Se l’azienda assume ma non trova «Posto fisso e pochi rispondono»
Il veronese Bonesini e la sua Trueblue in grande crescita: «Cerchiamo decine di giovani, pochi si candidano»
L’unico momento in cui, in circa due ore di intervista, Marco Bonesini appare incupirsi è quando gli si chiede se trovi difficile reclutare personale per la sua azienda in costante e rapida espansione. «Molto - concede il presidente di Trublue, azienda veronese di informatica pronta a assumere una cinquantina di giovani - E sì che noi offriamo subito, a tutti i nostri dipendenti, contratti a tempo indeterminato. Ma il posto fisso, per molti ragazzi di oggi, non è più il primo obiettivo. Interessa soprattutto guadagnare».
L’unico momento in cui, in circa due ore di intervista, Marco Bonesini appare incupirsi è quando gli si chiede se trovi difficile reclutare personale per la sua azienda in costante e rapida espansione. «Molto - concede questo 58enne approdato per caso all’informatica dopo aver abbandonato gli studi in architettura - E sì che noi offriamo subito, a tutti i nostri dipendenti, contratti a tempo indeterminato. Ma il posto fisso, per molti ragazzi di oggi, non è più il primo obiettivo. Interessa soprattutto guadagnare».
A lui, i soldi, sono sempre interessati relativamente. Come presidente di Trueblue, azienda informatica specializzata nel ramo sanitario, ha uno stipendio che definisce normale. «Non ho ville né macchinoni. L’unica volta in cui ho avuto uno stipendio notevole è stato quando ho lavorato per un breve periodo all’Ibm, dopo che aveva comprato la prima azienda che ho fondato». Trueblue doveva essere il suo rifugio dopo le delusioni nel mondo delle multinazionali. Pochi dipendenti, uffici in piazza Erbe, tempo libero per fare sport, la sua grande passione: insomma, qualità della vita. «Poi, nel 2005, ci è entrato un progetto molto grande spiega - Lì ho capito che dovevo cambiare. E ho messo in piedi un preciso disegno per diventare leader mondiale del mio settore».
Oggi, ci è quasi riuscito. È tra i primi tre player mondiali, con riconoscimenti come quello di Gartner che, nel 2012, l’ha nominata «cool vendor in life science». I due principali concorrenti, per la cronaca, fatturano rispettivamente 1,2 miliardi e 313 milioni di euro. Trueblue, poco più di dieci. Eppure, si è conquistata la fiducia di un colosso come Glaxo Smith Kline per un progetto in 96 paesi. Insomma, in tutto il mondo. «Come ci siamo riusciti? Innovando, sempre. Gli utili restano in azienda e per il 50 per cento vengono investiti in ricerca. L’innovazione è quello che fa crescere le aziende, soprattutto quelle piccole. Solo così puoi sederti al tavolo coi “big”».
Tutto questo restando a Verona, negli uffici di una palazzina di viale del Lavoro. «Avremmo potuto delocalizzare - spiega - in India spenderemmo molto meno. Ma abbiamo scelto di fare tutto qui, anche per orgoglio. Sono stufo di girare il mondo e sentirmi dire che noi italiani siamo capaci solo di far la pizza e i vestiti alla moda». Certo, restare a Verona comporta anche degli svantaggi, in termini di visibilità. «Ma io amo questa città si scalda Bonesini -E restando qui mi è più facile tenere unito il mio team, che è la cosa più importante».
Trueblue è lo specchio di un’azienda in salute. «Ho avuto molta fortuna - ripete spesso Bonesini - ma anche coraggio». Oggi conta circa 120 dipendenti, con un’età media di 33 anni. L’obiettivo è di assumerne, entro fine 2017, dai 30 ai 50, assecondando i progetti di espansione che prevedono, tra le altre cose, nuove sedi in giro per l’Europa e un’acquisizione per entrare con forza nel mercato statunitense, il tutto in autofinanziamento. Eppure, i curriculum stentano ad arrivare. «Non cerco geni - sottolinea - ma persone da formare. Una persona qui ci mette dai tre ai sei mesi prima di diventare produttiva, ma per me è un investimento. Faccio a tutti contratti a tempo indeterminato perché non posso permettermi di perderli dopo un anno. Ma le difficoltà a trovare i profili giusti sono molte». È uno dei paradossi del mercato del lavoro italiano ai tempi della crisi: un rapporto di Unioncamere e del Ministero del Lavoro diffuso ieri su questo scorcio di 2017 segnala che il 20% dei nuovi posti disponibili non incontra figure professionali adeguate. In TrueBlue lavorano statistici, matematici, informatici, molti laureati proprio dall’Università di Verona e che approdano qui grazie al passaparola. Ma c’è chi rifiuta perché non ritiene soddisfacente la retribuzione iniziale, oppure più banalmente per una questione di brand. «Viviamo in un mondo dove conta di più l’apparenza della sostanza - sospira - e noi in questi anni abbiamo sempre tenuto un profilo basso, siamo forse poco conosciuti. Ma offriamo possibilità per i giovani neolaureati che nessuna multinazionale può offrire».
La filosofia
Non ho ville né macchinoni, gli utili restano in azienda. Ma a molti ragazzi di oggi interessa soprattutto guadagnare
Il rapporto con Verona
Avrei potuto localizzare, magari in India. Ma amo questa città e restando qui mi è più facile tenere unito il mio team, che è la cosa più importante