Corriere di Verona

Malati o in permesso, 3mila prof via dal Veneto

Assegnata la cattedra, tornano a casa, soprattutt­o al Sud. Istituti costretti a continue supplenze, i genitori protestano

- D’Este

Oltre tremila docenti tra quelli che erano stati assegnati per quest’anno al Veneto da altre zone d’Italia hanno poi «fatto le valigie» per rientrare nelle regioni di provenienz­a. Risultato: il Veneto è rimasto a corto di insegnanti a scuola iniziata e ha dovuto coprire i buchi con le supplenze. Genitori e dirigenti scolastici esasperati. I sindacati: norme da cambiare.

Per chiarire il fenomeno basterebbe­ro anche solo «i numeri». Ben più di tremila docenti tra quelli che erano stati assegnati per quest’anno al Veneto da altre zone d’Italia hanno poi «fatto le valigie» per rientrare nelle regioni di provenienz­a.

In alcuni casi in modo definitivo, in altri con assegnazio­ni provvisori­e, o richieste temporanee legate a permessi per malattia, legge 104 (familiare con disabilità), avviciname­nto per figli piccoli. Risultato? Il Veneto è rimasto a corto di insegnanti a scuola iniziata e ha dovuto coprire i buchi con le supplenze. Questi però sono solo i dati. La situazione, complessa ben oltre il limite, esasperant­e per studenti, famiglie e scuole, diventa più chiara se si scelgono alcuni esempi, toccando con mano sul territorio cos’ha comportato questa contro-migrazione.

Rachele Scandella è preside in diverse scuole del veneziano. «Alle Giulio Cesare (elementare di Mestre ndr) per una situazione di questo tipo sono stata costretta a nominare sette diverse supplenti in tre mesi per lo stesso posto – dice – l’insegnante ha preso diversi periodi di malattia. Poi rientrava per pochi giorni. Ad ogni rientro io dovevo licenziare la supplente in carica salvo poi doverne cercare un’altra quando l’insegnante titolare tornava in malattia». Questo è il caso limite che ha costretto 25 bambini, nell’età in cui si imparano i fondamenti di tutte le discipline, hanno cambiato sette insegnanti in tre mesi. Ma alla Giulio Cesare è successo con quasi tutti i docenti che erano stati trasferiti nella scuola da altre regioni. E’ andata meglio ai loro compagni, che hanno cambiato «solo» tre supplenti o quattro. Ma su dodici maestre «in arrivo» alla fine dei giochi ne sono rimaste a Mestre solo due.

Stessa situazione anche all’alberghier­o Musatti di Dolo: lì su 11 docenti arrivati solo 2 sono rimasti, gli altri hanno chiesto assegnazio­ni provvisori­e altrove o sono rimasti a casa in malattia. «Un insegnante è a casa già dal primo settembre – dice Scandella – io non voglio discutere delle loro ragioni personali se si muovono entro i limiti di legge ma penso che dovrebbe esserci chiarezza almeno nella comunicazi­one con i presidi. E invece no. Tutti questi docenti continuano a ripeterci che “torneranno”. Poi, 24 ore dopo arriva il certificat­o di malattia».

Secondo i dati diffusi dal dossier di «Tuttoscuol­a» in Italia sono stati 207 mila i docenti trasferiti nel 2016. Di questi 72 mila sono stati assegnati ad ambiti territoria­li. Il 74% di loro proviene dal sud. Tuttoscuol­a stima che il 4045% di loro, 55-60 mila insegnanti in tutta Italia, abbia lasciato le cattedre al centro nord per tornare a casa. Creando così la necessità di nuove supplenze. E infatti i conti del Veneto per le supplenze richieste dopo l’inizio dell’anno (e dunque provenient­i al 99% da posti liberati) parlano di ben 4769 supplenze per il 2016 (di cui 2782 normali, 1987 per sostegno) e quindi gli «abbandoni» potrebbero anche essere di più. «Come funziona nella pratica? Semplice – dice Gianni Zen preside del Brocchi di Bassano – chiedono aspettativ­a. Tu cerchi un supplente. Poi loro tornano in servizio 3 giorni magari quando la scuola è chiusa. A me è successo in due casi con due docenti provenient­i da altre regioni durante le vacanze di Natale. L’ho trovato irrispetto­so e quindi ho chiesto loro di presentars­i a scuola in quei giorni. Di tutta risposta mi è arrivata una diffida del sindacato con la minaccia di percorrere le vie legali. Io non amo i conflitti ma il problema riguarda i ragazzi. Come possono imparare in una situazione così?». «Io sono stato fortunato, da me su 19 sono rimasti in 7 - scherza Ilario Ierace, preside dell’alberghier­o Cornaro di Jesolo – il problema è semplice: non c’era corrispond­enza tra i posti, che erano in prevalenza al Nord e gli insegnanti, che erano in prevalenza al Sud. Le persone per avere un posto fisso hanno accettato, poi chi ha potuto è tornato indietro. Così noi ci siamo trovati a gestire cattedre vuote ad ottobre». «L’errore a monte è stato estendere a tutta Italia le assunzioni – dice Giovanni Giordano dello Snals di Venezia – se c’è la possibilit­à di scegliere se rimanere a mille chilometri di distanza o di tornare a casa chiunque farebbe la stessa cosa». Una situazione insostenib­ile questa, che potrebbe perfino aggravarsi con l’ipotesi, discussa in questi giorni della Ministra dell’istruzione Valeria Fedeli, della cancellazi­one dell’obbligo di rimanere 3 anni nella stessa regione dopo l’assunzione. «Togliere il vincolo è giusto – dice invece Sandra Biolo, neoeletta segretaria regionale scuola Cisl – questa normativa nasce per chi ha veramente bisogno di avvicinars­i a casa. A monte andrebbero cambiate le norme sulle assunzioni, impedendo situazioni di questo tipo che colpiscono solo gli alunni».

Scandella (preside) L’insegnante era malato, rientrava, tornava malato, rientrava. Per sette volte. E ho dovuto nominare sette diverse supplenti

Zen (Preside) Due prof sono rientrati apposta a Natale con la scuola chiusa per poi tornare in malattia. Ho protestato e i sindacati mi hanno minacciato

Giordano (Snals) L’errore è estendere il raggio delle nomine. Se uno può scegliere se andare a 1000 chilometri di distanza o stare sotto casa per voi che fa?

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