Daspo urbano, arriva il sì dei sindaci veneti
Sì bipartisan al decreto Minniti che introduce supermulte e allontanamento coatto per vandali e accattoni «Patto storico fra Stato ed enti locali». I dubbi sulle pene previste dal provvedimento: «Non siano palliativi»
Il «Daspo urbano» annunciato dal ministero dell’Interno, e che i sindaci potranno emanare per multare e allontanare accattoni, vandali, prostitute e spacciatori, piace a destra come a sinistra. «Patto storico» lo definisce il democratico Achille Variati, da Vicenza. Ma c’è chi, come Flavio Tosi, chiede la possibilità di disporre arresti.
Una firma e il gioco è fatto: chiunque imbratti un monumento, manometta un’infrastruttura pubblica o infranga le regole del decoro, turisti compresi, sarà multato da 300 a 900 euro. Se recidivo, alla sanzione seguirà l’allontanamento coatto dalla città (o anche soltanto da una zona specifica) fino a 12 mesi. La stessa pena sarà inflitta a chi esercita la prostituzione «in modo ostentato», ad accattoni molesti e venditori abusivi, mentre chi spaccia droga nei locali rischia un «confino» assai più lungo: anche 5 anni.
Eccola, la nuova arma affidata ai sindaci dal Decreto Sicurezza presentato dal ministro dell’Interno Marco Minniti. Un’arma alla quale è stato dato un nome evocativo: Daspo, come il provvedimento adottato nei confronti dei tifosi violenti per allontanarli dagli stadi. In sostanza, alcune delle misure finora prerogativa quasi esclusiva dei questori potranno essere emanate anche dai primi cittadini. Si avvera quindi il sogno (o l’incubo, a seconda dei punti di vista) dell’istituzione del «sindacoSceriffo»? «Niente affatto. Ma è stato siglato un patto storico fra Stato ed enti locali». Achille Variati, sindaco democratico di Vicenza, fa parte della delegazione dell’Anci (l’associazione dei Comuni italiani) che ha ripetutamente premuto sul governo per l’ampliamento dei poteri in carico ai primi cittadini. Ed oggi, a decreto messo a punto, si dichiara molto soddisfatto. «Ma la norma preveda conseguenze penali per chi infrange le regole. Anche il carcere». L’incognita, infatti, riguarda i contenuti del decreto, presentato solo in termini generali. «Faccio un esempio: io dispongo l’allontanamento di una persona, ma se questa non ottempera? Resta una multa che non verrà mai pagata? Occorre chiarezza».
La stessa chiarezza pretesa dal collega di Verona Flavio Tosi, che mostra qualche riserva sull’efficacia del decreto. «Il problema è sostanziale: certa gente se ne frega delle multe, serve almeno un giorno di galera», esclama. «Prendiamo l’accattonaggio: a Verona, negli ultimi anni, abbiamo inflitto oltre 4.900 sanzioni. Solo 33 sono state pagate». Un altro problema, secondo Tosi, è l’accesso allo Sdi, la banca dati delle forze dell’ordine. Se non altro per capire se un vandalo, una prostituta o uno spacciatore sono recidivi o soggetti particolarmente pericolosi: «Un agente della Municipale non può consultarlo, ed è un problema». Più ottimista appare il sindaco di Treviso Giovanni Manildo (Pd). Che promuove il Daspo urbano e non ritiene necessario, contrariamente a Variati e Tosi, il ricorso a misure come la reclusione. «L’elemento chiave è la collaborazione fra sindaco e forze di polizia. Questo patto per la sicurezza sarà uno strumento utilissimo al decoro urbano». Ad ogni modo, sostiene Manildo, il Daspo sarà efficace se attuato in collaborazione con gli altri Comuni. «Quando siglammo l’accordo fra Padova, Treviso e Venezia contro l’accattonaggio molesto - spiega - i risultati furono molto positivi. Con la mancata elezione di Rossi e la caduta di Orsoni tutto andò a scemare».
Già pronto a scendere in campo «per tutelare la sicurezza dei miei cittadini» si dice, da par suo, il leghista Massimo Bergamin a Rovigo. «Il sindaco è un parafulmine ed è giusto che disponga di poteri adeguati» spiega Bergamin, che da tempo chiede l’estensione del programma «Strade Sicure» al capoluogo del Polesine. In sostanza, l’Esercito schierato dal tramonto all’alba. «Ho solo 32 agenti municipali, oltretutto disarmati. Il decreto? Assolutamente d’accordo. Onore al merito di polizia e carabinieri, ma il sindaco viene eletto e deve esercitare».
«La sicurezza non è di destra né di sinistra, per cui sono favorevole al Daspo. Ma se allontano qualcuno dove lo mando? E se a rompere le palle è un mio cittadino?», domanda Joe Formaggio, il sindaco vicentino di Albettone noto per dormire «col fucile accanto al letto» e ripetutamente dichiaratosi anti-zingari e antiimmigrati. «Il problema - dice - è l’inasprimento delle pene: se polizia e carabinieri arrestano qualcuno e poi sono costretti a lasciarlo andare, restiamo impotenti». Comunque sia, Formaggio ha già un potenziale destinatario del suo primo Daspo: «Sto sorvegliando a vista un musulmano che non capisco cosa faccia né da dove sia venuto. Ho già avvisato le forze dell’ordine».
Chi attende di leggere a fondo il decreto, invece, è Giuseppe Romano, avvocato cassazionista di Castelfranco Veneto. Romano, negli ultimi anni, ha impugnato davanti al Tar e fatto revocare fogli di via firmati dal questore nei confronti di attivisti di un centro sociale protagonista di manifestazioni e qualche tafferuglio a Treviso. «Il punto chiave è la conclamata pericolosità sociale del soggetto. Al momento spiega - se tale condizione non sussiste il foglio di via non è valido. Spero che la formulazione del decreto ne tenga conto». Il rischio è una valanga di ricorsi.
Achille Variati Un risultato importante, viene fornito ai Comuni uno strumento essenziale. Ma occorre chiarezza sulle pene inflitte a chi viola la legge
Flavio Tosi
Le multe sarebbero soltanto un palliativo, servono misure pesanti come la possibilità di disporre almeno un giorno di reclusione
Giovanni Manildo La collaborazione con le forze dell’ordine sarà essenziale, e dovremo applicare il Daspo in rete con gli altri Comuni. Il carcere? Inutile