Il presunto jihadista: «Capisco l’odio»
L’Antiterrorismo apre un’inchiesta sul post pubblicato su Facebook. «Non l’ho scritto io»
L’Antiterrorismo ha aperto ufficialmente un’inchiesta sul messaggio comparso sulla bacheca Facebook di Hamza Benagdoul nel quale si incitava alla strage contro gli italiani. Ma il magazziniere marocchino si difende («non ho mai scritto quelle frasi») e spiazza tutti: «I messaggi d’odio comparsi sulla mia bacheca? Li posso capire, anche io odierei uno che scrive quelle cose perché mi sento italiano». Ma non cela un po’ di preoccupazione: «Quando finirà tutto?».
Da giorni la sua bacheca Facebook è una vera e propria «vetrina dell’odio». Insulti, minacce, maledizioni. Non solo nei suoi confronti ma anche contro i suoi familiari. Hamza Benagdoul, il magazziniere marocchino finito nel mirino dell’Antiterrorismo per un messaggio molto sospetto comparso sul suo profilo del social network lo scorso 12 gennaio, apre a tutti la sua abitazione, in un quartiere della prima periferia di Verona: «Non ho nulla da nascondere». E poi ti spiazza: «Quei messaggi carichi d’odio? Li capisco».
Seduto sul divano dell’appartamento che condivide con moglie e figlie, spiega meglio il concetto: «Sì, li capisco. Perché anch’io me la prenderei a morte con uno che scrive quelle cose. Sono arrivato in Italia 16 anni fa. Sto facendo le pratiche per ottenere la cittadinanza, qui ho deciso di far crescere le mie figlie e qui ho intenzione di rimanere. Io mi sento anche italiano e me la prenderei anch’io con uno che scrive quei messaggi». In rete, da giorni, circola una fotografia del suo profilo nel quale Hamza, alle 17.41 dello scorso 12 gennaio, avrebbe scritto in un italiano quasi perfetto, le seguenti parole: «Questi italiani si meritano un camion contro la folla come a Berlino». Anche il leader della Lega Nord, Matteo Salvini, ha gridato allo scandalo. Ma la procura distrettuale di Venezia, coordinata dal procuratore Adelchi d’Ippolito, aveva già aperto un’inchiesta (al momento senza alcuna iscrizione di nomi) dando incarico ai carabinieri del Ros di indagare sul magazziniere nordafricano.
«I carabinieri sono venuti qui a casa e mi hanno chiesto di seguirli in caserma. Non avevo la minima idea di quel che fosse successo. Poi mi hanno mostrato un foglio con la stampata di quel messaggio. Ma io non l’ho mai scritto, non so scrivere così bene in italiano. Al test di lingua per il rilascio del permesso di soggiorno di lunga durata sono stato bocciato. E sulla mia pagina Facebook non mi sono mai accorto di quel post terribile – spiega con voce calma -. Il 12 gennaio a quell’ora ero al lavoro, lo possono confermare anche i miei colleghi. Ho lasciato il cellulare nell’armadietto, lì non lo può aver preso nessuno. In casa abbiamo anche un tablet che usa mia moglie per far giocare le bambine e un computer: ma io non ho scritto nulla e non l’ho nemmeno cancellato da Facebook, io quel post proprio non l’ho mai visto prima di andare in caserma».
Saranno le indagini a dover chiarire chi ha digitato quelle parole. Se si sia trattato di qualcuno che voleva deliberatamente far del male ad Hamza, di un fanatico musulmano che ha scelto di forzare il suo profilo per lanciare un messaggio agli «infedeli» o di qualcuno che ha voluto mettere in cattiva luce gli islamici, scatenando una selva di proteste e polemiche. Hamza e la moglie, si augurano che la verità possa emergere al più presto. «Quando finirà tutto questo?» domandano in coro. Perché, anche se dicono di comprendere tutto quell’odio, hanno comunque destato preoccupazione in questa famiglia marocchina. «Oggi (ieri
ndr) sono andato di nuovo dai carabinieri e mi hanno detto di stare tranquillo perché si fidano di me - spiega Hamza -. Ma ho dovuto prendere due giorni di pausa dal lavoro. Sono un po’ confuso». Amici e colleghi non hanno cambiato l’atteggiamento nei suoi confronti e ieri la moglie ha accompagnato le bimbe a scuola, «come ogni giorno». Paura di ritorsioni? «Non ho mai fatto nulla di male, ho deciso di vivere qui e di far crescere qui le mie figlie. Non sono un terrorista».