L’italiano sconosciuto all’Università due prof firmano l’appello dei 600 «Anche qui galleria degli orrori»
Tra i prof delle altre università si trova un lungo elenco di materie, dal diritto all’ingegneria, passando per l’economia, la storia e la linguistica. L’ateneo patavino è tra quelli che si sono spesi di più: quaranta firme. Per non parlare dei tre romani, dalla Sapienza a Tor Vergata hanno firmato a decine.
Verso la fine, giunti alla «V» di Verona, compaiono solo due nomi, entrambi docenti del dipartimento Culture e civiltà, ex facoltà di lettere, entrambi dell’ambito di italianistica. Alberto Cavarzere, ordinario di lingua e letteratura latina e Giuseppe Chiecchi, di letteratura italiana. Sono i due firmatari «scaligeri» dell’appello lanciato dal «Gruppo di Firenze», quello sottoscritto da seicento docenti universitari per denunciare «le gravi difficoltà» nell’uso della lingua italiana da parte degli studenti, che commetterebbero errori, addirittura «a malapena tollerabili in terza elementare». Come mai questa bassa adesione? Verona - già patria, con Antonio Cesari, del purismo linguistico italiano - è un’isola relativamente felice? «Macché - rispondono i firmatari - ci troviamo davanti a errori imbarazzanti, commessi perfino da studenti di lettere». «Quando ho visto l’elenco assicura Cavarzere - mi sono meravigliato di essere solo con un altro collega. Anche perché a Verona il problema c’è eccome. Lo vediamo ogni anno nelle prove dei saperi minimi (un test a cui vengono sottoposte le matricole, per verificare il livello necessario a sostenere i primi esami, ndr) e la situazione è tale che dobbiamo organizzare corsi di recupero di lingua italiana». Per Cavarzere non esiste solo una «difficoltà grammaticale», ma anche «lessicale»: insomma, gli universitari avrebbero un vocabolario ridotto. «Ho chiesto di tradurre una frase che ritengo semplice: “In comoedia maxime claudicamus” - esemplifica - nessuno sembrava in gradi di farlo. Per aiutarli ho detto loro che claudicamus ha la stessa radice di claudicante, ma nessuno sapeva che significasse nemmeno questo termine». E le tesi? «Personalmente - conclude il docente di latino - ho la fortuna di avere studenti bravi, pochi si arrischiano a farla nella mia materia. Ma il problema esiste anche lì, lo vedo quando sono nelle commissioni d’esame».
Proprio la stesura della tesi è tirata in ballo da Giuseppe Chiecchi, anch’egli firmatario dell’appello: «È uno dei momenti topici nella nostra avventura universitaria - spiega ma c’è da dire che già al primo elaborato scritto si notano errori di base, d’ortografia così come di sintassi. Ma quel che preoccupa è l’incapacità, che si nota anche nelle discussioni, di distinguere il reale dall’ipotetico, il falso dal vero. C’è una difficoltà oggettiva nel formare le subordinate, usare correttamente il congiuntivo o il condizionale». Chiecchi però non si dice pessimista: «Non è vero che le cose vanno sempre peggio - conclude - ci sono ancora studenti molto bravi e si può fare qualcosa per fermare questo fenomeno. I ragazzi di oggi non sono stupidi, hanno altre competenze, e quella linguistica non è quella in cui sono più ferrati. Vanno valorizzate le discipline linguistiche, e anche il latino: obbliga a studiare come funziona la lingua italiana».
Giuseppe Chiecchi Non solo errori gravi ma incapacità di cogliere sfumature di significato Alberto Cavarzere Ogni anno siamo costretti a organizzare corsi di recupero per le matricole