Ex popolari, quei 90 giorni dei rimborsi decisivi per ricapitalizzazione e fusione
Successo della pace con i soci indispensabile per la banca unica. Viola rifà la squadra
Ex popolari, con l’offerta di rimborso ai soci scattano 90 giorni decisivi per l’aumento di capitale e la fusione. Il conto alla rovescia è terminato. E i dettagli dell’Offerta di transazione congiunta di Popolare Vicenza e Veneto Banca saranno svelati domani a Padova, dopo l’approvazione dei cda. Evento già di suo storico, anche solo come prima volta in cui i vertici delle due banche, dopo un passato di rivalità insormontabile, saranno insieme in un’uscita ufficiale.
Quanto non riuscito nell’èra delle gestioni contrapposte di Gianni Zonin e Vincenzo Consoli si sta rapidamente materializzando con le gestioni targate Atlante. «Esperimento» ormai solidamente instradato verso una rapida fusione tra le due quest’anno. Esito però che dipende da una serie di condizioni, prima delle quali proprio la partita rimborsi. Ancor più decisiva, secondo interpretazioni intorno alle banche, della vendita dei 3,6 miliardi di sofrivolta, ferenze nette cumulative, indicata da Bce come snodo prioritario insieme all’aumento della liquidità.
Il presidente Bpvi, Gianni Mion, ha già indicato il limite minimo dell’80% di adesioni, rispetto ai 170 mila soci ai cui è Al comando Fabrizio Viola, Ad di Bpvi, in assemblea il 13 dicembre: sarà lui a guidare la fusione con Veneto Banca per dichiarare l’operazione come un successo e chiuderla. L’asticella sarà presa con un po’ di flessibilità; ma un sì molto alto all’offerta, con la rinuncia a far causa e la drastica riduzione del rischio legale, è una precondizione necessaria per rendere attraente la futura banca unica a Nordest ad investitori e acquirenti e spianare la strada ai passi successivi.
A iniziare dall’impegnativo aumento di capitale che servirà per avere il via libera da Bce sulla fusione tra le due (almeno un altro miliardo si è detto, oltre a quello appena iniettato da Atlante). Aumento di capitale che va cercato sul mercato, per evitare l’ingresso dello Stato in stile Mps, con il rischio di drastica diluizione di quanto impegnato finora da Atlante. E il fabbisogno è rilevante perché, dopo i 600 milioni impegnati sulle conciliazioni, ci saranno da coprire le ulteriori perdite dei bilanci 2016. Vicenza aveva chiuso la semestrale in rosso per 795 milioni, Montebelluna per 258. Ma il salasso si farà ancor più pesante, soprattutto a Montebelluna, dove gli accantonamenti sulle sofferenze sono rimasti più indietro rispetto a Vicenza. E poi, in primavera, bisognerà metter in conto altro capitale, per ripulire i bilanci dalle sofferenze, sia che la via scelta sarà la vendita totale oppure la separazione dai bilanci con l’affidamento ad una propria società ad hoc di gestione e recupero.
La strada è tutta in salita. E la prima condizione per partire è il successo dell’operazione rimborsi. Che va ricercata con intensità, se un piano B non c’è. Nel frattempo l’Ad di Vicenza, Fabrizio Viola, che siede anche nel cda di Veneto Banca, andrà avanti con i suoi piani. Il completamento della sua squadra di manager, con ulteriori arrivi di dirigenti dopo i due vicedirettori giunti questa settimana: Gabriele Piccini, ex numero due di Unicredit, a capo del commerciale, ed Enrico Maria Fagioli Marzocchi, indicato come fedelissimo di Viola dai tempi di Bper, che sarà a capo dell’area finanza. Poi Viola chiuderà il piano di fusione. Nodi centrali, i tagli per riportare sotto controllo i costi, dopo la perdita del 30% di ricavi in un anno, tra filiali da chiudere e il rebus di come gestire gli esuberi rispetto agli 11 mila dipendenti complessivi. E poi c’è la scelta degli asset non strategici da vendere - dalle controllate del Sud a quelle estere, dal 40% della Sgr Arca al consorzio informatico Sec - per ridurre le necessità di altro capitale. Pur se il focus resta la necessità di cassa e l’obiettivo di concentrare la futura banca a Nordest, Viola avanza con prudenza, per rivedere in prima persona il lavoro fatto, tirandone fuori il «suo» piano. La scadenza di gennaio concordata con Bce non è tassativa e il piano potrà arrivare tranquillamente a febbraio. Sperando nel frattempo che il piano rimborsi non tradisca le attese.