Fondazioni o aziende, Ipab al bivio via all’iter della riforma regionale
Lanzarin: «Le case di riposo? Centri di servizio». Il Pd: giù l’Irap
Dopo la sanità, tocca al sociale. È cominciato ieri, con le audizioni di associazioni e sindacati nella Quinta commissione del Consiglio regionale, il cammino della riforma delle Ipab. Nel giro di dodici mesi dall’approvazione della legge, attesa entro il 2017, le ottocentesche Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza dovranno scegliere se privatizzarsi e diventare Fondazioni, o trasformarsi in Aziende pubbliche di servizi alla persona (Apsp).
Il tema riguarda attualmente un veneto ogni cinque: su quasi cinque milioni di residenti, gli ultrasessantenni sono 1.066.897, con la previsione che la proporzione salga a tre su dieci nel 2060. Lo scorso anno la spesa regionale per gli assistiti delle case di riposo ha toccato quota 466 milioni, a fronte di 516 strutture, per un totale di 32.000 posti letto autorizzati, di cui 29.700 accreditati, con 24.000 impegnative di residenzialità (la cosiddetta «quota sociosanitaria») pagate dalla Regione.
Al momento in Veneto le Ipab sono 176, mentre 89 sono quelle che si sono già tramutate in Fondazioni. Le disposizioni proposte da Lega Nord e Zaia Presidente, primo firmatario lo stesso governatore, riguardano la seconda delle due opzioni ammesse dalla normativa nazionale: evolversi in Apsp, fungendo così da veri e propri centri di servizio. «Sarebbe riduttivo — osserva la zaiana Manuela Lanzarin, assessore regionale al Sociale — limitarci a legiferare sulla nuova forma giuridica di questi enti, considerando le loro fragilità come dimostrano i casi delle strutture commissariate a Isola della Scala e Rovigo. Vogliamo cogliere l’occasione per fare un ragionamento complessivo, immaginando gli ospizi come sistemi in cui convivono il centro diurno, il servizio di domiciliarità, l’hospice, l’assistenza agli stati vegetativi, l’ospedale di comunità». Per ora il progetto di legge prevede, fra le varie novità, forme di partecipazione degli utenti e delle associazioni dei loro familiari, Consigli di amministrazione composti da non più di cinque persone e con il limite di due mandati, contenimento dei costi per i Cda e i direttori, rafforzamento del ruolo dei revisori dei conti, vigilanza e controllo regionali sugli organi delle aziende. «Ma siamo disponibili a riscrivere il testo grazie al lavoro della commissione e ai suggerimenti del settore», aggiunge l’assessore Lanzarin.
L’opposizione chiede però di avere più informazioni sulle dimensioni attuali delle Ipab e sui loro patrimoni. «Si può e si deve agire meglio — afferma il dem Claudio Sinigaglia — considerando che questa riforma è attesa dal 2000 e il Veneto è ancora inadempiente, unico caso in Italia. I nodi da sciogliere sono molti, per garantire la salvezza di questi istituti: anzitutto occorre che la Regione aumenti la quota sanitaria pro capite erogata, il cui importo è fermo ormai dal 2009 ed aumenti il numero delle quote stesse, altrimenti le famiglie saranno costrette a pagare rette sempre più care, che già adesso sfiorano i duemila euro. Una fortuna per le Fondazioni private, che pagano meno il personale e hanno un’aliquota Irap più bassa (pari al 3,9%, contro l’8,5% delle Ipab, ndr.)».
La richiesta è condivisa dalla maggioranza. «Ci prefiggiamo di valutare le differenze in materia fiscale — apre lo zaiano Fabrizio Boron, presidente della commissione Sanità — che attualmente creano sbilanciamento tra pubblico e privato. Con urgenza vogliamo stabilire regole uguali per tutti, di modo che possa essere una libera scelta quella di rimanere in ambito pubblico o privato da parte dei soggetti interessati». La sfida è lanciata. «La riforma delle Ipab — sottolinea il pentastellato Jacopo Berti — deve porsi come obiettivo quello di migliorare i livelli assistenziali e le capacità ricettive delle strutture, per soddisfare i bisogni socio-assistenziali delle persone in difficoltà».