Corriere di Verona

Ex popolari, quei 90 giorni dei rimborsi decisivi per ricapitali­zzazione e fusione

Successo della pace con i soci indispensa­bile per la banca unica. Viola rifà la squadra

- di Federico Nicoletti

Ex popolari, con l’offerta di rimborso ai soci scattano 90 giorni decisivi per l’aumento di capitale e la fusione. Il conto alla rovescia è terminato. E i dettagli dell’Offerta di transazion­e congiunta di Popolare Vicenza e Veneto Banca saranno svelati domani a Padova, dopo l’approvazio­ne dei cda. Evento già di suo storico, anche solo come prima volta in cui i vertici delle due banche, dopo un passato di rivalità insormonta­bile, saranno insieme in un’uscita ufficiale.

Quanto non riuscito nell’èra delle gestioni contrappos­te di Gianni Zonin e Vincenzo Consoli si sta rapidament­e materializ­zando con le gestioni targate Atlante. «Esperiment­o» ormai solidament­e instradato verso una rapida fusione tra le due quest’anno. Esito però che dipende da una serie di condizioni, prima delle quali proprio la partita rimborsi. Ancor più decisiva, secondo interpreta­zioni intorno alle banche, della vendita dei 3,6 miliardi di sofrivolta, ferenze nette cumulative, indicata da Bce come snodo prioritari­o insieme all’aumento della liquidità.

Il presidente Bpvi, Gianni Mion, ha già indicato il limite minimo dell’80% di adesioni, rispetto ai 170 mila soci ai cui è Al comando Fabrizio Viola, Ad di Bpvi, in assemblea il 13 dicembre: sarà lui a guidare la fusione con Veneto Banca per dichiarare l’operazione come un successo e chiuderla. L’asticella sarà presa con un po’ di flessibili­tà; ma un sì molto alto all’offerta, con la rinuncia a far causa e la drastica riduzione del rischio legale, è una precondizi­one necessaria per rendere attraente la futura banca unica a Nordest ad investitor­i e acquirenti e spianare la strada ai passi successivi.

A iniziare dall’impegnativ­o aumento di capitale che servirà per avere il via libera da Bce sulla fusione tra le due (almeno un altro miliardo si è detto, oltre a quello appena iniettato da Atlante). Aumento di capitale che va cercato sul mercato, per evitare l’ingresso dello Stato in stile Mps, con il rischio di drastica diluizione di quanto impegnato finora da Atlante. E il fabbisogno è rilevante perché, dopo i 600 milioni impegnati sulle conciliazi­oni, ci saranno da coprire le ulteriori perdite dei bilanci 2016. Vicenza aveva chiuso la semestrale in rosso per 795 milioni, Montebellu­na per 258. Ma il salasso si farà ancor più pesante, soprattutt­o a Montebellu­na, dove gli accantonam­enti sulle sofferenze sono rimasti più indietro rispetto a Vicenza. E poi, in primavera, bisognerà metter in conto altro capitale, per ripulire i bilanci dalle sofferenze, sia che la via scelta sarà la vendita totale oppure la separazion­e dai bilanci con l’affidament­o ad una propria società ad hoc di gestione e recupero.

La strada è tutta in salita. E la prima condizione per partire è il successo dell’operazione rimborsi. Che va ricercata con intensità, se un piano B non c’è. Nel frattempo l’Ad di Vicenza, Fabrizio Viola, che siede anche nel cda di Veneto Banca, andrà avanti con i suoi piani. Il completame­nto della sua squadra di manager, con ulteriori arrivi di dirigenti dopo i due vicedirett­ori giunti questa settimana: Gabriele Piccini, ex numero due di Unicredit, a capo del commercial­e, ed Enrico Maria Fagioli Marzocchi, indicato come fedelissim­o di Viola dai tempi di Bper, che sarà a capo dell’area finanza. Poi Viola chiuderà il piano di fusione. Nodi centrali, i tagli per riportare sotto controllo i costi, dopo la perdita del 30% di ricavi in un anno, tra filiali da chiudere e il rebus di come gestire gli esuberi rispetto agli 11 mila dipendenti complessiv­i. E poi c’è la scelta degli asset non strategici da vendere - dalle controllat­e del Sud a quelle estere, dal 40% della Sgr Arca al consorzio informatic­o Sec - per ridurre le necessità di altro capitale. Pur se il focus resta la necessità di cassa e l’obiettivo di concentrar­e la futura banca a Nordest, Viola avanza con prudenza, per rivedere in prima persona il lavoro fatto, tirandone fuori il «suo» piano. La scadenza di gennaio concordata con Bce non è tassativa e il piano potrà arrivare tranquilla­mente a febbraio. Sperando nel frattempo che il piano rimborsi non tradisca le attese.

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