Fenomeno badanti, +400% in dieci anni
Esplosione di contratti, senza contare il lavoro in nero. Proiezioni in ulteriore rialzo
Una indagine della Fondazione Moressa per conto di Domina, l’associazione delle famiglie datori di lavoro, certifica il boom di questi anni: le badanti sono cresciute a Verona di oltre il 400% dal 2006 al 2015, ultimo anno disponibile per le statistiche Inps. Un fenomeno anche sottostimato, perché non tiene conto del lavoro in nero, molto presente in questo ambito. E le proiezioni al 2030 parlano di un fabbisogno crescente, con costi per le famiglie esorbitanti.
VERONA Immaginate per un attimo cosa succederebbe se, d’incanto, da queste parti sparissero improvvisamente tutti gli immigrati stranieri, un po’ come si fantasticava nel film «Cose dell’altro mondo» di qualche anno fa. Qualcuno se ne rallegrerebbe, molti scoprirebbero una montagna di problemi: fabbriche di ogni tipo, stalle in campagna, cantieri e ristoranti farebbero fatica ad andare avanti. Ma c’è una categoria che, sopra ogni altra, cadrebbe nella disperazione: le famiglie che hanno affidato la vita dei loro anziani o disabili a una badante. Che questa sorta di welfare sostitutivo sia cresciuta per quantità e impatto sociale è evidente da anni, e tanti di noi ne fanno esperienza personale. Però fa ugualmente una certa impressione scorrere i numeri che la Fondazione Moressa ha recentemente elaborato con Domina, l’associazione nazionale della famiglie datori di lavoro domestico. In provincia di Verona le badanti sono passate dalle 1.093 unità del 2006 alle 5.816 del 2015, ultimo anno disponibile per le statistiche dell’Inps. In termini percentuali, parliamo del 432,1% in più. Un dato mostruoso, in linea con altre città del Nordest (vedi Padova) ma ben sopra la media nazionale. Sempre a Verona il totale dei contratti per il lavoro domestico - che comprendono anche quelli delle colf - ha avuto un incremento robusto, però siamo assai lontani da quei tassi di crescita: +109,9% nello stesso periodo. Ne consegue il (quasi) rovesciamento dei pesi: se nel 2005 le badanti rappresentavano il 17,4% del totale del lavoro domestico nel Veronese, ora siamo a quasi la metà, il 44,1% nel 2015.
Fondazione Moressa e Domina hanno poi diffuso la stima sul fabbisogno di queste figure da qui al 2030, immaginando che il rapporto attuale tra la presenza di badanti e il numero di anziani over 75 sul territorio rimanga costante. Ebbene, sulla base dei calcoli Istat relativi all’invecchiamento della popolazione, fra 13 anni ci sarà necessità di oltre 7.600 badanti in provincia di Verona, di circa 42 mila in Veneto, di 470 mila in tutto il Paese. Bisogna sottolineare che tutti questi numeri, a cominciare dalla fotografia attuale, si riferiscono ai rapporti di lavoro ufficiali e contrattualizzati. Quindi, manca all’appello la fetta dei pagamenti in nero, che nel lavoro domestico è tanto, ma tanto grossa. Massimo De Luca di Domina ne dà una dimensione a livello nazionale: «A fronte di 8-900 mila posizioni Inps, stimiamo due milioni di persone impiegate nel settore». Nel Veronese il peso del sommerso forse un po’ si abbassa (non c’è una stima provinciale) come dimostra indirettamente il successo della sanatoria avvenuta nel 2012, che contribuisce al boom decennale. «L’evasione contributiva non era oggetto dell’indagine - premette Chiara Tronchin della Fondazione Moressa - e non possiamo dare numeri in questo senso. Ci pare di capire comunque che negli ultimi anni il fenomeno riguardi più un’area di lavoro grigio». De Luca spiega nel dettaglio: «Se il contratto standard rimane quello della badante convivente a 54 ore la settimana, con vitto e alloggio compresi, molte famiglie hanno la tendenza a dichiarare un impiego inferiore, nell’intento di alleggerire i contributi da versare».
Questo mestiere è occupato in buona parte dalle straniere, anche se le italiane sono in numero significativo. Sul piano nazionale, queste ultime rappresentano il 19%, mentre le donne dell’Europa dell’Est restano dominanti (60,7%) anche se in calo rispetto al 2005. «Per il Veneto il fenomeno nuovo - spiega Vittorio Filippi, sociologo ed editorialista del nostro giornale - è quello rappresentato dalle filippine, presenti tradizionalmente in altre zone d’Italia ma non da noi, e delle africane, specie quelle provenienti dalla zona centrale, non musulmana, del continente. La religione cristiana facilita il rapporto con i nostri anziani». È emerso l’aumento delle italiane per effetto della crisi economica, ma ciò riguarda soprattuto il lavoro da colf. «Questo - aggiunge De Luca - per un banale motivo: la figura della badante full time presuppone spesso una convivenza con l’anziano, ma le italiane una famiglia e una casa già ce l’hanno, e sono meno interessate a questo tipo di rapporto».
Che sia esercitato da italiane o straniere, il mestiere è comunque in sicura ascesa. È il frutto dell’invecchiamento della popolazione, ma anche della fragilità delle nostre famiglie, sempre più esigui, sempre più strette tra lavoro, incombenze personali, egoismi. «E noi di Domina abbiamo voluto fotografare il fenomeno, anche in prospettiva, perché le istituzioni si accorgano di quanti problemi dovremo affrontare nei prossimi anni. Anche economici». Le badanti alleggeriscono lo Stato dai costi di assistenza agli anziani non autosufficienti, «ma per le famiglie, visto il fabbisogno crescente, si prospetta un impegno insostenibile. Specialmente - conclude De Luca - se pensiamo al progressivo impoverimento delle pensioni».
Il fabbisogno Con la crescita degli over 75, almeno altri 1.800 contratti in più entro il 2030 Nazionalità Tornano le italiane ma soprattutto come colf E dominano ancora le donne dell’Est Europa