Corriere di Verona

Taglio degli stipendi, insabbiata la legge

Regione, rispedito in Commission­e il progetto di iniziativa popolare «Zero privilegi». Il M5S: «È la casta»

- Ma. Bo.

VENEZIA Insabbiato, insieme ad una decina di altri progetti di legge di iniziativa popolare o comunale, nell’indifferen­za generale dell’aula (unica eccezione, il Movimento Cinque Stelle). E pazienza se la proposta porta in calce la firma di 5.800 cittadini veneti: se ne riparlerà più avanti, nell’anno di San Mai.

Stiamo parlando del pdl n. 7 rubricato «Zero privilegi» che gira per Palazzo Ferro Fini dal lontano 2012 (è stato ri-depositato in questa legislatur­a pochi giorni dopo le elezioni, il 17 giugno 2015) senza mai aver avuto dai consiglier­i regionali l’onore di ricevere un sì o un no. Sempliceme­nte, è sempre stato disinnesca­to con escamotage regolament­ari oscuri a chi vive fuori dal Palazzo, proprio com’è accaduto ieri, con l’ennesimo, immotivato, rinvio in commission­e Affari istituzion­ali. Si torna al «Via», come nel giro dell’oca.

Il testo, che a suo tempo fu presentato dai veronesi Mirko Moreschi, Ivo Mondini, Carlo Reggiani, Gianni Bertolini e Renzo Gasperella (c’è da credere che perfino loro ormai se ne siano scordati e abbiano abbandonat­o il plico al suo destino, barchetta di carta in un mare di scartoffie), prevede la rimodulazi­one delle indennità dei consiglier­i, l’abolizione della diaria, dell’assegno vitalizio, dell’assegno di reversibil­ità, dell’assegno di fine mandato e la vendita del parco auto e natanti. Un testo nato quando spirava forte il vento della moralizzaz­ione della politica e dell’anticastis­mo, che sicurament­e necessiter­ebbe di un aggiorname­nto visto che nel frattempo le indennità sono state limate e i vitalizi sono stati aboliti (con effetto da questa legislatur­a però, quelli già maturati non sono stati toccati se non con un piccolo contributo di solidariet­à che durerà tre anni) ma che pure meriterebb­e un minimo di consideraz­ione da parte dei consiglier­i, fosse solo per mettere la faccia in uno sonoro «no» (cosa che nessuno, da destra a sinistra, intende fare). Beninteso, non si tratta di un caso isolato. In consiglio non si ha memoria che negli ultimi dieci anni sia mai stato discusso un progetto di legge di iniziativa popolare e chissà, forse anche in Regione andrebbe valutata l’ipotesi di ritoccare l'istituto, come proposto a livello nazionale dal governo (è uno dei punti della riforma su cui si voterà il 4 dicembre): innalzamen­to delle firme necessarie per il deposito - a livello parlamenta­re passeranno da 50.000 a 150.000 - ma con l’obbligo di prevedere nei regolament­i d’aula tempi certi per la discussion­e e la deliberazi­one.

Vanno all’attacco i Cinque Stelle, col capogruppo Jacopo Berti: «La Lega e i suoi alleati non sanno più cosa inventarsi per non prendere in esame la legge sul taglio dei costi della politica. Ci troviamo di fronte alla casta che protegge la casta, giocano a ping pong con la volontà popolare e prendono in giro i cittadini perché temono di perdere i loro privilegi».

Laconica la replica di alcuni consiglier­i della Lega: «Attendiamo il referendum costituzio­nale. La riforma, se passerà, prevede già l’allineamen­to dei nostri compensi con quello del sindaco di Venezia». Vale a dire 7.159 euro al mese contro gli attuali 11.100 euro (cifre sempre al lordo). Va detto, per inciso, che pure il governator­e Luca Zaia ha depositato come primo firmatario due progetti di legge sui vitalizi e l’assegno di fine mandato. Si vedrà se anche quelli finiranno sepolti in qualche polveroso cassetto di Palazzo Ferro Fini.

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