Marchi chiede il sequestro delle azioni Con De Vido scontro finale in Finint
Mossa sul 50% del socio. E intanto decade il cda: test in assemblea martedì
Finint, lo scontro tra Marchi e De Vido approda alla fase finale. Il cda di garanzia che decade, dopo le dimissioni, martedì, dell’ex Ad di Generali, Giovanni Perissinotto, indicato nel board da Enrico Marchi. Che avviene dopo che il presidente di Save ha chiesto il sequestro conservativo al Tribunale delle imprese di Venezia dell’altra metà di Finanziaria Internazionale Holding, quella del socio di sempre Andrea De Vido. Atto dirompente, che segna l’escalation finale nello scontro tra i due intorno alla necessità di De Vido di esser liquidato, di fronte a prestiti bancari personali per 110 milioni di euro da restituire (iniziando da Veneto Banca) dopo investimenti finiti male. Un’escalation, perché segna lo stop al tentativo di trovare un via amichevole all’uscita.
Esclusa la richesta di partenza di De Vido, vendere le quote di controllo di Save, all’esterno della quale si è seduta in attesa degli eventi la Atlantia dei Benetton che ha acquisito oltre il 21% dal fondo Amber, Marchi è impegnato in una difficile doppia partita. Trovare al piano superiore di Finint un socio paritetico che sostituisca De Vido e a quello inferiore di Save un socio pronto a subentrare a Morgan Stanley nelle scatole di controllo, nel caso in cui il partner decida di sfruttare la finestra di uscita a gennaio 2018. Il tutto lasciando gli equilibri invariati, per evitare di dover lanciare un’Opa su Save.
In questo scenario la richiesta di sequestro conservativo presentata il 2 febbraio segna, secondo alcune interpretazioni, una mossa difensiva di Marchi. Ovvero la volontà di bloccare i rischi di trovarsi con il 50% di Conegliano di De Vido (per il 26% in pegno a Veneto Banca) in vendita. Ma il Tribunale sequestri d’urgenza non ne ha concessi ed ha convocato le parti in udienza il 15 marzo. Resterebbe da vedere, di fronte al blitz di Marchi, se ci siano da attendersi mosse di De Vido prima dell’udienza.
E poi c’è la questione del cda decaduto, per ricostituire il quale è convocata l’assemblea degli azionisti martedì. In ballo ci sarebbe la necessità di metter mano a un board di garanzia (con Perissinotto i commercialisti Gianluca Vidal e Gaetano Terrin), dopo la decisione di Marchi e De Vido di uscirne, non mostratosi capace di far funzionare a dovere Finanziaria Internazionale.
Ma la mossa si presterebbe anche ad un’altra interpretazione. Secondo cui lo schema legale aperto dalla richiesta di sequestro conservativo in realtà non mirerebbe a difendersi da una vendita resa impossibile da un pegno, ma tipicamente a puntare ad un sequestro per conservare il patrimonio costituito dalla quota, con la nomina di un custode del tribunale che interverrebbe alle assemblee. Patrimonio da aggredire poi con richieste - e in questo senso andrebbe l’altra carta che Marchi sarebbe pronto a giocare, chiedere l’azione di responsabilità contro De Vido -, puntando a far mettere in vendita la quota dal tribunale, in cui intervenire. Un modo per risolvere la questione con De Vido aggirando la necessità di un accordo.
Il tribunale in ogni caso ha evitato soluzioni d’urgenza e ha rimandato alla causa l’approfondimento dei fatti. Per intanto Marchi e De Vido si ritrovano in assemblea martedì prossimo. Test di non poco conto, perché rappresenta l’ultima occasione per una possibile intesa. Si vedrà se il weekend porterà consiglio e dall’assise uscirà un cda che, avendo bisogno dell’accordo di entrambi, sarà il segno della ripresa del dialogo. Oppure se si andrà allo scontro con tanto di carte bollate, dagli esiti a questo punto imprevedibili.