IL BULLISMO SI PUÒ PREVENIRE
«Perché?». È la semplice e logica domanda che gli adulti dovrebbero porsi, di fronte a episodi di bullismo come quello avvenuto in una scuola media di Padova, dove un dodicenne è stato legato e frustato, i suoi compagni dicono per gioco, in palestra. Un ragazzino non italiano, mentre i suoi «aguzzini» sono italianissimi figli della borghesia bene. Conta, allora, il fatto che la vittima, rivoltasi, pare in lacrime, alla prof distratta, appartenga a una famiglia immigrata? Certo che sì, perché era evidentemente sentita come più debole. Perché già un anno prima era stata postata a sua insaputa, nella sua pagina Facebook, la scritta: «Sono gay e voglio farlo sapere a tutti». Ma avrebbe potuto trattarsi anche di un disabile, di un timido incapace di far branco con i più «influenti» coetanei. Nella preadolescenza i coetanei cominciano a contare, nel bene e nel male, più dei familiari, e il potere, o la presunzione di averlo, si può esprimere in atti persecutori travestiti da scherzi ma in realtà spietati, e ritenuti da chi li compie come una medaglia al valore. Poco più tardi nel tempo, può essere una ragazza, la prima fidanzatina, la vittima di cui si postano in rete foto di nudità o di amplessi. E purtroppo alcune di queste bravate hanno perfino indotto al suicidio. Una volta scoperti, i colpevoli minimizzano parlando di giochi, di burle, qualcosa di simile al nonnismo nei confronti di matricole o reclute. Perfino i genitori e gli insegnanti tendono per difesa (di famiglia o di scuola) a ridimensionare in ragazzata un atto che dimostra sadismo, volontà di offendere, ferire il malcapitato preso di mira. Ma se il «come» è facile da individuare, lo è di meno il «perché» ex bimbi amatissimi e riempiti di regali da genitori incapaci di insegnargli a distinguere il bene dal male, possano in breve tempo diventare dei teppistelli che nemmeno comprendono cosa stanno facendo. Nel bullismo, nella piccola (ma è davvero piccola?) violenza senza motivo sul più fragile, c’è certamente anche una componente antropologica. Da sempre nella natura umana esiste la violenza, e perfino il piacere di far soffrire il prossimo. Ma se la natura è imperfetta, la cultura ha il compito di correggerla, ed è questo che non sempre avviene. Anzi oggi pare che il gusto della prevaricazione sia diventato contagioso, e che i bulli comincino a diffondersi anche fra le giovani donne. Secondo alcuni la prima causa sono i genitori che non dedicano ai figli la giusta quantità e qualità di tempo.
In molti lavorano, è vero, la sera sono stanchi, la tv è una sirena, e se i bambini, in camera loro, si divertono con il tablet o il cellulare è una benedizione… Ma, sostiene in una bella e provocatoria intervista il filosofo-psicologo Umberto Galimberti, se una persona non ha la capacità di far bene il genitore, non deve nemmeno mettere al mondo i figli. Anche l’istituzione scolastica, per motivi diversi, non sempre è in grado di influire sugli adolescenti: professori non a tempo indeterminato, programmi farraginosi, preparazione culturale e umana che scarseggia impediscono spesso alla scuola di essere maestra di vita. Si aggiunga che non di rado i ragazzi orecchiano in famiglia una superficiale xenofobia e una mancanza di correttezza che poi imitano, come imparano a essere indifferenti: e l’indifferenza è uno dei peccati mortali del nostro tempo. La ritroviamo nel bullismo dei ragazzini, ai quali bisogna imparare a dire dei «no» decisi, e perfino a punirli se serve. Certo, il 6 in condotta a bimbi di 12-13 anni è troppo, e non si fa perdere un anno a chi può ancora cambiare. Ma quindici giorni di sospensione sì, annunciati dal preside davanti a tutta la classe con motivazioni che facciano vergognare i colpevoli, in modo che vedano le loro medaglie al valore tramutarsi in simboli di stupida cattiveria.