Ferro-Franchetto «gemelli diversi» ancora in attesa
Il fattore «F». «F» come Massimo Ferro e Gustavo Franchetto, i «gemelli diversi» della politica veronese.
La campagna elettorale per le prossime comunali a Verona è rimasta inizialmente inchiodata dal fattore «T». «T» come «Tosi» e come «Terzo mandato», ovvero il grande sogno del sindaco uscente (o forse semplicemente la sua chimera) di poter prolungare il suo regno sulla città oltre i due mandati canonici.
Mano a mano che passano le settimane e che si avvicina il momento delle decisioni finali, c’è un nuovo crocevia attorno a cui si sta creando un singolare snodo. Lo si può chiamare il fattore «F», dai cognomi dei due protagonisti che, su opposti versanti, rappresentano le più accreditate figure di «papa straniero» del momento.
Si tratta di Massimo Ferro e Gustavo Franchetto, «gemelli diversi» della politica veronese. Entrambi si propongono il primo per il centrodestra, il secondo per il centrosinistra come possibili candidati di sintesi «fuori dai partiti» (pur essendone tutt’altro che estranei) della rispettiva area politica; entrambi hanno un profilo moderato e puntano a vincere al centro. Ma, dei due, ne resterà solo uno: perché Franchetto ha condizionato la sua disponibilità a candidarsi alle primarie del centrosinistra al fatto che Ferro non sia in campo per il centrodestra.
I due si conoscono da una vita e sono amici d’infanzia. Faticano a immaginarsi avversari, figuriamoci nemici. Hanno alle spalle una militanza giovanile comune nella Democrazia Cristiana. Certo, in correnti diversi, ma il rapporto di stima in quegli anni non fa che cementarsi. E anche dopo lo sfaldamento dello Scudo Crociato, la vita dei due pare scorrere su binari paralleli.
Imprenditore sulle orme del padre Luigi, tra le altre cose editore del gruppo Athesis, Massimo Ferro ha un cursus honorum degno dell’alta borghesia cattolica della città tra prima e seconda Repubblica. Sindaco Dc di Caldiero dal ‘90 al ‘92, presidente dell’aeroporto Catullo dal ‘92 al 2000, presidente della Camera di Commercio dal ‘98 al 2001, è anche nel consiglio di amministrazione di Tele Arena nel periodo in cui il direttore dell’emittente è proprio l’amico Gustavo Franchetto. Nel 2000 il giornalista lascia l’incarico per entrare in politica e viene eletto in consiglio regionale con la lista dell’allora candidato governatore del centrosinistra, Massimo Cacciari. Ferro, l’anno successivo, viene candidato da Forza Italia alle elezioni politiche e viene eletto alla Camera dei deputati.
Per un certo periodo, in quegli anni, Franchetto diventa una sorta di «star» del centrosinistra veronese specialmente dopo che, nel 2004, sfiora l’impresa di diventare presidente di una Provincia di Verona ritenuto feudo inespugnabile di Forza Italia e Lega Nord. Nel 2005, viene rieletto in pompa magna in Regione, con l’Ulivo. Franchetto aderisce alla Margherita e poi al Pd, ma nel 2008 rompe e passa all’Italia dei Valori, con cui fallisce l’assalto a un seggio all’Europarlamento nel 2009, ma non la riconferma in consiglio regionale nel 2010. Poi, all’implosione dell’IdV, si accasa per breve tempo in una formazione centrista e, alla scadenza del suo terzo mandato nel 2015, esce sostanzialmente di scena, fino al momento in cui esponenti del Partito democratico come il deputato Vincenzo D’Arienzo e l’ex consigliere regionale Franco Bonfante gli chiedono di scendere in campo per le amministrative.
E Ferro? Smessi i panni di deputato nel 2006, riprende ad occuparsi in pianta stabile delle sue diverse attività imprenditoriali (in particolare la società di investimenti Finairon e il Grand Hotel di corso Porta Nuova) e colleziona una lunga sfilza di incarichi nei consigli di amministrazione di diversi istituti finanziari (tra cui il Banco Popolare). Poi, nel 2014, la Camera di Commercio lo designa suo rappresentante nel consiglio di amministrazione della Fondazione Arena, nella sua fase più turbolenta. Proprio all’allora ente lirico, Franchetto aveva cominciato la sua carriera giornalistica come capo ufficio stampa.
È solo l’ennesimo incrocio delle vite dei due e, a chiunque toccherà correre alle comunali, c’è da scommettere che non sarà l’ultimo.