Feste di sangue a Venezia per il commissario Manente
Intrighi e colpi di scena: un serial killer colpisce in occasione delle ricorrenze, dal Carnevale al Redentore. Forcellini racconta un’avventura del poliziotto veneziano, politicamente scorretto e amante della buona cucina
ÈCarnevale e a Venezia si muore. La prima vittima è la più bella delle Marie, Anna dai capelli rosso fuoco, fotomodella. «Numerosi segni violacei attorno al collo e un bel po’ di centimetri di lingua che fuoriuscivano dalla bocca...» Il killer colpisce nell’oscurità, sbuca dal nulla in calli isolate e «sotoporteghi» bui. E uccide. Una donna dopo l’altra, di aspetto ed età diverse. Tutte strangolate. E accanto a ogni cadavere un biglietto con due lettere.
Il mostro colpisce ad ogni festa: dopo il delitto del Carnevale c’è quello di San Marco, quello del Redentore e così via. Le ricorrenze non mancano a Venezia. Un bel rebus da risolvere per il commissario veneziano Marco Manente, poliziotto politicamente scorretto che non lesina battute sessiste, prende in giro i balbuzienti e chi ha difetti o debolezze, trascorre almeno tre ore al giorno a rimpinzarsi nei migliori ristoranti e osterie, a cui segue lunga «pennica» di ordinanza. Però c’è del genio in Manente. Sembra l’unico in grado di fermare il killer che terrorizza Venezia.
È la storia che il giornalista veneziano Paolo Forcellini racconta in Feste di sangue (Cairo editore, 240 pagine, 14 euro). Il terzo romanzo dell’autore ambientato a Venezia con protagonista il commissario Manente. Dopo La tela del Doge (2013) e Serenissima Vendetta (2015), ecco ora la nuova avventura.
Un giallo totalmente intriso di «venezianità», dall’ambientazione in Laguna, alle tradizioni, al dialetto (ogni personaggio intercala termini dialettali), all’enogastronomia (piatti e vini tipici sono ampiamente citati, così come mangiate e bevute). Bella sfida cimentarsi con un giallo ambientato a Venezia, dopo il recente successo di un thriller come Il turista (Rizzoli) dello scrittore padovano Massimo Carlotto, capolavoro del genere.
Forcellini ci ha provato, mettendo insieme una storia più grottesca che noir, dove il marcato tratto caricaturale dei personaggi sfuma il brivido, caratteristica dei thriller di impostazione più classica. La catena di omicidi si sussegue e prende di mira donne a caso, tanto che nella rete delle vittime finisce pure la fidanzata incinta del commissario Manente.
Una tragedia assoluta: futura mamma ammazzata con il bimbo in grembo. Eppure anche in questo picco di violenza e crudeltà l’effetto nel lettore non ha la presa tipica dei pulp o noir di genere. L’indagine continua con Manente che giura vendetta al killer. E dopo l’ennesimo delitto quella matassa che sembrava inestricabile viene dipanata, passo dopo passo. Il colpevole è naturalmente un insospettabile e il colpo di scena avviene non tra la malavita di strada, ma in uno dei dorati palazzi del lusso veneziano.
Trama ricca di spunti e colpi di scena, dove gli intrighi non mancano, ma il romanzo mette in scena soprattutto una Venezia godereccia, con un’attenzione maniacale a ricette, menù e vini, sembrando a tratti una guida a bacari e osterie più che un thriller.
Una Venezia ben lontana dall’attualità dei problemi che inchiodano e massacrano una delle città più note al mondo: l’assalto dei turisti, l’acqua alta, le Grandi Navi, il traffico acqueo e il moto ondoso, la ferita aperta del Mose. Certo il profumo di salsedine e di pesce alla griglia si sente tutto, tra le pagine del libro di Forcellini: un omaggio a una Venezia del cuore, senza dubbio. E un modo per fare conoscere campielli e «salizade» fuori dai circuiti turistici e rivelare i «bacari» dove trovare le tradizionali ricette venete.