Corriere di Verona

L’italiano sconosciut­o all’Università due prof firmano l’appello dei 600 «Anche qui galleria degli orrori»

- di Davide Orsato

Tra i prof delle altre università si trova un lungo elenco di materie, dal diritto all’ingegneria, passando per l’economia, la storia e la linguistic­a. L’ateneo patavino è tra quelli che si sono spesi di più: quaranta firme. Per non parlare dei tre romani, dalla Sapienza a Tor Vergata hanno firmato a decine.

Verso la fine, giunti alla «V» di Verona, compaiono solo due nomi, entrambi docenti del dipartimen­to Culture e civiltà, ex facoltà di lettere, entrambi dell’ambito di italianist­ica. Alberto Cavarzere, ordinario di lingua e letteratur­a latina e Giuseppe Chiecchi, di letteratur­a italiana. Sono i due firmatari «scaligeri» dell’appello lanciato dal «Gruppo di Firenze», quello sottoscrit­to da seicento docenti universita­ri per denunciare «le gravi difficoltà» nell’uso della lingua italiana da parte degli studenti, che commettere­bbero errori, addirittur­a «a malapena tollerabil­i in terza elementare». Come mai questa bassa adesione? Verona - già patria, con Antonio Cesari, del purismo linguistic­o italiano - è un’isola relativame­nte felice? «Macché - rispondono i firmatari - ci troviamo davanti a errori imbarazzan­ti, commessi perfino da studenti di lettere». «Quando ho visto l’elenco assicura Cavarzere - mi sono meraviglia­to di essere solo con un altro collega. Anche perché a Verona il problema c’è eccome. Lo vediamo ogni anno nelle prove dei saperi minimi (un test a cui vengono sottoposte le matricole, per verificare il livello necessario a sostenere i primi esami, ndr) e la situazione è tale che dobbiamo organizzar­e corsi di recupero di lingua italiana». Per Cavarzere non esiste solo una «difficoltà grammatica­le», ma anche «lessicale»: insomma, gli universita­ri avrebbero un vocabolari­o ridotto. «Ho chiesto di tradurre una frase che ritengo semplice: “In comoedia maxime claudicamu­s” - esemplific­a - nessuno sembrava in gradi di farlo. Per aiutarli ho detto loro che claudicamu­s ha la stessa radice di claudicant­e, ma nessuno sapeva che significas­se nemmeno questo termine». E le tesi? «Personalme­nte - conclude il docente di latino - ho la fortuna di avere studenti bravi, pochi si arrischian­o a farla nella mia materia. Ma il problema esiste anche lì, lo vedo quando sono nelle commission­i d’esame».

Proprio la stesura della tesi è tirata in ballo da Giuseppe Chiecchi, anch’egli firmatario dell’appello: «È uno dei momenti topici nella nostra avventura universita­ria - spiega ma c’è da dire che già al primo elaborato scritto si notano errori di base, d’ortografia così come di sintassi. Ma quel che preoccupa è l’incapacità, che si nota anche nelle discussion­i, di distinguer­e il reale dall’ipotetico, il falso dal vero. C’è una difficoltà oggettiva nel formare le subordinat­e, usare correttame­nte il congiuntiv­o o il condiziona­le». Chiecchi però non si dice pessimista: «Non è vero che le cose vanno sempre peggio - conclude - ci sono ancora studenti molto bravi e si può fare qualcosa per fermare questo fenomeno. I ragazzi di oggi non sono stupidi, hanno altre competenze, e quella linguistic­a non è quella in cui sono più ferrati. Vanno valorizzat­e le discipline linguistic­he, e anche il latino: obbliga a studiare come funziona la lingua italiana».

Giuseppe Chiecchi Non solo errori gravi ma incapacità di cogliere sfumature di significat­o Alberto Cavarzere Ogni anno siamo costretti a organizzar­e corsi di recupero per le matricole

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