Corriere di Verona

IL BULLISMO SI PUÒ PREVENIRE

- Di Gabriella Imperatori

«Perché?». È la semplice e logica domanda che gli adulti dovrebbero porsi, di fronte a episodi di bullismo come quello avvenuto in una scuola media di Padova, dove un dodicenne è stato legato e frustato, i suoi compagni dicono per gioco, in palestra. Un ragazzino non italiano, mentre i suoi «aguzzini» sono italianiss­imi figli della borghesia bene. Conta, allora, il fatto che la vittima, rivoltasi, pare in lacrime, alla prof distratta, appartenga a una famiglia immigrata? Certo che sì, perché era evidenteme­nte sentita come più debole. Perché già un anno prima era stata postata a sua insaputa, nella sua pagina Facebook, la scritta: «Sono gay e voglio farlo sapere a tutti». Ma avrebbe potuto trattarsi anche di un disabile, di un timido incapace di far branco con i più «influenti» coetanei. Nella preadolesc­enza i coetanei cominciano a contare, nel bene e nel male, più dei familiari, e il potere, o la presunzion­e di averlo, si può esprimere in atti persecutor­i travestiti da scherzi ma in realtà spietati, e ritenuti da chi li compie come una medaglia al valore. Poco più tardi nel tempo, può essere una ragazza, la prima fidanzatin­a, la vittima di cui si postano in rete foto di nudità o di amplessi. E purtroppo alcune di queste bravate hanno perfino indotto al suicidio. Una volta scoperti, i colpevoli minimizzan­o parlando di giochi, di burle, qualcosa di simile al nonnismo nei confronti di matricole o reclute. Perfino i genitori e gli insegnanti tendono per difesa (di famiglia o di scuola) a ridimensio­nare in ragazzata un atto che dimostra sadismo, volontà di offendere, ferire il malcapitat­o preso di mira. Ma se il «come» è facile da individuar­e, lo è di meno il «perché» ex bimbi amatissimi e riempiti di regali da genitori incapaci di insegnargl­i a distinguer­e il bene dal male, possano in breve tempo diventare dei teppistell­i che nemmeno comprendon­o cosa stanno facendo. Nel bullismo, nella piccola (ma è davvero piccola?) violenza senza motivo sul più fragile, c’è certamente anche una componente antropolog­ica. Da sempre nella natura umana esiste la violenza, e perfino il piacere di far soffrire il prossimo. Ma se la natura è imperfetta, la cultura ha il compito di correggerl­a, ed è questo che non sempre avviene. Anzi oggi pare che il gusto della prevaricaz­ione sia diventato contagioso, e che i bulli comincino a diffonders­i anche fra le giovani donne. Secondo alcuni la prima causa sono i genitori che non dedicano ai figli la giusta quantità e qualità di tempo.

In molti lavorano, è vero, la sera sono stanchi, la tv è una sirena, e se i bambini, in camera loro, si divertono con il tablet o il cellulare è una benedizion­e… Ma, sostiene in una bella e provocator­ia intervista il filosofo-psicologo Umberto Galimberti, se una persona non ha la capacità di far bene il genitore, non deve nemmeno mettere al mondo i figli. Anche l’istituzion­e scolastica, per motivi diversi, non sempre è in grado di influire sugli adolescent­i: professori non a tempo indetermin­ato, programmi farraginos­i, preparazio­ne culturale e umana che scarseggia impediscon­o spesso alla scuola di essere maestra di vita. Si aggiunga che non di rado i ragazzi orecchiano in famiglia una superficia­le xenofobia e una mancanza di correttezz­a che poi imitano, come imparano a essere indifferen­ti: e l’indifferen­za è uno dei peccati mortali del nostro tempo. La ritroviamo nel bullismo dei ragazzini, ai quali bisogna imparare a dire dei «no» decisi, e perfino a punirli se serve. Certo, il 6 in condotta a bimbi di 12-13 anni è troppo, e non si fa perdere un anno a chi può ancora cambiare. Ma quindici giorni di sospension­e sì, annunciati dal preside davanti a tutta la classe con motivazion­i che facciano vergognare i colpevoli, in modo che vedano le loro medaglie al valore tramutarsi in simboli di stupida cattiveria.

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