Profughi, tocca ai Comuni del no «Ma non abbiamo le strutture»
NEL VERONESE 49 CENTRI INTERESSATI
Accoglienza diffusa. Il Viminale detta la linea: stop agli arrivi in Veneto, ma richiedenti asilo distribuiti in maniera graduale sul territorio, Comune per Comune. A Verona sono 49 quelli che ad oggi non ospitano nemmeno un profugo. Il prefetto Mulas è pronto a incontrare i sindaci che si lamentano: «Non abbiamo strutture a disposizione». Nel mirino le modalità di gestione.
La linea, da sempre, è quella del «dialogo e condivisione con gli amministratori locali, nostri primi interlocutori». E anche nei prossimi giorni il prefetto Salvatore Mulas lo ribadirà ai 98 sindaci veronesi.
Dopo il vertice veneziano di martedì sera con il capo del dipartimento immigrazione del Viminale, Mario Morcone, la prefettura scaligera ha infatti organizzato una serie di incontri con i primi cittadini scaligeri per mettere in pratica il piano di ridistribuzione graduale dei richiedenti asilo sul territorio. All’orizzonte si prevedono infatti novità anche per quel che riguarda la provincia scaligera dove, al momento, sono ospitati 2.641 richiedenti asilo. Perché fino ad oggi, secondo i dati forniti dalla prefettura, sono stati solo 49 i Comuni che hanno dovuto affrontare il fenomeno dell’immigrazione dovuta agli sbarchi. E per l’altra metà delle amministrazioni, sono previsti cosiddetti «vincoli di obbligatorietà». «Piccoli gruppi, ma ovunque», per sintetizzare quello che potrebbe essere il nuovo slogan del Viminale.
Linea che lascia qualche dubbio all’Anci regionale, come ricorda il vicepresidente (e sindaco di Valeggio) Angelo Tosoni, presente alla riunione veneziana di martedì: «Il piano è stato redatto a livello nazionale e noi non siamo stati interpellati – spiega -. In linea di massima, abbiamo fatto presente la nostra contrarietà perché sono coinvolti anche quei paesi piccoli che non hanno nemmeno dipendenti comunali: ci è stato risposto di puntare sulle unioni, aggregazioni di singole amministrazioni che prendano in affitto uno stabile e lo gestiscano insieme.
Ma ricordo che per creare un’unione, ci si impiega almeno un anno e poi non è che siano sempre rose e fiori».
Un’occhiata alla mappa dell’accoglienza veronese mette in risalto le zone fino ad ora risparmiate: su tutte il lago di Garda e la Lessinia. «Li vogliono mettere da noi? Io personalmente non ho strutture: sono stato costretto a ridurre il mio ufficio per poter creare una sala d’aspetto in Comune sbotta Italo Bonomi, primo cittadino di San Mauro di Saline -. Se i privati li vogliono, quelli poi si arrangiano, ma io come amministrazione non ho fondi per poterli gestire».
Da Est a Ovest, è proprio la gestione dei richiedenti asilo a turbare i sonni degli amministratori. «Anche noi non abbiamo strutture pubbliche da mettere a disposizione - ragiona Roberto Zorzi, di Sant’Ambrogio di Valpolicella -. Personalmente non credo che arriveremo alle barricate, ma il problema è quello della gestione: queste persone non possono rimanere un anno o più senza fare nulla. Se poi risulta che non hanno diritto alla protezione internazionale, rimangono in paese e gravano sulle situazioni di disagio che già dobbiamo affrontare».
Sul lago, a Lazise, il sindaco Luca Sebastiano auspica che «tutte queste persone siano poi impiegate in lavori utili alla comunità». A Pescantina, il primo cittadino Luigi Cadura ha già sperimentato sulla propria pelle le polemiche relative al presunto arrivo (poi sfumato per la rinuncia da parte del privato) di migranti: «Abbiamo creato un gruppo di lavoro con le varie realtà sociali del territorio per poter realizzare progetti. Lo Sprar? Noi non abbiamo le strutture per attuarlo, ma siamo dell’idea che l’accoglienza non possa essere un mero “parcheggio” per i profughi: vanno coinvolti nella società». A Sona, il primo cittadino Gianluigi Mazzi propone una linea: «Occorrerebbe ragionare per “reti di Comuni”, cercando arrivare a un’unica linea condivisa e coordinata e per dare un vero e proprio appoggio alle altre amministrazioni che stanno già affrontando la questione».
Ma in attesa degli incontri con il prefetto, tra i sindaci serpeggia un incubo: «Mai requisizioni». E Tosoni, reduce dal vertice veneziano, mette in guardia: «Non so ancora come, ma sicuramente partiranno da quei Comuni in cui esistono strutture demaniali dismesse, ma rapidamente recuperabili per ospitare migranti».