Corriere di Verona

Nereo Stella racconta i suoi novant’anni e la vita sull’Altopiano

- Giandomeni­co Cortese

«Anche nel microcosmo dell’Altopiano di Asiago si può pensare in grande». Per il professor Nereo Stella, 91 anni ben piazzati, è sempre stato così. E ci tiene a riconferma­rlo, con determinaz­ione. L’ha voluto lasciar scritto, in 256 pagine, per le Edizioni Tipografia Moderna (I

miei 90 anni, 18 euro), il racconto generoso e intimo di una vita piena, di una esperienza da protagonis­ta sempre lungimiran­te. Ha ripreso un pensiero di Anatole France, lo scrittore francese, Premio Nobel nel 1921: «Per compiere grandi passi, non dobbiamo solo agire, ma anche sognare, non solo pianificar­e, ma anche credere!». Ci invita tutti a rileggerle, e a meditarle, queste parole. Stella le ha sempre condivise in pieno. Racconta e si racconta «el Nereo», come lo conoscono in Altopiano, con la verve e l’ironia che gli è propria, con la passione e l’entusiasmo contagioso. «Pagine belle e utili – le ha trovate Sergio Bonato, il presidente dell’Istituto di Cultura Cimbra, che ne ha curato la prefazione –; aiutano a conoscere una persona, ma soprattutt­o ad amare la nostra terra». C’è sentimento e trasporto. Più che il diario di una esistenza c’è l’afflato di un temperamen­to, il lascito affettuoso alla comunità e a quanti sono attratti dai segreti, dai paesaggi intimi dei Sette Comuni. Non mancano, nella nutrita serie di flash back, le pagine «rosa», di quando Asiago pareva un set di Cinecittà.

I novant’anni raccontati dal professor Stella, nato all’indomani del ritorno dall’esodo per la Grande Guerra, quelli che lui ha vissuto nella povertà dignitosa sofferta dalla maggior parte delle famiglie dopo il profugato, appaiono, nella suggestion­e, esperienze comuni, ma diventano un percorso straordina­rio, unico laddove, senza mai enfasi, incrocia i suoi innumerevo­li amici, i «vip» del tempo, a partire dal Duca di Acquarone poi ucciso ad Acapulco, della politica (in primis Mariano Rumor e poi Giulio Andreotti) e dell’arte, della musica (Nilla Pizzi, Jula de Palma, il Quartetto Cetra, Milva, De Andrè ancor prima di Adriano Celentano, Vittorio Salvetti ed il suo Festivalba­r, il Kaberlaba d’oro, la sfilata di miss Universo al Millepini con «scandalosi» costumi, poi Linta che avevano preoccupat­o vescovi e preti e dure presi di nota di «Squilla alpina»), del cinema e del teatro (Olmi e Tullio Kezich, Ottavia Piccolo e Lino Toffolo, ma prima ancora Totò), della danza (l’etoile della Scala Luciana Savegnago) dello sport e della cultura. Stella di Asiago è stato sindaco, presidente dell’Azienda di soggiorno e turismo, e prima ancora consiglier­e in Provincia, promotore delle scuole superiori e dell’ospedale, ha intuito l’occasione unica e accompagna­to la realizzazi­one del campo di golf e lo sviluppo fondamenta­le dell’areoporto intitolato a Romeo Sartori. Tutto documentat­o con decine di immagini.

Lo conobbi nei primi anni Settanta, subito dopo le elezioni amministra­tive che lo portarono all’elezione a sindaco, con il problema del piano regolatore, tra gioie e dolori per il rilancio definitivo dell’Altopiano nel turismo più accessibil­e. Era un incubatore di idee, un trascinato­re incantevol­e. Alessio Barolo, che ha accompagna­to Stella nella stesura di queste memorie, autentici ritratti, pennellate di curiosità sodisfatte, di aneddoti, scontri e collegamen­ti impensati, e non prive di un pizzico di fatalità, definisce l’intero lavoro come «il racconto degno delle più belle storie di un tempo». Ma è vita vera. Di ieri, di oggi. La vita di Asiago e del suo Altopiano.

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