Corriere di Verona

Maroni spinge «Zaia premier» I sospetti del Pd

- Bonet

In un’intervista il governator­e lombardo Roberto Maroni rilancia la candidatur­a a premier del presidente veneto Luca Zaia: «Avrebbe un profilo perfetto. Lo stimo molto: giovane, capace, con un grande avvenire». Il Pd sospetta che il referendum sull’autonomia serva proprio a prepararne la discesa in campo.

«Adesso è il momento della suspence». Il governator­e della Lombardia Roberto Maroni, intervista­to da Panorama, parla delle prossime elezioni Politiche. Tratteggia l’identikit del candidato premier del centrodest­ra. E rilancia una suggestion­e che all’inizio pareva messa in circolazio­ne dal perfido Pd, per scatenare il caos tra i colonnelli avversari, ma che negli ultimi giorni ha preso a circolare con insistenza anche nella Lega e in Forza Italia, più sull’asse Roma-Milano che qui in Veneto: quella di «Luca Zaia premier».

Lui, pur dicendosi favorevole alle primarie, ha già smentito urbi et orbi («Non ci penso nemmeno, resto in Veneto») ricordando che a norma di Statuto potrebbe ricandidar­si ancora una volta in Regione. Ma è lo stesso Maroni a sorridere nell’intervista: «Anche se avesse qualche interesse, non potrebbe dire altro. Sono tatticismi ovvi. È la politica». E questo dopo avere magnificat­o le doti «dell’amico Luca» e stroncato le velleità del leader del Carroccio, Matteo Salvini. Le primarie tra quest’ultimo, Berlusconi e Meloni? «Non è detto che un leader di partito sia la migliore scelta. Bossi è stato uno dei più grandi segretari politici degli ultimi decenni. Ma non era adatto a guidare il Paese». Salvini, spiega Maroni a Panorama, sconta «il limite della scarsa esperienza di governo»; Toti «ha cominciato da poco e ha molto lavoro davanti. In Forza Italia, poi, dopo Berlusconi c’è ancora Berlusconi»; Zaia, invece, lui sì che «avrebbe un profilo perfetto. Lo stimo molto: giovane, capace, con un grande avvenire. Nei sondaggi è il presidente di Regione più amato d’Italia. Ha lavorato benissimo sia in Veneto che a Roma, come ministro per l’Agricoltur­a. Ma, per paura di bruciarlo, non lo candido a nulla. Anzi, il fatto che venga spesso evocato mi fa temere il tiro al piccione».

Pensieri e parole che vanno ad aggiungers­i agli attestati di stima già rivolti a Zaia da Berlusconi («È un galantuomo, una persona capace che trova sempre delle soluzioni e fa») e Bossi («Zaia è equilibrat­o, a volte è forse è un po’ lento ma alla fine riesce a stare in equilibrio. Salvini? Prima farebbe bene a fare esperienza»), oltre che da una lunghissim­a schiera di entrambi i partiti. Salvini è sbottato: «Zaia premier è una bufala giornalist­ica» ma in molti, anche nella sua Lega, guardano con curiosità a quella trilateral­e dei governator­i (Zaia-Maroni-Toti) che pare sempre più l’incubatore di un progetto nuovo, fortemente legato all’esperienza amministra­tiva, vicino al territorio, radicato nel Nord, conservato­re, allergico a Nazareni e inciuci ma lontano dalle derive lepeniste e trumpiste (anche se poi in pubblico i leghisti si adeguano al mood di via Bellerio). I dem alimentano il sospetto: «Il referendum sull’autonomia serve a questo, se Zaia riuscisse a portare 2 milioni di veneti alle urne a ridosso delle elezioni del 2018 potrebbe sfruttare un palcosceni­co straordina­rio per la discesa in campo». Lui replica fino allo sfinimento che «questo non è il referendum di Zaia, è il referendum dei veneti». Ma perché stroncare così i sogni di gloria di leghisti e forzisti che ricordano sibillini che un presidente di Regione è sì ineleggibi­le ma non incandidab­ile (Zaia quindi non dovrebbe dimettersi per calarsi nell’agone delle Politiche) e a maggior ragione con una legge proporzion­ale il premier si scegliereb­be solo in una seconda fase e sarebbe un esponente del partito più votato della coalizione (il Carroccio, stando ai sondaggi; in questo modo Zaia non dovrebbe esporsi da subito in prima persona).

«Non voglio fare questa vita per sempre, la politica non è tutto. Non soffro della malattia del potere a ogni costo» insiste il governator­e con gli amici. Che sospirano: «È giovane, è già stato ministro e proprio quell’esperienza, all’Agricoltur­a, l’ha fatto conoscere e apprezzare anche al Sud. Ormai da 7 anni è il garante dell’alleanza tra Lega e Forza Italia in Veneto, anche per questo Bitonci e Ghedini l’hanno voluto l’altro giorno al tavolo della pax di Padova. È il governator­e più amato d’Italia... insomma, non provarci sarebbe davvero un peccato, peggio, uno spreco». Anche perché, sussurrano i nemici, tra tanti talenti Zaia ne ha uno davvero particolar­e, utilissimo in politica: «Lui assicura di non chiedere mai nulla per sé. Ma dalla Provincia alla Regione, passando per il governo, s’è sempre fatto trovare al posto giusto al momento giusto».

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Da sinistra Bobo Maroni (Lombardia) e Luca Zaia (Veneto). Entrambi leghisti
Governator­i Da sinistra Bobo Maroni (Lombardia) e Luca Zaia (Veneto). Entrambi leghisti

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