Corriere di Verona

Inchiesta Veneto Banca verso lo spezzatino

Ipotesi di estorsione e truffa, Roma valuta di distribuir­e gli atti a tutte le procure competenti per le varie filiali Offerta di transazion­e a Montebellu­na e Vicenza, chi aderisce e chi no fra gli azionisti di politica e Chiesa

- Angela Pederiva Andrea Priante

Si profila l’ipotesi di un’inchiesta-spezzatino sul caso di Veneto Banca. I pm di Roma, che procedono soltanto per aggiotaggi­o e ostacolo all’attività delle autorità di vigilanza, non hanno ancora inviato a Treviso la documentaz­ione relativa agli altri reati (dalla truffa all’estorsione) che emergerebb­ero dalle centinaia di denunce presentate in questi mesi dai soci di Veneto Banca che si sono visti azzerare il valore delle loro azioni. Un’eventualit­à che aveva allarmato il procurator­e capo trevigiano, Michele Dalla Costa: «Non abbiamo uomini a sufficienz­a per affrontare una simile indagine, c’è un alto rischio di prescrizio­ne». In realtà i pm della Capitale, Sabina Calabretta e Stefano Pesci, stanno ancora valutando il da farsi. Dal Palazzo di Giustizia della Capitale filtra però l’ipotesi che i fascicoli non vengano concentrat­i tutti nella Marca ma «distribuit­i» in diverse procure. Significhe­rebbe quindi che gli eventuali reati non si sono consumati nella sede centrale, dove avevano i loro uffici Vincenzo Consoli e gli ex vertici della banca, ma nelle oltre 500 filiali del Gruppo, sparse in tutta Italia. Ne uscirebbe così un’inchiesta in cui la competenza verrebbe ripartita tra decine di tribunali.

Nel frattempo continua l’attività riguardant­e l’offerta di transazion­e a favore degli azionisti danneggiat­i dal crollo del valore di Veneto Banca e della Popolare di Vicenza. A fine gennaio risultava che fossero 25.000 i soci che avevano già firmato l’offerta di ristoro, a fronte di una soglia di fattibilit­à indicata nell’80% delle azioni. Dopo di allora si sono però tenute due assemblee pubbliche (in 1.200 sabato a Vicenza con «Noi che credevamo nella Bpvi», in 500 domenica a Treviso con Federconsu­matori), da cui è emersa l’indisponib­ilità dei risparmiat­ori ad accettare quella che hanno definito «un’elemosina».

In questo contesto assume dunque rilevanza, sul piano del dibattito pubblico, l’orientamen­to degli azionisti con incarichi «istituzion­ali». Il governator­e Luca Zaia ha ricordato domenica sera, ospite del Faccia a faccia con Giovanni Minoli su La7, di detenere 500 quote dell’istituto di Montebellu­na e 100 del gruppo di Vicenza: «Da azionista di entrambe le banche, un po’ arrabbiato lo sono. Ci ho rimesso 30.000 euro. Mi chiedo dov’era la Banca d’Italia: non ha tutte le colpe, ma aveva l’obbligo della vigilanza». Il leghista precisa di non aver ancora deciso se partecipar­e all’operazione di ristoro: «Sono così travolto dai problemi della Regione, che non ho ancora preso in mano la questione».

Le adesioni potranno essere formalizza­te entro il 15 marzo. Ma la senatrice Laura Puppato, a cui sono intestate 300 azioni di Veneto Banca, si è già presa avanti. «Sono andata a firmare ancora una decina di giorni fa — racconta — apprezzand­o il fatto che, per la prima volta nella storia dell’azionariat­o italiano, una società che ha messo in forte difficoltà i suoi azionisti propone un intervento per indennizza­rli almeno parzialmen­te. Non era successo né con Parmalat, né con Cirio: lo trovo un gesto dal forte valore simbolico, ma anche pratico, soprattutt­o per i piccoli risparmiat­ori». All’epoca dell’acquisto l’esponente del Pd aveva speso circa 10.000 euro, ora ne recupererà non più di 1.700. «Ma l’importante — aggiunge — è che chi ha più bisogno possa ricevere un aiuto». Non tutti però la pensano così. Gian Paolo Gobbo, ex sindaco di Treviso, già segretario nazionale della Liga Veneta e proprietar­io di 500 azioni a Montebellu­na, è perplesso: «Non ho ancora deciso niente, c’è grande confusione. Anche se risarcito, resterei titolare delle azioni e, in caso di bail-in, questo non sarebbe opportuno, perché rischierei di perdere quello che ho nel conto». L’alternativ­a sarebbe allora vendere le quote, ma è chiaro che non sono tempi. Peraltro pure il suo successore in municipio, il dem Giovanni Manildo (100 azioni di Veneto Banca), fa sapere di essere «dubbioso» e «preoccupat­o per la situazione generale».

Nemmeno la Chiesa è così certa sul da farsi. La diocesi di Vicenza sta valutando l’offerta per la piccola parte delle 26.254 azioni di Bpvi che non è troppo vecchia. Invece le 3.370 quote di Veneto Banca ereditate dal Patriarcat­o di Venezia rientrereb­bero nel periodo valido per la transazion­e. «Stiamo ancora valutando ma non penso che aderiremo — anticipa il vicario episcopale don Dino Pistolato — per cui non è esclusa un’azione legale. Di solito preferiamo evitare i contenzios­i, ma qui dobbiamo tenere in conto la finalità caritativa indicata dal donatore».

Notizie migliori da Montebellu­na arrivano piuttosto da Fitch. Ieri l’agenzia ha annunciato di aver assegnato il rating a lungo termine pari a BBB+ ai due titoli con garanzia dello Stato, da 3 miliardi complessiv­i, emessi giovedì scorso. La valutazion­e segue il BBB già tributato da Dbrs.

Pistolato Non penso che aderiremo Puppato Bel gesto, ho firmato per il sì Il voto di Fitch L’agenzia ha assegnato il rating a lungo termine BBB+ per i due bond di Veneto Banca

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Quartier generale Dipendenti davanti alla sede centrale di Veneto Banca vicino a Montebellu­na
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