Fiere promotrici di eventi culturali In Europa il business è già avviato
Da Bruxelles a Utrecht, da Glasgow a Birmingham: ecco gli esempi da seguire
Ma cosa c’entra la Fiera con la lirica? Molti, si sono posti questa domanda, dopo che proprio Veronafiere è stata indicata quale possibile «garante» del progetto per la nuova Spa, ipotizzata da Lamberto Lambertini, Giovanni Maccagnani e Giuseppe Manni per cercare di risolvere i problemi della Fondazione Arena.
Riuniti attorno al tavolo, nello studio dell’avvocato Lambertini, rappresentanti di enti e istituzioni hanno ascoltato giovedì scorso la proposta della «triade», in base alla quale, come ha sostenuto il presidente di Cariverona, Alessandro Mazzucco, «il braccio operativo della nuova Spa potrebbe essere la Fiera di Verona, che ha tra i suoi soci quelli della Fondazione Arena, ha un management pronto alla gestione degli eventi e ha una mission internazionale di altissimo livello».
Una novità assoluta? No, perché nel lontano 1930, con un’Arena inguaiata e con le casse vuote, nonostante i prodigiosi sforzi di Giovanni Zenatello, il Comune di Verona diede il via al primo esperimento di privatizzazione, affidando la gestione degli spettacoli lirici proprio alla Fiera, ritenendolo - dice la delibera del Podestà Mario Pasti - «organo adatto per coordinare quelle forze che mirano ad assicurare con mezzi moderni, periodi di speciale movimento e incremento della città».
Si può riproporre quella scelta? È una provocazione? Un salto nel buio? I favorevoli alla proposta assicurano di no. E snocciolano alcuni esempi.
Sia in Inghilterra che in Belgio, ad esempio, esistono società fieristiche che hanno esteso il proprio business al settore degli «eventi» e dello spettacolo, creando apposite location per i concerti (fino a 15mila posti per il pubblico, più o meno quelli esistenti in Arena) e moltiplicando attorno agli spettacoli altre occasioni di business.
A Glasgow, la Sec è nata nel 1985 e gli edifici che ospitano questi eventi sono stati disegnati dal famoso architetto sir Norman Forster, a partire dalla Concert Hall da tremila posti e da una spettacolare arena in vetro con 13mila posti a sedere. A Birmingham e a Bruxelles si è puntato invece maggiormente sulla creazione, accanto alle sedi per eventi musicali, di shopping center e addirittura di un Casino.
Il centro fieristico britannico, in particolare, ha eretto un palazzo per concerti da 16 mila posti denominato in un primo tempo LG Arena e adesso Genting Arena (un nome che ritorna…). E ad Utrecht il centro fieristico organizza spettacoli in un teatro da 1.500 posti, affiancato dalla cosiddetta area «innovation mile» che ospita convegni, start-up e coworkers.
Prevedibile l’obiezione dei tradizionalisti: e la sacralità dell’evento operistico? I pareri resteranno probabilmente diversi od opposti, ma il tema c’è, ed è concreto.
Ma cosa ne pensano a VeronaFiere. Il presidente Maurizio Danese, a botta calda, aveva spiegato che la prima condizione per esaminare la proposta Lambertini-Manni- Maccagnani è quella della sostenibilità, ovvero il fatto che l’ipotesi stia in piedi grazie alle proprie entrate, senza creare altri deficit o implorare sovvenzioni. Ciò premesso, Danese aveva aggiunto che «il progetto è di ampio respiro e da qui al 2018 c’è tempo per organizzarsi».
Ma della questione, a quanto risulta al Corriere di Verona, si è già parlato ai piani alti di Viale delle Nazioni, e sarebbero emerse valutazioni tanto prudenti quanto prive di rifiuti. Anzi.
Se poi saranno davvero rose, lo sapremo solo al momento dell’eventuale fioritura.