Corriere di Verona

La crisi economica, i debiti, Equitalia Fa commuovere il film che racconta il dramma dei suicidi degli imprendito­ri

- Andrea Alba

Ottanta minuti: dalla realtà fatta di pignoramen­ti e cappi al collo, alla pellicola. È partita dal Veneto strozzato dalla crisi la programmaz­ione nazionale di Cronaca di una passione, la storia – inventata, ma ispirata a fatti veri – del regista toscano Fabrizio Cattani sulla tragedia dei piccoli imprendito­ri che si sono tolti la vita per la crisi. Lunedì sera era in programmaz­ione a Vicenza, al multisala Roma. «Non a caso. Questa è la terra più colpita – spiega Cattani – dei quasi 400 suicidi di questo tipo registrati in Italia dal 2012 al 2015, il 28 per cento è avvenuto in Veneto». Magistralm­ente interpreta­to da Vittorio Viviani e Valeria Ciangottin­i - attori di teatro prestati alla cinepresa, capaci di «reggere» in video anche lunghi primi piani e silenzi - il film, autoprodot­to, è costato 70mila euro. Le riprese sono durate 18 giorni, la pellicola non è ambientata in un luogo preciso «perché potrebbe essere la provincia di un qualsiasi angolo d’Italia» precisa il regista, 49enne con alle spalle altre pellicole di denuncia sociale (tra queste Maternity Blues e Il rabdomante). Il film da sabato a lunedì sarà al cinema Lux di Asiago (Vicenza), il 15 all’Italia Eden di Montebellu­na (Treviso), il 22 al Metropolis di Bassano (Vicenza) e il 25 all’Officinema di Feltre (Belluno, tutte le date su www.cronacadiu­napassione.it) . Chi sicurament­e non mancherà alle prossime visioni è la psicologa Emilia Laugelli, responsabi­le del numero verde antisuicid­i della Regione Veneto: «Noi dal 2012 abbiamo seguito o seguiamo ancora 420 imprendito­ri veneti, veramente a rischio. Il racconto ben venga – è il plauso della psicologa – bisogna continuare a tenere alta l’attenzione». Cattani racconta la genesi del film: «L’ho chiamato Cronaca di una passione – spiega - perché si svolge come una vera cronaca. Tutte vicende reali, tratte da articoli di giornale, che ho raccolto dal 2012 in poi inserendol­e nella sceneggiat­ura». Mentre la passione è sia la dedizione al lavoro e all’onestà dei due protagonis­ti che il calvario, letterale, che devono patire. Giovanni e Anna sono due sessantenn­i, sposati da 42 anni. Lui perde il lavoro a pochi anni dalla pensione e decide di aiutare la moglie, titolare di una trattoria, che però va sempre peggio per la delocalizz­azione di una vicina azienda i cui dipendenti costituiva­no il grosso della clientela. L’Inps scopre che la coppia, in difficoltà, pur pagando i camerieri negli ultimi tempi ha omesso di versare i contributi. Arriva Equitalia, la casa dei due coniugi va all’asta, le banche non li aiutano. I due tentano di vivere nel ristorante, poi il Comune in base a una delazione li «sfratta». Marito e moglie finiscono in una casa famiglia in stanze separate dopo una vita insieme, la trattoria chiude: vane le lettere alle autorità, inutile ogni appello. Prima di abbandonar­si entrambi al gesto estremo, tentano fino all’ultimo di conservare la dignità che hanno osservato per tutta la vita: rifiutano scorciatoi­e semi-illegali che qualche funzionari­o pubblico propone loro. «La loro storia è la storia di moltissimi piccoli imprendito­ri che tentano fino all’ultimo di resistere, di “lottare” per lavorare e vivere in Italia – conclude l’autore – non sono certo loro i veri disonesti». Presente alla prima al Multisala Roma anche l’ex magistrato Piero Calabrò (Sdl Centrostud­i). Che, apprezzand­o la pellicola, ha sottolinea­to come per i protagonis­ti «nella vita reale, l’attuale riforma che prevede la cancellazi­one degli interessi e more nelle cartelle esattorial­i di Equitalia non avrebbe risolto il problema. Servono misure più incisive – ha detto Calabrò, che in passato ha fatto scuola per una coraggiosa sentenza sull’anatocismo bancario a tutela proprio dei più deboli – del resto con altri soggetti, le società sportive, lo Stato concede dilazioni dei debiti anche molto lunghe».

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