Serata con Verdone «Verità e fragilità in tutti i miei film»
Per i 25 anni di «Maledetto il giorno che ti ho incontrato»
Venticinque anni dal film della consacrazione, «Maledetto il giorno che ti ho incontrato», da quella pellicola che lo stesso regista e protagonista considerata la «propria lastra radiografica» (medicine, manie, studi, passione per Hendrix e per l’Inghilterra): Carlo Verdone, ieri protagonista indiscusso del Love Film Fest, si racconta senza copione in una sala raccolta e tappezzata di cimeli d’epoca nella storica «Libreria Antiquaria Perini».
Poco più tardi, sarà proiettato uno dei suoi film-simbolo, uno di quei racconti senza tempo d’amore e nevrosi che lo rese nazionale e internazionale nel 1992 (oltre che pluri premiato).
«Lì c’è un pezzo della mia vita vera - racconta -, ci sono io, con le mie fragilità, c’è un’attrice che all’epoca e oggi mi piace tantissimo che è Margherita Buy, antitesi della donna mediterranea; un film come questo non si rifarà più. Credo sia il migliore dei miei, insieme a “Compagni di scuola”». Parla di talent («ti bruciano subito»), del suo innamoramento per i Beatles(«Ma suono e mi diverto con l’amico Joe Bonamassa»), del cruccio delle sale dei cinema che si svuotano di giovani («Un importante spazio di condivisione, le nuove generazioni di registi dovranno lavorare per riallacciare il filo fra grande schermo e giovane pubblico») della gratitudine per la famiglia («Mia mamma e le sue risate genuine: la mia prima fan»). Senza dribblare le domande della vigilia di San Valentino: «L’amore per me rappresenta una sorta di conflitto - spiega l’attore - se non c’è questo, non c’è il presupposto per far scattare la dinamica, la storia, la risata. E poi io ho sempre reso meglio, se messo all’angolo dalla controparte femminile: che sia una moglia, una sorella, un’amica. Guardate la trama di “Maledetto il giorno che ti ho incontrato”: si inizia con una grande ostilità, poi si passa all’amicizia e infine all’amore». Un amore che racconta le tante facce della società, nella sua storia: «Penso di essere profondamente onesto e sincero nel raccontare la gente prosegue -. L’ironia? Più che altro ci vuole un grande amore verso la vita. Il nostro mestiere è anche quello di essere anti-depressivi, ma soprattutto di avere una grandissima voglia di osservare. Bisogna sempre stupirsi, anche se i tempi non sono fantastici». Come cerca di fare Verdone, tutte le mattine, quando gira nel suo quartiere e dove, da sempre, prende spunto per il realismo delle sue commedie». (s.m.d.)