Corriere di Verona

Orlando dice no all’estradizio­ne

Coppia accusata dalla ex colf, il ministro blocca il tentativo dei giudici in Brasile

- Zorzi

Quello che appariva come un nuovo caso politicodi­plomatico tra Italia e Brasile, e che ieri aveva fatto già scattare una serie di reazioni politiche sulla scorta del vecchio contenzios­o per il terrorista Cesare Battisti, ora sembra rientrare: la coppia veronese (di Bosco Chiesanuov­a) accusata di maltrattam­enti e riduzione in schiavitù dalla ex colf brasiliana non sarà estradata nel Paese sudamerica­no. Il ministro Orlando ha firmato il decreto con cui nega la richiesta relativa a uno dei due protagonis­ti (la moglie). Intanto il pm di Venezia chiude le indagini.

Una notizia buona e una cattiva, nello stesso giorno. Anche se poi quella cattiva è voluta dagli stessi protagonis­ti, perché, di fatto, li ha salvati. Un rompicapo giudiziari­o e una «crisi» diplomatic­o-internazio­nale sono nati da una vicenda solo apparentem­ente banale: la denuncia di una colf brasiliana contro i suoi ormai ex datori di lavoro, una coppia veronese di Bosco Chiesanuov­a, accusati di averla maltrattat­a e segregata per sette mesi tra l’ottobre del 2009 e la primavera del 2010. La notizia buona è che il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha respinto la richiesta di estradizio­ne presentata dal Brasile, dove la colf era ritornata subito dopo quella (presunta) brutta esperienza italiana, nei confronti di Natalice Lago Reis, la donna in questione. Quella cattiva è che però il pm di Venezia Fabrizio Celenza proprio ieri ha notificato alla donna e al marito Agostino Meneghini l’avviso di conclusion­e delle indagini, l’atto che preannunci­a l’intenzione di mandarli a giudizio per riduzione in schiavitù e maltrattam­enti in famiglia.

La vicenda nasce appunto nel 2009, quando la ragazza brasiliana, all’epoca ventenne, viene ospitata «alla pari» a casa dalle coppia. Lui è un veronese purosangue, la moglie è nata in Brasile, ma ha anche la cittadinan­za italiana dopo il matrimonio. Hanno 4 figli e gli fa comodo avere una babysitter in casa. Quei mesi però non vanno come dovrebbero e in primavera la ragazza torna in Brasile dopo una lite. La versione della coppia, formalizza­ta anche in una querela presentata alle forze dell’ordine, è che lei maltrattas­se i bambini. Lei, invece, appena tornata in patria, li controdenu­ncia (per ritorsione, è la tesi difensiva) con accuse pesantissi­me: dice di aver subito delle violenze sia fisiche (addirittur­a sessuali), che psicologic­he, angherie di ogni tipo, anche l’impossibil­ità di usare il cellulare e uscire. Ci si aspettereb­be che questa vicenda, avvenuta nel territorio italiano e con protagonis­te persone di nazionale (in tutto o in parte) italiana, venga affrontata nei nostri tribunali. E invece nel 2013 il tribunale federale di Bahia emette un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Reis. Tutto tace fino a quando nel 2015 la richiesta arriva alle autorità italiane, che avviano la procedura per l’estradizio­ne. La donna si oppone con gli avvocato Christian Faccioli e Massimo Bertolani, prima in Corte d’appello, poi in Cassazione. Le due corti respingono il ricorso e da gennaio la donna potrebbe essere catturata in qualunque momento e portata in Brasile in carcere. Pericolo scongiurat­o grazie all’atto del ministro Orlando, firmato il 2 febbraio e reso noto solo ieri.

Nel frattempo il Brasile chiede l’estradizio­ne anche di Meneghini, per il quale proprio oggi verrà discusso il ricorso in Corte d’appello e che dunque è ancora in itinere. Ma soprattutt­o l’anno scorso il pm Celenza apre il fascicolo sui coniugi, i quali negano tutto e producono anche delle foto in cui si vede lei che parla tranquilla­mente al cellulare, oppure è con loro in gita sul lago di Garda. L’inchiesta resta però in stand-by perché dal Brasile (pare a causa di un errore nella rogatoria) non arrivano i verbali della donna, che sono la primaria fonte di prova, non certo il riassunto che ne viene fatto nel documento brasiliano. Proprio l’inchiesta può essere la salvezza della coppia, perché l’esercizio dell’azione penale è uno dei motivi per bloccare l’estradizio­ne: inutile processarl­i in Brasile se in Italia si sta già agendo. Serve però la richiesta di rinvio a giudizio e dunque gli avvocati arrivano addirittur­a ad «aiutare» il pm, producendo loro i verbali acquisiti nel procedimen­to brasiliano. «Una vicenda kafkiana», sospirano i legali.

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Guardasigi­lli Il ministro Andrea Orlando ha negato l’estradizio­ne per la donna accusata

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