Il tempio del rugby può attendere con la Variante
L’ambizione di vedere Verona diventare il centro all’avanguardia, in Veneto, per l’impiantistica del rugby, non appare più così utopistico. Ma si scontra, a breve, con i tempi e le tensioni della politica. C’è un progetto per sviluppare nell’area che va dalla Spianà a San Massimo dei campi con uno stadio riservato alla palla ovale. Al momento è una manifestazione d’interesse nell’ambito della cosiddetta Variante 22 al piano urbanistico, ferma in commissione e - visti i chiari di luna forse destinata a trasformarsi in eredità per la prossima amministrazione. Comunque l’iniziativa c’è e scalda i cuori degli appassionati. «Si tratta di un intervento con investimenti privati e in un’area privata», spiega l’assessore comunale allo sport, Alberto Bozza. L’idea è stata presentata dal Verona Rugby, la società che si è formata l’anno scorso, integrando la struttura del leggendario Cus. Raffaella Vittadello, titolare della società e amministratore delegato della Payanini srl, una delle aziende leader del territorio nel settore dei marmi, mira a fare di Verona un fulcro a livello nazionale del movimento. E se la squadra è stata rafforzata e insegue il salto dalla Serie A all’Eccellenza, di pari passo vanno i programmi per creare una cittadella del rugby: «L’intervento avrebbe una consistente ricaduta sociale», aggiunge l’assessore Bozza. Il nodo è quindi di natura burocratica, legato all’approvazione della Variante 22. Se a sorpresa dovesse esserci un esito positivo prima delle elezioni comunali, la realizzazione degli impianti comincerebbe già nel 2017. E se l’operazione venisse completata, l’ipotesi conseguente sarebbe quella di una revisione dell’area di Parona, in via della Diga, in cui, attualmente, si trovano i campi su cui gioca il Verona Rugby, che andrebbero verso una nuova destinazione d’uso. (m.f.)