La crisi economica, i debiti, Equitalia Fa commuovere il film che racconta il dramma dei suicidi degli imprenditori
Ottanta minuti: dalla realtà fatta di pignoramenti e cappi al collo, alla pellicola. È partita dal Veneto strozzato dalla crisi la programmazione nazionale di Cronaca di una passione, la storia – inventata, ma ispirata a fatti veri – del regista toscano Fabrizio Cattani sulla tragedia dei piccoli imprenditori che si sono tolti la vita per la crisi. Lunedì sera era in programmazione a Vicenza, al multisala Roma. «Non a caso. Questa è la terra più colpita – spiega Cattani – dei quasi 400 suicidi di questo tipo registrati in Italia dal 2012 al 2015, il 28 per cento è avvenuto in Veneto». Magistralmente interpretato da Vittorio Viviani e Valeria Ciangottini - attori di teatro prestati alla cinepresa, capaci di «reggere» in video anche lunghi primi piani e silenzi - il film, autoprodotto, è costato 70mila euro. Le riprese sono durate 18 giorni, la pellicola non è ambientata in un luogo preciso «perché potrebbe essere la provincia di un qualsiasi angolo d’Italia» precisa il regista, 49enne con alle spalle altre pellicole di denuncia sociale (tra queste Maternity Blues e Il rabdomante). Il film da sabato a lunedì sarà al cinema Lux di Asiago (Vicenza), il 15 all’Italia Eden di Montebelluna (Treviso), il 22 al Metropolis di Bassano (Vicenza) e il 25 all’Officinema di Feltre (Belluno, tutte le date su www.cronacadiunapassione.it) . Chi sicuramente non mancherà alle prossime visioni è la psicologa Emilia Laugelli, responsabile del numero verde antisuicidi della Regione Veneto: «Noi dal 2012 abbiamo seguito o seguiamo ancora 420 imprenditori veneti, veramente a rischio. Il racconto ben venga – è il plauso della psicologa – bisogna continuare a tenere alta l’attenzione». Cattani racconta la genesi del film: «L’ho chiamato Cronaca di una passione – spiega - perché si svolge come una vera cronaca. Tutte vicende reali, tratte da articoli di giornale, che ho raccolto dal 2012 in poi inserendole nella sceneggiatura». Mentre la passione è sia la dedizione al lavoro e all’onestà dei due protagonisti che il calvario, letterale, che devono patire. Giovanni e Anna sono due sessantenni, sposati da 42 anni. Lui perde il lavoro a pochi anni dalla pensione e decide di aiutare la moglie, titolare di una trattoria, che però va sempre peggio per la delocalizzazione di una vicina azienda i cui dipendenti costituivano il grosso della clientela. L’Inps scopre che la coppia, in difficoltà, pur pagando i camerieri negli ultimi tempi ha omesso di versare i contributi. Arriva Equitalia, la casa dei due coniugi va all’asta, le banche non li aiutano. I due tentano di vivere nel ristorante, poi il Comune in base a una delazione li «sfratta». Marito e moglie finiscono in una casa famiglia in stanze separate dopo una vita insieme, la trattoria chiude: vane le lettere alle autorità, inutile ogni appello. Prima di abbandonarsi entrambi al gesto estremo, tentano fino all’ultimo di conservare la dignità che hanno osservato per tutta la vita: rifiutano scorciatoie semi-illegali che qualche funzionario pubblico propone loro. «La loro storia è la storia di moltissimi piccoli imprenditori che tentano fino all’ultimo di resistere, di “lottare” per lavorare e vivere in Italia – conclude l’autore – non sono certo loro i veri disonesti». Presente alla prima al Multisala Roma anche l’ex magistrato Piero Calabrò (Sdl Centrostudi). Che, apprezzando la pellicola, ha sottolineato come per i protagonisti «nella vita reale, l’attuale riforma che prevede la cancellazione degli interessi e more nelle cartelle esattoriali di Equitalia non avrebbe risolto il problema. Servono misure più incisive – ha detto Calabrò, che in passato ha fatto scuola per una coraggiosa sentenza sull’anatocismo bancario a tutela proprio dei più deboli – del resto con altri soggetti, le società sportive, lo Stato concede dilazioni dei debiti anche molto lunghe».