fermato davvero, per fortuna. Ogni giorno penso a lei: Valeria mi guida. Lo faceva anche prima, per me c’era sempre e mi spronava...».
Nel lungo elenco dei sopravvissuti alla notte del Bataclan, compare anche Aristide Barraud, francese che gioca come mediano d’apertura nel Rugby Mogliano. Riportò ferite da proiettile a un polmone e a un piede. Dopo diversi interventi e una lunga riabilitazione, è tornato ad allenarsi. In seguito alla strage scrisse una lettera: «Giorno dopo giorno sto riprendendo il controllo della mia vita. Non sento né rabbia né collera, solo una tristezza infinita per tutte le personne morte intorno a me».
(ha collaborato Alice D’Este)
Dario Solesin
Non mi sono mai fermato Ogni giorno penso a lei: Valeria mi guida. Più si avvicina l’anniversario più riviviamo ciò che accadde quella notte