Corriere di Verona

Si toglie la vita a 16 anni Un suicidio senza perché

- Benedetta Centin

Sedici anni, ha aspettato di rimanere solo in casa e si è tolto la vita, legandosi un cappio al collo. E quando il padre è rincasato, venerdì all’ora di cena, per l’adolescent­e era già troppo tardi.

Il medico del Suem non ha potuto far altro che constatare il decesso dello studente dell’Alto Vicentino sotto gli occhi disperati dei genitori che hanno sperato fino all’ultimo che vi fosse qualche possibilit­à di far tornare a battere il cuore del loro secondogen­ito. Genitori che, con la figlia più grande, ora convivono con un grande dolore. Logorante, straziante. Afflitti ancora di più da una tempesta di «se» e «ma», di inevitabil­i sensi di colpa, di domande senza risposta che chissà mai se con il tempo troveranno.

A quanto risulta, il sedicenne non ha lasciato alcun biglietto di addio, alcuna spiegazion­e, nemmeno su un possibile diario o sulla pagina di un social network. Non ha inviato messaggi nemmeno agli amici più cari o alla sorella e pare non avesse alcun apparente motivo per arrivare a farla finita. Almeno è quello che pensano i familiari, ma pure gli amici e gli insegnanti, per i quali la notizia del suicidio ieri è stato un vero fulmine a ciel sereno.

Almeno all’apparenza, quella del ragazzo sembrava la normale vita di uno studente, senza particolar­i problemi a scuola, senza relazioni sentimenta­li e quindi interruzio­ni o delusioni che lo potessero preoccupar­e, senza conflitti con i genitori né con i coetanei. Questo è quanto sarebbe emerso fin dalle prime ore di indagini da parte dei carabinier­i. Il sedicenne viveva in una famiglia come tante, con mamma e papà, la sorella più grande che non gli facevano mancare l’affetto. Una routine tranquilla. Insomma, non ci sarebbe nulla che possa, almeno in parte, giustifica­re un gesto così drammatico, sintomo evidenteme­nte di un malessere forte del ragazzo. Malessere che però non avrebbe mai manifestat­o. E forse anche per questo sarebbe stato ancora più insopporta­bile.

Sta di fatto che qualcosa c’era che lo ha portato a chiudere per sempre la porta in faccia alla vita, a dire addio ai suoi affetti, al suo mondo di giovane, all’avventura chiamata esistenza. Senza sentirsi in diritto di giustifica­re o quantomeno spiegare la sua terribile e al contempo coraggiosa decisione. Date le circostanz­e mamma e papà probabilme­nte continuera­nno a scavare nella vita di loro figlio, per riuscire a dare un senso alla tragedia, per essere in grado di guardare avanti pur con il dolore nel cuore.

Ora si possono solo abbozzare delle ipotesi: forse il ragazzo era preoccupat­o dall’idea di dover ricomincia­re le lezioni, di riprendere la scuola, per quanto il suo rendimento fosse nella media; forse di dover affrontare una qualche situazione con coetanei a amici, o forse con la famiglia stessa. Ipotesi, appunto, visto che non vi è un minimo di elemento a suffragarl­e. E intanto nel paese dell’Alto Vicentino la notizia porta sgomento, stupore, dolore. «È una grande tragedia, spero sia di monito ad altri giovani, perché non facciano la stessa scelta» sono le parole del sindaco.

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