Truffa sui morti: decine di parenti ingannati
Chiedeva soldi ai familiari per realizzare lapidi in marmo. Richieste di risarcimento da tutto il Nordest
Decine di vittime, nel Veronese ma anche in tutto il resto del Veneto e del Nord Italia. Famiglie che, secondo l’accusa, sarebbero cadute nel raggiro più odioso: quello riguardante la sepoltura di un loro caro defunto.
Sotto accusa a palazzo di giustizia c’è Davide Sgolmin, 45 anni, difeso dal legale Giuliana Locatelli. Deve rispondere del reato di truffa e a chiedergli i danni nel processo di cui è svolta finora solo un’udienza di fronte al giudice Paola Vacca, risulta una trentina di parti civili dall’intera regione e non solo. L’accusa da cui si deve difendere Sgorlin si ripete identica ai danni di ciascuna delle vittime che si sono costituite nei suoi confronti in aula: qualificandosi con i parenti dei defunti come «procacciatore d’affari» che operava per conto di un’azienda del settore marmoreo, l’imputato avrebbe prospettato alla vittima «di turno» la «falsa necessità» di dover versare una somma in denaro per ottenere il permesso comunale per la posa di una lapida sulla sepoltura del loro parente. Nella rete dell’inganno, in base alla ricostruzione delineata al termine delle indagini preliminari da parte del pubblico ministero Paolo Sachar, si sarebbero così ritrovati loro malgrado vedovi, genitori, figli, nipoti.
Tutte persone a cui era da poco mancato un familiare a cui erano molto vicine Oltre che della contestazione di truffa, Sgorlin deve rispondere anche dell’aggravante dell’abuso di prestazione d’opera, proprio perché per ordire la sua rete di inganni, bugie e raggiri si sarebbe spacciato per «emissario» di un’azienda specializzata nella lavorazione del marmo. Per quanto riguarda il Veronese, l’imputato avrebbe «colpito» a Zevio, Ronco all’Adige, Isola della Scala, Soave. Ma avrebbe collezionato vittime del suo presunto imbroglio anche nel Vicentino, nel Trevigiano, nel Padovano. Per due volte sarebbe inoltre «sconfinato» in Friuli Venezia Giulia e in almeno un paio di circostanze avrebbe attuato la sua truffa «sui morti» anche nel Mantovano. Stando alle vittime, le cifre che si sarebbero sentite chiedere con la finta scusa del permesso comunale necessario per poter realizzare la lapide, si sarebbero aggirate da un minimo di 200 euro fino ad oltre duemila euro. «Era molto gentile, sembrava una persona seria» lo descrivono tutte le parti lese. La prossima udienza è prevista a giugno: come si difenderà?